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Chissà se immaginava la signora Jacline Mouraud, tranquilla 50enne bretone, che quel suo post avrebbe scatenato una protesta così drammatica, quella dei cosiddetti “gilet gialli” che da tre giorni sta bloccando la Francia contro il caro carburante varato dall'esecutivo transalpino.
Un +14% sul gasolio e un +7% sulla benzina dall'1 gennaio 2019 che si sommano ad un +23% da inizio anno che non sono andati giù alla signora Mouraud e a quella Francia della classe medio-bassa della provincia, autotrasportatori soprattutto, ma anche semplici lavoratori con redditi modesti costretti a usare l'auto per recarsi al lavoro. Così, armata di smartphone e connessione a Internet, la signora Moraud il 18 ottobre ha lanciato il suo “j'accuse” al presidente Emmanuel Macron, lei che possiede un'auto Diesel vecchia di 10 anni e che come tanti suoi connazionali dovrà subire l'ennesima stangata in nome della «transizione energetica».
«Col nuovo controllo tecnico (la revisione, ndr) la metà delle auto non passa più. Lei se ne frega perché si sposta con l'auto blu che pago io. L'aumento dei prezzi dei carburanti: nessuno dice niente ma bisogna pagare questo gentile regalo che ci avete fatto per Capodanno. Ci avete fatto comprare dei Diesel perché erano meno inquinanti, adesso dobbiamo cambiarli. Ma come fanno quelli che non possono comprare un'auto nuova? Avete aumentato gli autovelox, sono dappertutto! Il pedaggio per l'entrata nelle grandi città: pensate ancora che vi siano dei francesi che hanno i mezzi per pagare questi pedaggi? Durerà ancora tanto questa caccia all'automobilista?».
I 4 minuti e poco più delle garbate accuse di una donna qualunque guadagnano 6 milioni di visualizzazioni e grazie al tam tam sui social diventano manifesto. Si moltiplicano le interviste da parte dei media tradizionali e così si arriva in poche settimane alla manifestazione spontanea nazionale dei “gilet gialli”, quelli che la signora Moraud aveva invitato nel suo video ad esporre per manifestare il proprio dissenso contro le dure politiche transalpine sulla mobilità.
Il 17 novembre il popolo dei gilet gialli, a sorpresa ma neanche tanto, si scopre numerosissimo. Il movimento si definisce trasversale, né di destra né di sinistra, anche se viene cavalcato dai partiti all'opposizione incassando il sostegno soprattutto delle ali estreme: da Marine Le Pen del Front National a Jean-Luc Melenchon di La France Insoumise.
La protesta è durissima e scatta in 600 città di tutto l'Esagono: più di 300.000 persone danno vita a migliaia di blocchi stradali e dei caselli, cortei, qualche gruppo a Parigi dopo aver bloccato gli Champs Elysées tenta di avvicinarsi al palazzo presidenziale. La protesta lambisce anche il nostro confine con il blocco del traforo del Monte Bianco.
Il Governo francese passa dunque al pugno di ferro: alla fine della giornata di ieri si conteranno oltre 400 feriti dagli scontri, un morto (una donna estranea alla protesta, investita da un automobilista) e quasi 120 fermi di polizia con una ventina di arresti.
Oggi i gilet gialli sono ancora in azione: sono stati bloccati anche una decina di depositi di carburante. Adesso i manifestanti chiedono un incontro con il presidente, ma il primo ministro Edouard Philippe intervenuto ieri sera in diretta al TG di France 2 esclude ripensamenti: «Siamo all'ascolto dei francesi, abbiamo sentito la loro esasperazione fiscale. Ma la rotta non cambia se si alza il vento».