Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Formula 1 e WRC. Entrambe rappresentano l'apice del proprio settore di appartenenza all'interno del motorsport. I piloti che prendono parte a tali campionati, sono generalmente considerati tra i migliori del mondo, ma nonostante tutte queste similitudini, le due categorie differiscono profondamente, per via di approcci diametralmente opposti.
Nel fine settimana, si è disputato tra Cagliari ed Alghero il Rally di Sardegna sesta prova del WRC. A vincere è stata la Volkswagen Polo dell'iridato in carica, Sébastien Ogier, la quale ha preceduto le ottime Hyundai i20 di Hayden Paddon – primo neozelandese a terminare a podio una prova del campionato del mondo, dopo essere stato lungamente in testa per quasi la totalità dell'evento – e del belga Thierry Neuville.
Possiamo definire il Rally di Sardegna, senza timore di essere smentiti, un successo sotto tutti i punti di vista: affluenza di pubblico elevata, sopratutto nella giornata di sabato - tanto da costringerci ad abbandonare la nostra vettura diversi chilometri prima dell'inizio delle prove speciali, tanta era la folla accalcatasi per ammirare le vetture in gara – tifoseria “rumorosa” ma pacata e sportiva, pronta ad incitare ciascun pilota passasse, dalle auto degli apripista, passando per i volti noti, sino ai driver delle categorie inferiori, ed organizzazione professionale.
Giunti ad Alghero per assistere alla power stage ed alla cerimonia del podio, siamo stati stupiti dall'organizzazione e dalla cura dei dettagli apportati dalle case, Hyundai su tutte. Il marchio di Seul ha realizzato – come da tradizione per ogni appuntamento – un hospitality da fare letteralmente invidia alla Formula 1.
Disposto su due livelli, al piano terra si poteva assistere tranquillamente ai meccanici intenti ad operare sulle vetture di Sordo, Neuville e Paddon, mentre al primo piano la comodità degli arredi consentiva agli ospiti di riposarsi e ripararsi dal caldo, grazie all'aria condizionata presente. All'esterno, lo stando con le vetture Hyundai – tra cui la nuova i30 Turbo, dotata di un propulsore da 1.6 litri in grado di erogare 186 cavalli di potenza, ma “per nulla tamarra, non è nel nostro stile”, come ci confermano dalla casa – faceva da cornice ad un padiglione aperto al pubblico, all'interno del quale i visitatori venivano intrattenuti da un simulatore, diversi oculus rift per vivere l'esperienza di un pilota da rally e, per i più piccolo – ma non solo per loro – anche una pista con delle macchinine da far gareggiare sfruttando la propria voce.
Ciò che ci ha lasciato sbalorditi, però, sono state l'estrema umanità e cordialità dei piloti. Al termine di quello che è stato unanimemente riconosciuto come il rally più duro ad oggi disputato in questo 2015, con le energie fisiche e mentali ridotte ai minimi termini a seguito dell'aspro sterrato sardo, ciascun pilota, dai volti noti a quelli meno conosciuti, non si è sottratto all'abbraccio della folla, facendosi letteralmente fagocitare da centinaia di curiosi e tifosi pronti a chiedere un autografo o una foto ricordo.
Tale modus operandi sarebbe quasi impensabile in Formula 1, purtroppo. I piloti, in quell'ambiente, si barricano all'interno di motorhome faraonici, senza mai – o quasi mai – entrare in contatto diretto con persone che, inutile negarlo, pagano cifre importanti per assistere ad un week-end di gara, quasi sempre senza tornare a casa con un autografo del proprio beniamino. Il dispiacere è tanto, perché entrambe le categorie, come abbiamo già avuto modo di dire, rappresentano il vertice del motorsport, e vedere due approcci tanto differenti fa male agli appassionati.
In Formula 1, da troppo tempo, si è perso il rapporto tra il tifoso ed il pilota, cosa che nel WRC, al contrario, è ben presente, facendo per certi versi la fortuna dell'ambiente, ed il principale motivo della sua rapida risalita nell'interesse del pubblico. Se alla Formula 1 interessasse davvero tornare nel cuore di milioni di persone, dovrebbe realmente prendere esempio dal WRC.
Marco Congiu