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Il peggio per un piccolo investitore che abbia messo parte delle sue risorse in un titolo azionario, è quando, dopo magari qualche anno di incuranza, se lo ritrova in portafoglio a valore con zeri e virgole spostate, pesantemente inferiori. Se si è comprato a 18 o 20 e il titolo è caduto fino a quota 1,6 c’è poco da sperare, si è perso troppo: nessun trend di mercato o buon management farà recuperare sino al valore iniziale, salvo miracoli, salvo lunghi anni, o meglio decenni di attesa. Avete in mente il settore auto e quello che gli è accaduto dal 2008? Certo, Tesla è un fenomeno che ha volato in borsa, ma ora non più e l’azienda americana rappresenta un caso speciale, quasi un nonsenso finanziario. Ecco, quanto ha fatto la gestione Marchionne per Fiat sotto il punto di vista finanziario è allora quasi un miracolo e il vecchio AD e Presidente per qualcuno potrebbe aver perso i titoli aziendali ma guadagnato quello di santo.
Quando nell’estate 2004 Sergio Marchionne venne nominato AD del gruppo Fiat, le perdite erano un dato di fatto a Torino, in cifra a nove zeri. Nel giro di breve i bilanci e l’indebitamento hanno però invertito rotta e soprattutto i titoli del gruppo automobilistico, sebbene molti in Italia continuassero a criticare alcune scelte industriali, certo impopolari, cominciarono un cammino che li ha portati a quotazioni esuberanti, rispetto al sentimento iniziale e alla gamma dell’oggi sempre più piccolo brand tricolore, che noi italiani continuiamo erroneamente a identificare con quello che è invece il gruppo FCA, internazionale.
Poche storie nei commenti al veleno, perché da circa 1,6 come partenza a quasi venti euro di valore, in borsa, nel corso dell’ultimo anno, significa oltre dieci volte tanto, oltre la simbolica cifra di un +1000%, in quattordici anni. Chiunque metta risorse e ottenga un simile risultato, su un mercato come quello dell’auto in una fase evolutiva difficile e oltretutto, con alle spalle aziende nemmeno fiorenti inizialmente, deve solo applaudire al management e piangere ora per le sorti di Marchionne, che ne era a capo. Tralasciando la questione Ferrari separata e poi quotata indipendentemente, un altro “lavoro” che finanziariamente è andato numericamente bene per gli azionisti Fiat, coinvolti nel passaggio societario.
Valori storici, sociali e umani sono un conto, ma a livello economico finanziario, come si ripete sempre sulle pagine di Automoto.it, la scelta di Marchionne si è rivelata vincente non solo per chi lo ha voluto al timone di Fiat prima ed FCA poi, ma anche per tutti gli azionisti tra cui figura lui stesso, in maniera rilevante.
Uscendo dalla piazza borsistica ed entrando negli uffici di FCA poi, è indubbio percepire come oggi questo colosso dell’auto usi un metodo di lavoro, con responsabilità e premio a dirigenti e dipendenti molto rigido, efficace, pur non simpatico a qualcuno. Metodi distanti da quelli più “umani” dell’era in cui erano le famiglie a imprimere la tendenza, ma anche dover negoziare certe vicende interne che poi si misuravano nei flussi di cassa. Forse freddo, cinico e duro, non gradito a molti, ma il metodo Marchionne è stato sia una parzialmente dolorosa rottura con il passato, sia quello che più si addice al perseguimento del risultato aziendale. Duro compito ora, per chi segue, proseguire un cammino con degli obiettivi non facili e una certa pressione addosso.
Il mercato borsistico nell’immediato ha già detto la sua, ma è un’impressione senza conoscenza di cosa realmente accadrà a livello industriale, pur se il piano è già dettato (evidentemente non basta, senza Marchionne, a far dormire sonni tranquilli): apertura negativa, subito, con -6% circa dalla scorsa settimana, nel momento in cui scriviamo, per i titoli FCA (15,8 contro 16,9) e -5% per CNH Industrial (8,5 contro 9).
OMF