Stephenson, McLaren: «Il pensiero di andare oltre la F1 ci rendeva nervosi. Ma con la P1 ci siamo superati»

Stephenson, McLaren: «Il pensiero di andare oltre la F1 ci rendeva nervosi. Ma con la P1 ci siamo superati»
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Abbiamo incontrato il capo dello stile McLaren, ex BMW e Ferrari, che ci ha parlato della nuova hypercar britannica descrivendocela come una grande sfida che ha portato alla creazione di un'auto eccezionale
14 ottobre 2013

Woking - Leggenda vuole – parola di Alan Foster, Operations Director McLaren – che Frank Stephenson abbia disegnato la P1 su un foglio di carta, con una normale penna biro, durante una riunione alla quale non prestava la minima attenzione, nascosto com’era in seconda fila.

 

Al termine del meeting, Foster gli chiese cosa stesse facendo. Stephenson rispose facendogli vedere il foglio e chiedendo “ti piace?” al che Foster rispose “E’ incredibilmente bella”. Stephenson, poco convinto, disse “Non so…”, al che l’altro gli strappò di mano il foglio, gli chiese di firmarlo e lo conservò nella sua agenda personale, dove a tuttora risiede come souvenir impagabile della nascita della P1.

 

Storie di vita vissuta ma anche un esempio della fantasia e del perfezionismo di Frank Stephenson, designer americano con un passato in BMW (dove ha partecipato alla realizzazione di X5 e Mini), ma soprattutto nel gruppo Fiat dove in Ferrari e Maserati ha contribuito alla realizzazione di modelli che hanno segnato la penultima generazione di modelli del Cavallino e del Tridente ed in Fiat ha plasmato le forme della Bravo.

 

Con lui abbiamo parlato della nuova P1, che ha realizzato fianco a fianco con Paul Mackenzie, capo progetto della nuova supercar britannica che raccoglierà idealmente il testimone della gloriosa F1.

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Leggenda vuole che la McLaren P1 sia nata da uno schizzo disegnato su carta con una comunissima biro dal designer Frank Stephenson, durante una riunione

 

Cosa rappresenta la P1 per McLaren?
«La P1, assieme alla 12c, è l’inizio di una nuova strategia per McLaren: dalla nascita della F1 a metà anni 90 le nostre linee di produzione non hanno ospitato altra auto tranne la Mercedes SLR. L’approccio è stato quello di creare una design strategy che fosse intelligente ma allo stesso tempo più personale e unica possibile. Abbiamo voluto fare qualcosa di diverso – spesso nell’automotive si finisce per cadere nella trappola dell’eccessiva razionalità nel design che porta tutte le auto ad assomigliarsi l’un l’altra.»

 

Da quanto lavorate sulla P1?
«Abbiamo iniziato nel 2008 puntando appunto ad essere diversi, ma tutte le nostre scelte di diversità dovevano avere una motivazione tecnica. Il design della 12c, all’inizio, non era percepito come quello ottimale per un brand emozionale come McLaren, ma c’è un motivo per cui non l’avevamo pensata con una linea troppo esotica e vistosa – volevamo espressamente un’auto elegante, pulita e tutta sostanza. Tutto quello che si vede deve avere la sola funzione di far andare più forte l’auto.»

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Alla McLaren P1 è affidato l'arduo compito di raccogliere l'eredità dell'indimentica F1 degli anni '90, ma anche di evolvere pienamente il concetto di supercar in hypercar

 

Disegnate l'erede della F1 che sensazione le ha dato?
«Quando ci è arrivato l’ordine di procedere con il design della P1 eravamo abbastanza nervosi. Del resto la F1 è stata definita da più parti la miglior supercar del ventesimo secolo, e in parte anche del ventunesimo. E’ un’icona, e pur potendo disporre di risorse e budget elevatissimi per progettarla è comprensibile come sentissimo una certa pressione. Reinterpretare la F1 non è un compito banale.»

 

C'è qualcosa della F1 nella P1?
«Anche se possiamo definire la P1 come l’erede spirituale della F1, io preferisco vederla come l’inizio di qualcosa di diverso. La F1 era un’auto costruita con quella che adesso definiamo vecchia tecnologia; la P1 è completamente diversa anche da un punto di vista filosofico. Se ci pensate, la F1 è ancora paragonabile alla 12C, pur se la seconda è più veloce. La P1 fa tutt’un altro sport, tanto da aver creato una nuova denominazione per il tipo di auto...Hypercar.»

