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L’ora notturna imposta di pioggia artificiale stava terminando. Le vie di Aallottaret, il quartiere capoluogo del satellite GAS 17 da tutti conosciuto come Galaxaure, erano roride a causa dell’abbassamento indotto della temperatura. La Luna – sempre piena per la posizione del satellite – si rifletteva sull’acciaio opacizzato con cui erano lastricate le strade e le rendeva stranamente lucide. Anche i nastri scorrevoli per lo spostamento delle persone trattenevano l’acqua in minuscole gocce che riverberavano la luce lunare con un effetto particolare.
L’uomo che si faceva chiamare Marimon camminava sullo stretto spazio tra il muro dell’insula 5 di appartamenti medioborghesi (dove abitava) e il tappeto scorrevole che con un sommesso cigolio viaggiava verso il quartiere uffici. Non era usuale per lui, come per quasi tutti i cittadini di Galaxaure, camminare per strada a quell’ora di notte e sperava di essere riuscito a evitare tutti gli ‘occhi di controllo’.
“Bell’effetto l’acqua che si riflette – pensava – Dovrei svegliarmi più spesso a quest’ora, anche solo per ammirare questo spettacolo”.
Ormai la pioggia diffusa aveva smesso di cadere. Ne restava, in sospensione nell’aria artificiale del satellite, ancora qualche goccia che colpiva in faccia Marimon e gli causava brividi di freddo.
“Gara bagnata” pensò ancora, continuando a camminare a bordo strada, facendo sempre attenzione ad abbassare lo sguardo in prossimità delle nicchie dove erano piazzati gli occhi di controllo della ToS, la Total Security che garantiva la sicurezza sul satellite.
Ormai la destinazione di Marimon era vicina. Il luogo dove aveva appuntamento con una decina di altre persone come lui era un piccolo slargo che simulava le piazze terrestri dove tanti anni fa, prima della “fine del mondo”, ci si ritrovava. Lo aveva visto in qualche vecchia immagine sopravvissuta all’estinzione della civiltà sulla Terra e digitalizzata chissà da chi…
“Gara bagnata - pensò ancora - continuando a camminare a bordo strada, facendo sempre attenzione ad abbassare lo sguardo in prossimità delle nicchie dove erano piazzati gli occhi di controllo della ToS, la Total Security che garantiva la sicurezza sul satellite”
Dopo aver oltrepassato con attenzione un’ultima nicchia della ToS, Marimon si trovò al limite dello slargo, pochi metri prima di dove i nastri si sdoppiavano per il successivo incontro con quelli che provenivano dalle vie perpendicolari. Vide, appiattite contro il muro di un’insula di attività commerciali chiuse per l’ora, quattro, forse cinque ombre e si diresse verso di loro.
Per un attimo, solo per un attimo, temette fossero uomini della ToS, ma quando una delle ombre si rivolse a lui chiudendo la mano destra a pugno e ruotando il polso dal basso in alto e viceversa, capì che erano le persone giuste. Replicò al saluto in codice e continuò ad avvicinarsi.
Una volta giunto nel mezzo del gruppo li guardò tutti e pronunciò – come da prassi – il suo pseudonimo.
“Marimon”
A turno le altre cinque persone replicarono con il loro.
“Clark”
“Sheene”
“Agostini”
“Hawthorn”
“Stewart”
Dopo un attimo di silenzio in cui memorizzò i loro nomi, Marimon chiese:
“Ne mancano ancora sei, giusto?”
Gli rispose l’uomo che si faceva chiamare Sheene.
“Esatto. Speriamo siano riusciti ad arrivare su Galaxaure con l’attrezzatura…”
“Conosci i loro nomi?”
“In realtà ho avuto contatti solo con Nico”.
“Marimon riflettè sul nome Nico. Non gli venne in mente nessuno cui potesse ispirarsi, per il suo pseudonimo, la persona attesa. Hawthorn lo distolse dai suoi pensieri.
“Dal tuo nome capisco che come me sei affascinato dai “cinquanta-sessanta”, ma perché proprio Marimon?”
Marimon riflettè sul nome Nico. Non gli venne in mente nessuno cui potesse ispirarsi, per il suo pseudonimo, la persona attesa. Hawthorn lo distolse dai suoi pensieri.
