Ford: il mitico V8 bialbero della GT 40 che si mangiava le Ferrari

Ford: il mitico V8 bialbero della GT 40 che si mangiava le Ferrari
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50 anni fa a Indianapolis è iniziata una nuova era, ed è stata la casa di Dearborn a mostrare la strada | <i>M. Clarke</i>
11 febbraio 2015

I primi motori con otto cilindri a V sono apparsi all’inizio del Novecento e già negli anni Dieci hanno avuto impieghi di rilievo in campo aeronautico. Per quanto riguarda le automobili, il primo V8 prodotto in gran serie (oltre 10.000 esemplari costruiti nel primo anno) è stato quello della Cadillac, apparso sul finire del 1914. Stranamente, per i loro motori a otto cilindri gli altri costruttori hanno preferito l’architettura in linea, e tale schema tecnico ha dominato la scena negli anni Venti, tanto tra le vetture di serie quanto tra quelle da competizione.

 

Nel 1932 però ha fatto la sua comparsa il V8 a valvole laterali della Ford e la situazione è rapidamente cambiata. La strada indicata da questo eccellente motore è stata rapidamente seguita dagli altri costruttori americani, ai quali hanno poi fatto seguito quelli europei, e in una decina d’anni i motori a otto cilindri in linea sono scomparsi dalle vetture prodotte in serie. Ne sono rimasti solo alcuni destinati alle auto da corsa, e sono stati vincenti con le Alfa Romeo 158 e 159 (mondiali del 1950 e 51) e con le straordinarie Mercedes-Benz, vincitrici del titolo iridato nel 1954 e 55. Da allora in poi però gli otto cilindri sono sempre stati disposti a V, anche sulle auto da competizione, con la sola eccezione di alcuni motori Porsche nei quali erano orizzontali e contrapposti.

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Lo splendido motore Ford sviluppato per Indianapolis ha esordito nel 1964 e ha trionfato l’anno successivo. La disposizione dei condotti di aspirazione, con le trombette qui chiuse da tappi sferici, è ben visibile

Obiettivo: la 500 miglia di Indianapolis

Nella prima metà degli anni Sessanta la Ford ha deciso di impegnarsi in campo agonistico, varando un imponente e costoso programma, con l’obiettivo di imporsi sia nelle gare su lunga distanza (con la famosa 24 ore di Le Mans in prima linea) che a Indianapolis. Inizialmente sono state realizzate alcune versioni da corsa dei V8 di serie con distribuzione ad aste e bilancieri. È stato così che nel 1963 alla mitica 500 miglia ha preso parte una Lotus 28, condotta dal grande Jim Clark e azionata da un motore Ford di 4,2 litri direttamente derivato da quello della Fairlane. Questa vettura si è piazzata al secondo posto dopo una gara avvincente, dimostrando che a Indianapolis oramai stavano volgendo al termine tanto l’era delle monoposto a motore anteriore che il pluridecennale dominio dei quadricilindrici bialbero Offenhauser.

 

3 Ford DOHC V8 ports
Il grafico mostra la portata in funzione della alzata valvola ottenibile con condotti di aspirazione orizzontale e con condotti verticali. La soluzione prescelta per il V8 bialbero è stata la seconda

Il motore era stato dotato di nuove teste in lega di alluminio e pure il monoblocco (basamento più bancate dei cilindri) era stato realizzato con lo stesso materiale, al fine di contenere il peso. La lubrificazione era diventata a carter secco, i pistoni erano forgiati e l’albero a gomiti era in acciaio (nel modello di serie questo componente era realizzato in ghisa e i pistoni erano ottenuti per fusione in conchiglia). A parte questo, le soluzioni tecniche adottate e il disegno complessivo di questo V8 erano però assolutamente eguali a quelle del motore di serie. La distribuzione rimaneva quindi ad aste e bilancieri, con due valvole per cilindro. Benché il regolamento consentisse l’impiego di altri carburanti e tutti i concorrenti sfruttassero abbondantemente questa possibilità, la Ford aveva scelto di utilizzare benzina, per sottolineare la parentela tra il suo motore da corsa e quelli di serie. La potenza era di 375 cavalli a 7200 giri/min.

