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Ora che il quinto “rapporto IPCC” (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell’ONU ci avvisa che la concentrazione di “gas serra” nei cieli del nostro pianeta è ai massimi degli ultimi 800.000 anni pare che urgano rimedi urgenti, dato che il “punto di non ritorno” è per il 2030. Beninteso, per la Terra 800.000 anni sono pochi attimi ed essa è sopravvissuta a ben altre catastrofi prima di diventare quello che è. Però molte specie, quando l’atmosfera divenne irrespirabile, si sono estinte (vedi i dinosauri) e stavolta a rischiare è il genere umano. Siccome questo “rapporto IPCC” è il quinto e ha lo stesso tono di quelli precedenti (inascoltati) è ragionevole il pensiero di chi, con pessimismo, ritiene che non cambierà nulla.
Deforastazione: se continuiamo così dovremo cambiare pianeta
Sotto inchiesta è l’attività umana ed in particolare sono le emissioni di anidride carbonica e la deforestazione: le foreste “assorbono” il carbonio e restituiscono l’ossigeno, distruggerle è da suicidi. Di fronte alle emergenze ci sono due modi di reagire: disinteressarsene, consumare tutto e poi andarsene, oppure fare di necessità virtù, correndo ai ripari per tempo. Pensate che l’umanità abbia sempre scelto la via più ragionevole? Non è vero. Gli abitanti dell’isola di Pasqua usavano la legna per le necessità vitali ma, invece di “coltivare” le foreste per averne sempre a disposizione, la utilizzarono tutta ed esauritala, dovettero abbandonare le loro terre. Il Nordafrica fu il fertile fornitore del legname per l’Impero Romano e oggi è in gran parte arido. In Cina, per parlare di cose dei nostri giorni, dopo aver distrutto le foreste che “filtravano” la sabbia fine dei deserti mongolici, grandi città (Pechino inclusa) sono impolverate e nauseabonde quando soffiano i venti da Ovest. Nell’ex Unione Sovietica il lago Aral (Kazakistan) è inaridito per le politiche di sfruttamento intensivo.
Ma se guastiamo tutto, andarsene dal pianeta Terra non sarà possibile e poi per dove? Le vetture non sono il principale responsabile della massiccia produzione dei “gas serra” ma è evidente che il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico va nella direzione di eliminare, quando e dove è possibile, le emissioni di origine petrolifera. Le automobili “ibride” sono ormai largamente diffuse ma anche la nicchia delle “completamente elettriche” EV (Electric Vehicle) pare si stia allargando. Guarda caso in Europa, i Paesi nei quali queste macchine dotate solo del motore elettrico hanno la maggiore diffusione sono quelli Scandinavi, dove si produce il legno senza alcuna riduzione del numero di alberi o delle aree boschive, perché queste sono considerate un patrimonio e vengono protette e rinnovate continuamente.
“Oggi le EV sono delle vere e proprie vetture dotate di tutti i confort, persino dell’aria condizionata”
Le auto elettriche oggi sono una realtà
Dopo anni di micro-produzioni banali, dove l’automobile era praticamente umiliata a carrello da mercato ortofrutticolo, oggi le EV sono delle vere e proprie vetture dotate di tutti i confort, persino dell’aria condizionata, che più di ogni altro accessorio richiede energia. Ovviamente l’elettronica permette una gestione “intelligente” di tutte le fasi del funzionamento del veicolo consentendo notevoli risparmi in ogni istante durante la marcia e durante la ricarica. Se il futuro pare avviarsi verso l’elettricità, il presente è ancora denso di incognite.
L’autonomia degli EV, seppure allungata recentemente fino ai circa 200 km è meno della metà di quella delle equivalenti vetture che “vanno alla pompa” per il rifornimento. Alla presa di corrente invece ci vuole una mezzoretta per rifornirsi di un’ulteriore percorribilità di circa 150 km e le colonnine di ricarica non sono così diffuse quanto i distributori di benzina. Ma se questi sono problemi risolvibili, è il bilancio economico a far discutere.
EV: rimarranno per sempre così agevolate?
Tutto dipende dalle agevolazioni di cui le EV, che per ora sono care, potrebbero (dovrebbero) godere. Accesso alle zone urbane a “traffico limitato”, esenzione dai pedaggi autostradali, corsie preferenziali, parcheggi gratuiti o riservati, esenzione da bolli e balzelli, finanziamenti agevolati, “ecobonus” di detrazione dalle tasse, tanto per fare degli esempi. Tutto bene e tutto possibile finché queste automobili saranno relativamente poche ma, se dovessero aumentare fino a ridurre considerevolmente il consumo di benziana e gasolio, nascerebbe il problema di dove reperire le ingenti somme che lo Stato incassa con la loro vendita, e allora dalla fantasia burocratica se ne vedrebbero delle belle.
Carlo Sidoli