Filosofia della tecnica. Vile meccanico

Filosofia della tecnica. Vile meccanico
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L'automobile e le sue componenti. Quanto greco e latino in questo mondo. Facciamo un po' di filologia dell'auto
11 settembre 2014

Tra i torti di quel prepotente ucciso in duello, per questioni di precedenza, da Lodovico (poi fra Cristoforo; però, quante ispirazioni dai “Promessi Sposi”!) c’è anche quello di uniformarsi ad una opinione che già nel XVII secolo relegava i “tecnici” in un limbo dove la cultura non aveva cittadinanza: “vile meccanico!”, disse quegli a mo’ d’insulto.

L'automobile tra greco e latino

Un grave errore, che faceva e fa torto ad illustri rappresentanti del sapere tecnico-scientifico, come Galileo e Pascal, grandi anche nel campo della Cultura (c maiuscola), tanto per citarne solo due. Del resto proprio l’automobile è un valido esempio di quanto i suoi ammiratori e costruttori sapessero di letteratura, greco e latino.

Senza tirare in ballo il “solito” d’Annunzio, parliamo dell’Audi  e della Volvo, per cominciare. “Audi” altro non è che la traduzione dal tedesco in latino del cognome del Costruttore, un certo ingegner August Horch. Tale parola è un imperativo germanico che significa, in italiano, “ascolta”, da cui la corrispondenza latina “audi”, di sicuro più elegante e pronunciabile in tutto il mondo e, quasi certamente seppure molto marginalmente, parte del successo commerciale della marca tedesca.

Allo stesso modo, ma senza riferimenti alle persone, la svedese Volvo si chiama così dal latino “volvere”, cioè “girare” dato che nell’auto quasi tutto gira ed in particolare alla fine sono le ruote a mettere la vettura in movimento. Ma se in italiano è quasi naturale che ogni parola abbia un riferimento latino (vedi il “volante”, che è sempre nel campo del “girare” di cui sopra) più sorprendente è trovare origini greche in alcuni particolari che nascono con l’automobile: qualcuno ne ha scelto il nome e, guarda caso, si è ispirato alla più raffinata delle lingue antiche.

Audi altro non è che la traduzione dal tedesco in latino del cognome del Costruttore, un certo ingegner August Horch. Tale parola è un imperativo germanico che significa, in italiano, “ascolta”, da cui la corrispondenza latina audi

Tanta filologia nel mondo dei motori

Anche di queste ne citiamo subito due: spinterogeno e pneumatico. Il primo, ormai desueto ma di facile reperimento, soppiantato oggi dall’accensione e distribuzione elettronica, è un’evidente composizione di “scintilla+generatore” cioè generatore di scintille, proprio la sua funzione per innescare lo scoppio nei motori dotati di candele. Pneumatico deriva evidentemente da “pneuma”: relativo al vento, all’aria, quella che si immette in pressione per farlo funzionare.

Qualcuno li chiamava copertoni, comunemente si dice gomme, ma “pneumatici” è la dicitura più ufficiale, diffusa ed elegante, pur nell’incertezza se sia meglio l’articolo “il” (più comune) o “lo” (più corretto). Quanti di noi ormai aprono e chiudono a distanza (“tele”=lontano in greco) col telecomando portiere e cancelli! Più complicato spiegare che tutto il frasario elettrico-elettronico deriva da una parola greca, “elektron”,  che si riferisce all’ambra, materiale risplendente in grado con lo strofinamento di generare elettricità statica.

Ci si può stupire, ma “tecnica” in greco significa “arte” e noi italiani dovremmo tenerlo a mente, conterranei come siamo di Leonardo, il genio assoluto che primeggiò in questo campo con gli studi e coi dipinti. Chi si azzarderebbe a chiamarlo “vile meccanico” solo perché ideò anche una specie di automobile a tre ruote? A proposito, “auto” (dal greco “esso stesso”) “mobile” (dal latino “movere”) mirabile fusione delle due lingue madri : “che si muove automaticamente”, meglio se con un guidatore a bordo.

Carlo Sidoli

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