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Accuse pesanti ad una ventina di marchi arrivano dalla Cina. Secondo il governo di Pechino sono molti i brand che si sarebbero appropriati in maniera indebita di fondi pubblici per la produzione e commercializzazione di autovetture ibride, plug in ed elettriche.
Le accuse arrivano direttamente dal Ministro delle Finanze, il quale ha stimato in 1 miliardo di yuan – 150 milioni di euro – l’appropriazione indebita dei marchi. «Tutto ciò avrà un forte impatto nell’economia del settore» commenta Xu Yanhua, vice segretario della Cina Association of Automobile Manufacturers – una sorta di Confindustria dell’auto.
La spada di Damocle si è abbattuta con durezza: nei piani del Governo c’è la volontà di revocare la licenza a Suzhou Gemsea, tra i maggiori costruttori del paese. Sono emersi, poi, i nomi di due brand ben noti a livello globale, come Hyundai e Nissan.
In Cina si è voluto varare un piano anti-inquinamento – vera piaga che attanaglia il paese – puntando molto sulla mobilità sostenibile per migliorare la qualità dell’aria. A tal proposito, a seguito di aiuti statali, il mercato delle ibride e delle elettriche è più che quadruplicato lo scorso anno, arrivando a toccare la cifra di 331.000 unità immatricolate.
Al momento Nissan non ha voluto commentare la notizia, mentre un portavoce di Hyundai avrebbe affermato che la casa ha avviato le procedure di indagine interna.
Il governo di Pechino, nel solo 2015, ha investito ben 4.5 miliardi di euro in sussidi statali per favorire il mercato delle ibride, cifra che verrà gradualmente ridimensionata sino al 2021.