“Dal tuo nome capisco che come me sei affascinato dai “cinquanta-sessanta”, ma perché proprio Marimon?”
“Ne ha passati 19 in un giro, sarebbe stato il migliore, non fosse morto giovane” fu la sua risposta.
Prima che qualcuno potesse replicare sentirono rumore di passi che si avvicinavano e in qualche secondo comparve sulla piazza un gruppetto di persone che, visti i sei, si avvicinarono. Dopo il solito saluto in codice i nuovi arrivati elencarono i loro nomi.
“Senna”
“Paci”
“Nico”
“Lawson”
“Watson”
“Peterson”.
“Ci siamo tutti” disse esaurite le presentazioni Sheene. Possiamo cominciare…”
“Solo una domanda: perché Nico?” chiese Marimon al nuovo arrivato.
“Mi chiamavo Surtees perché mi piacciono sia le due sia le quattro ruote. Da poco ho scoperto su un reperto nella biblioteca del mio satellite che Nico era il nome di battesimo di due ‘grandi’ come li chiamiamo noi, uno delle due e l’altro delle quattro ruote, e da allora l’ho adottato come pseudonimo”.
“Da dove vieni?”
“Lorelei, GAS 24”.
Sheene sembrava impaziente, prese la parola con un cenno della mano.
“Allora, tutti siamo riusciti ad arrivare fin qui con l’attrezzatura?”
Molti ‘sì’ e qualche cenno d’assenso.
“Questa – proseguì Sheene – sarà la prima gara della stagione. Formula aperta per le due e le quattro ruote. Un turno di prove per decidere l’ordine di partenza, quindi la gara, che dichiariamo bagnata. Il circuito che simuleremo in questo GP di Galaxaure, il primo della stagione, sarà il Nürburgring. Tutti d’accordo? Iniziamo?”
“Marimon si trovò seduto a bordo della sua Maserati 250F, la accese e iniziò il giro di lancio. Il motore rombava nelle sue orecchie mentre percorreva le innumerevoli curve del Nordschleife, come anche veniva chiamato – l’aveva scoperto poco prima in un reperto storico in biblioteca – il circuito del Nürburgring”
Altri sì e altri cenni d’intesa.
Nico estrasse l’hub di collegamento con dodici uscite, ognuno tirò fuori dalle tasche un cavo che collegò all’hub e inserì in una presa sottocutanea, chi di fianco all’ombelico, chi dietro l’orecchio, chi nell’incavo del ginocchio…
Il simulatore si mise in funzione e tutti i piloti si trovarono istantaneamente davanti agli occhi il circuito con le sue tante curve e i boschi.
Marimon si trovò seduto a bordo della sua Maserati 250F, la accese e iniziò il giro di lancio. Il motore rombava nelle sue orecchie mentre percorreva le innumerevoli curve del Nordschleife, come anche veniva chiamato – l’aveva scoperto poco prima in un reperto storico in biblioteca – il circuito del Nürburgring. Intorno a lui altre auto, molto diverse tra loro, e le moto – che invece si assomigliavano un po’ di più – lo passavano e si facevano passare. Davanti agli occhi gli comparivano i tempi e, dopo qualche giro percorso, si accorse che era tra i primi. Spinse ancora a fondo e si ritrovò ad avere il tempo migliore.
Ormai le prove erano al termine ma Marimon non fece in tempo a godersi la soddisfazione di partire dalla prima posizione perché successe qualcosa al collegamento. Una fitta gli penetrò nel cervello, le immagini virtuali davanti agli occhi si sdoppiarono, si sgranarono, scomparvero e tutto divenne nero. Un attimo dopo, più nulla.
Sheene premette il tasto virtuale d’emergenza e davanti agli occhi degli altri comparve una bandiera rossa. Tutti si fermarono e staccarono i collegamenti. Qualcuno pensò che fossero stati scoperti dalla ToS, altri si guardarono intorno stupiti, Nico invece si avvicinò subito al corpo sdraiato a terra e ormai senza vita di Marimon.
“Gli ero dietro…” sibilò.
“Che è successo?” chiese Sheene.
“Non lo so, dannazione, non lo so… ha avuto un incidente ed è morto!”
Tutti rimasero zitti per qualche secondo, prima che Sheene mormorasse:
“Sarebbe stato il migliore, non fosse morto giovane…”
Marco