Le F1 non devono essere belle ma efficaci, se poi piacciono da un punto di vista estetico si tratta solo di un beneficio aggiunto

 

Che tipo di approccio avete usato per definire la vettura?
«Ci siamo spinti anche oltre il limite. Non abbiamo seguito l’approccio di altri, che hanno imitato la F1 mutuandone le tecnologie. Noi abbiamo la possibilità di attingere pesantemente alla tecnologia usata in quelle competizioni, avendo gli ingegneri che vi lavorano qui, in casa nostra, ma sulla P1 abbiamo addirittura fatto ricorso a soluzioni che in F1 sono vietate. Non possiamo scendere nei dettagli, ma vi assicuriamo che ce ne sono diverse sotto la pelle.»

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Per lo sviluppo della P1 McLaren ha attinto dal suo patrimonio di conoscenze maturato nel campo della F1, ma non solo

 

Nonostante ciò la P1 è un'auto più stradale della F1
«Coloro i quali hanno realizzato la F1 non sono le persone più adatte a progettare la linea di un’auto stradale. Sono abituati a ragionare esclusivamente in termini di efficienza, non devono venderle al pubblico. Le F1 non devono essere belle ma efficaci, se poi piacciono da un punto di vista estetico si tratta solo di un beneficio aggiunto. La P1 invece dobbiamo venderla, il cliente deve innamorarsi delle sue linee, dei suoi interni, del pacchetto emozionale completo.»

 

Bello non è sempre sinonimo di veloce. Non trova?
«Il problema è che quando si lavora sul design cercando di rendere bella un’auto sportiva si rischia di imporre compromessi da un punto di vista tecnico. Abbiamo quindi scelto di non curarci dell’estetica, di disegnare una vettura che fosse 100% funzione – se osservate qualunque auto da corsa, o aereo militare vedrete che quello che va bene è anche bello. Abbiamo lavorato nella maniera più minimalista possibile, lasciando che fosse l’esoscheletro della macchina a definirne la forma esterna, eliminando tutti i volumi non necessari. Pensate che sulla fiancata siamo arrivati ad inserire quattordici pannelli per evitare di usarne uno che avrebbe però riempito il volume fra le ruote anteriori e posteriori.»

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La nuova McLaren P1 rappresenta l'evoluzione della F1 del 1993 non solo da un punto di vista tecnico ma anche "filosofico"

 

A cosa si è ispirato per le forme della nuova Hypercar?
«Osservo la natura perché quello che vedo funziona. Se osservate gli animali più veloci del mondo vedrete che sono tutti magri, con muscolature accennate ma mai troppo pesanti. E diventano veloci anche da fermi, nel senso che basta guardarli per capire che sono capaci di correre velocissimi. Inoltre, tutti i design ispirati alla natura durano nel tempo. Un cavallo da corsa è sempre un cavallo da corsa.»

 

Il suo è un concetto interessante. Ma come l'avete tradotto in una vettura?
«Quello che abbiamo fatto con la P1 è stato trovare un pacchetto perfettamente ottimizzato in termini di distribuzione dei pesi, visibilità, prese d’aria, carico aerodinamico, posizionamento del pilota. A questo punto abbiamo disegnato le sovrastrutture – il minimo indispensabile – attorno a questo pacchetto, evitando accuratamente di limitare qualunque componente funzionale. Mi sale la pressione tutte le volte che qualche designer dice di aver dovuto fare compromessi con la componente tecnica. La P1 è la dimostrazione che non è obbligatorio.»

Quello che abbiamo fatto con la P1 è stato trovare un pacchetto perfettamente ottimizzato in termini di distribuzione dei pesi, visibilità, prese d’aria, carico aerodinamico, posizionamento del pilota

 

In termini di design il frontale della P1 è un elemento che si ricorda immediatamente. Quali sono i segreti?
«Il frontale è la parte che solitamente si vede per prima, il punto di vista che si cerca anche a livello inconscio quando si guarda un’auto. E’ quindi ovviamente importantissimo, ed abbiamo cercato di conferirgli una personalità unica. Credo che l’aver potuto usare il logo McLaren nella definizione dei gruppi ottici anteriori ci abbia aiutato molto in questo, visto che i fari sono come gli occhi di una persona, ne definiscono l’anima. Il frontale è abbastanza aggressivo, anche se non abbiamo voluto compromettere l’usabilità della P1. Abbiamo quindi pensato ad un bagagliaio con una capienza di ben 110 litri, che ci ha costretto a ripensare al posizionamento dei radiatori, anche in funzione del collocamento delle prese d'aria posteriori.»

