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Con 5.645.581 nel 2017, la Germania rappresenta ad oggi il terzo Paese al mondo per produzione domestica di automobili. La superano solamente la Cina, la cui produzione interna sfiora i 25 milioni, e il Giappone con quasi 8,5 milioni. Per fare un confronto, l'Italia nel 2017 ne ha prodotte circa 750.000. Dai suoi 41 stabilimenti, pur con un calo della produzione nazionale in calo dell'1,7%, esce ancora un terzo delle auto vendute in Europa ed un quinto di quelle vendute in tutto il mondo.
La Germania dell'auto può contare sul suo mercato interno, che è il più forte d'Europa con 3,4 milioni di auto immatricolate nel 2017, e su una posizione geografica strategica che le permette di spedire componenti e vetture complete fino ai confini dell'Unione nel giro di 24 ore.
Ma è l'aver conquistato i mercati esteri che rappresenta uno dei suoi punti di forza maggiori: tre su quattro delle auto “Made in Germany” (il 77,5%) sono infatti destinate al resto del mondo. Nel 2017 ne sono state esportate 4,4 milioni su 5,6. A sostenerne la domanda sono soprattutto i vicini europei con 2,4 milioni (l'Italia è il maggiore mercato con 312.341 unità nel 2017, +2,1%), ma anche il Regno Unito e gli USA. In questi Paesi, però, l'export tedesco inizia a soffrire: in Gran Bretagna le esportazioni sono calate del 3,8% dopo la Brexit (768.000 nel 2017), mentre negli USA si è fatta sentire la politica protezionistica di Trump con un calo di ben il 10%, dalle 548.000 del 2016 alle 493.000 dello scorso anno.
Tuttavia, l'auto tedesca cresce. La vera forza della sua industria automotive infatti non si spiega solamente con l'export, perché è soprattutto l'aver investito nella produzione in altri Paesi che ne ha fatto il colosso che oggi è in grado di superare le barriere nazionali.
Se si tiene in conto anche la produzione delle fabbriche all'estero dei costruttori germanici, il totale della manifattura tedesca delle quattro ruote sale a ben 15 milioni di auto prodotte nel 2017. Sono infatti più di dieci milioni, oltre il 62% del totale dunque, le vetture prodotte nel 2017 al di fuori dei confini nazionali e secondo le proiezioni alla fine del 2018 saranno 11,2 milioni. Ciò significa che la Germania produce all'estero due auto su tre.
Principalmente in Cina, dove insieme alle joint venture locali si realizzano oltre 4 milioni di vetture dei brand tedeschi (Volkswagen, Audi, BMW, Daimler e Opel, da poco passata in mani francesi), a cui seguono gli USA con oltre 800.000.
Tutte queste cifre non significano che i grandi Gruppi riposino sugli allori: le auto tedesche hanno successo soprattutto grazie al loro valore innovativo. Secondo la VDA, l'associazione nazionale della filiera, la spesa in ricerca e sviluppo nel 2017 è cresciuta del 2% a 21,9 miliardi di euro, pari al 35% di quanto si è speso annualmente in R&D, un settore che impiega 820.500 persone di cui 114.000 nel solo settore automotive. Mobilità elettrica, connettività e guida autonoma sono soprattutto i campi in cui si stanno indirizzando i maggiori investimenti.
«L'elettrificazione cambierà il corso delle cose. Solo pochi anni fa le auto elettriche erano un prodotto di nicchia, ma stimiamo che nel 2025 dal 15% al 25% della flotta globale sarà rappresentata da vetture elettriche. Insieme ai propulsori alternativi, però, stiamo continuando a migliorare i propulsori a combustione interna e a ricercare nel campo dei carburanti non derivati dal petrolio. I moderni Diesel sono parte della soluzione, non parte del problema, perché hanno consumi inferiori del 25% ed emissioni di CO2 del 15% inferiori a quelli dei motori a benzina comparabili», afferma l'oggi presidente della VDA Bernhard Mattes, una lunga carriera ai vertici di Ford GmbH.
Tutto oro quello che luccica? Non proprio, perché con i ricavi in aumento e la crescente delocalizzazione, negli ultimi mesi sono salite le tensioni tra i lavoratori tedeschi del settore e le aziende sulla questione salari. Una cultura aziendale orientata alla concertazione più che allo scontro ha però dato i suoi frutti.
Il sindacato dei metalmeccanici IG Metall, che per legge siede nei cda dei costruttori, ha però ottenuto all'inizio dell'anno dopo diversi scioperi l'aumento del 4,3% (la richiesta era del 6%), diversi bonus una tantum e la possibilità di ridurre l'orario di lavoro su base volontaria da 35 a 28 ore settimanali fino a 2 anni per la cura di familiari anziani o bambini. A questi si aggiungono i maxipremi di risultato come quello di Porsche, che ai suoi dipendenti quest'anno ha elargito fino a 9.600 euro.
Intanto l'auto, a 132 anni da quando Karl Benz deposita il brevetto di quella che è considerata la prima automobile della storia continua ad arricchire la Germania: nel 2017 il settore automobilistico ha registrato un fatturato di 423 miliardi di euro, circa il 20% del totale delle entrate dell'industria tedesca, dando occupazione a oltre 820.000 persone (+1,4% rispetto al 2017) in un mercato del lavoro in cui la disoccupazione ha toccato livelli minimi dalla riunificazione con un tasso del 5,4%.