 

Benché il regolamento consentisse l’impiego di altri carburanti, la Ford aveva scelto di utilizzare benzina, per sottolineare la parentela tra il suo motore da corsa e quelli di serie

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L’anno successivo l’impegno della casa di Dearborn è aumentato. Per Le Mans si è lavorato allo sviluppo della GT 40, azionata da una versione “addolcita” del motore impiegato a Indianapolis l’anno precedente, e per la 500 miglia è stato realizzato uno straordinario V8 con teste bialbero a quattro valvole per cilindro. E, come se non bastasse, è stato costruito anche un motore con distribuzione monoalbero, che tra gli appassionati americani è passato alla storia come “Cammer”, con l’obiettivo di impiegarlo nelle gare Nascar e in altre formule USA.

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Questa vista del V8 bialbero a quattro valvole per cilindro di 4200 cm3 consente di osservare chiaramente l’inconsueta ma razionale conformazione del sistema di scarico. La lubrificazione era a carter secco.

Un V8 "inconsueto"

Il nuovo motore bialbero è stato oggetto di un lungo e minuzioso lavoro di sviluppo, nell’ambito del quale è stato svolto un gran numero di prove, tanto al banco quanto in pista, e sono state sperimentate svariate soluzioni differenti.

 

Dopo avere realizzato e provato differenti conformazioni delle teste (sia flussandole che mettendole sul motore e quindi al banco), la scelta è caduta su di una disposizione dei condotti abbastanza inconsueta, con quelli di aspirazione nella parte centrale della testa, ossia all’interno della V tra gli alloggiamenti dei due alberi a camme. Questa soluzione, nota tra i tecnici come “downdraft”, in precedenza era stata impiegata piuttosto di rado, anche se su alcuni motori di grande successo come il BMW 328 di anteguerra e i Mercedes-Benz di Formula Uno del 1954-55.

 

I condotti di scarico non uscivano lateralmente, come avviene in genere, ma erano nel lato delle teste rivolto verso il centro della V formata dalle due bancate di cilindri. In questo modo era possibile semplificare notevolmente la realizzazione del sistema di scarico. Nel motore, che manteneva le stesse misure di alesaggio e corsa del precedente (95,5 x 72,9 mm), le valvole avevano un diametro di 37 mm alla aspirazione e di 34,5 mm allo scarico. Ciascuna punteria a bicchiere era dotata di un pattino arcuato sul quale agiva la camma. I quattro alberi a camme venivano comandati per mezzo di ingranaggi.

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Le curve di potenza e di coppia del motore bialbero di Indianapolis del 1964 mostrano chiaramente l’incremento prestazionale che si poteva ottenere passando dalla alimentazione a benzina a quella a metanolo

Tanti cavalli in più grazie al metanolo

Pure nel 1964 la Ford ha preferito alimentare i suoi motori da corsa con benzina. La potenza erogata era di 425 cavalli a 8000 giri/min, sufficiente quindi a battere gli Offenhauser. Ancora una volta però in gara la sfortuna si è accanita contro questi splendidi V8. Il successo nella celebre gara americana è però arrivato nel 1965, in maniera perentoria. La Lotus-Ford di Jim Clark è stata infatti in testa per quasi tutta la gara, dimostrando una superiorità schiacciante. Il motore aveva subito lievi ritocchi che ne avevano portato la potenza massima a 440 CV a 8400 giri/min, con alimentazione a benzina; tale valore saliva addirittura a 484 CV utilizzando come carburante una miscela di metanolo e toluene. La vittoria poneva fine alla lunga era dei motori Offenhauser, che sarebbero tornati ad essere competitivi solo alcuni anni dopo, in versione completamente riveduta, grazie alla sovralimentazione. I V8 Ford bialbero aspirati hanno vinto tre edizioni consecutive della famosa gara americana, ovvero le ultime svoltesi prima che a Indianapolis iniziasse l’era turbo.


Pure per quanto riguarda la 24 ore di Le Mans l’impegno della casa è stato premiato. Le sue vetture infatti si sono imposte nel 1966, 67, 68 e 69. I loro motori però non erano come quelli impiegati sulle monoposto; avevano infatti la distribuzione ad aste e bilancieri con due valvole per cilindro e una cilindrata notevolmente superiore: ben 7 litri nelle auto che hanno conquistato i due primi successi e 4,9 litri in quelle che hanno vinto nelle due edizioni seguenti.

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