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All'interno la P1 è progettata per non distrarre mai il pilota con tasti o comandi suprflui. Ne deriva una strumentazione essenziale, ma che comunque offre contenuti tecnologici di altissimo livello

 

Le prese d'aria che ruolo giocano con una meccanica così complessa?
«Le prese d’aria sono importantissime, soprattutto per una supercar. Le potenze in gioco sono elevatissime e quindi è necessario far entrare aria fresca ed estrarre aria calda. La P1, essendo abbastanza larga, può concentrare buona parte delle sue prese d’aria sul frontale, dove la pressione aerodinamica è massima e dunque svolgono il loro lavoro nella maniera più efficiente. Abbiamo lavorato con precisi requisiti in termini di volumi d’aria fresca da far entrare ed aria calda da estrarre.»

 

Anche dietro avete cercato la personalità in modo assolutamente nuovo
«Dietro abbiamo usato soluzioni abbastanza radicali che aumentano la personalità della P1, soprattutto per quanto riguarda l’estrazione dell’aria calda. Ma anche i gruppi ottici hanno il loro perchè. Se guardiamo, per esempio, il terzo stop si nota subito che non è stato posizionato in modo classico ma molto più in alto, quasi al centro della vettura sul pannello in titanio usato per il tetto. L’elemento che caratterizza maggiormente la P1, però, è il posteriore aperto. Avendo tanta aria calda da estrarre dal motore abbiamo pensato di ragionare come su un’auto da corsa. Abbiamo eliminato del tutto il pannello posteriore, rendendolo un non-elemento stilistico, il che ha migliorato tantissimo il raffreddamento del motore ma ci ha causato qualche problema nella definizione dei gruppi ottici. I fornitori che hanno dovuto realizzare i gruppi a LED che abbiamo usato – bellissimi, non sembrano nemmeno LED – ci hanno odiato…»

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I gruppi ottici anteriori della P1 sono una componente essenziale per la definizione del carattere del frontale

 

Tornando alle esigenze aerodinamiche ed alle soluzioni F1, quanto carico genera una P1?
«L'obiettivo era di superare i 100kg che già riesce ad ottenere la 12C. L’abbiamo ottenuto con l’alettone, certo, ma non solo. Un ruolo di grande importanza lo rivestono anche l’andamento del fondo della vettura e i diffusori, che per inciso sono vietati in F1 in questo momento proprio per l’incredibile effetto carico che fanno ottenere. In totale siamo attorno ai 300kg, un valore che ci pone al limite delle resistenze dei materiali…»

 

Gli interni della P1 come sono stati pensati?
«Per gli interni abbiamo seguito la stessa regola usata per la 12c: siamo su un’auto stradale e l’ultima cosa che si desidera su un’auto stradale sono distrazioni. Quindi niente sovraffollamento di comandi sul volante, che serve solo a confondere chi guida. Non siamo in F1, dove l’abitacolo è l’ufficio del pilota. Su un’auto come questa non servono tante informazioni oltre a quelle strettamente necessarie alla funzione della vettura e quindi abbiamo ottimizzato gli interni per dare il minor numero di distrazioni possibile. Questo però non significa che la dotazione della P1 non sia sullo stesso livello o superiore a quello di una ammiraglia come una Mercedes Classe S. La strumentazione è all'avanguardia così come il touch screen centrale che abbiamo scelto di orientare, come sulla 12C, in modalità portrait per consentire di posizionare pilota e passeggero più vicini al centro della vettura.»

 

Cosa avete in mente per il futuro?
«Naturalmente abbiamo già diverse idee per il nostro prossimo progetto, e altrettanto naturalmente non ne posso parlare. Quello che posso dirvi, però, è che se vi piace la P1 difficilmente resterete delusi dalla nostra prossima proposta...»

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