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Agli inizi del Millenovecento, quando le automobili cominciavano a diventare popolari e costruirle poteva essere un affare, furono parecchi gli imprenditori che, in piccolo o in grande, si cimentarono nella loro produzione, facendo nascere Case e Marchi che ebbero alterna fortuna. Alcuni di questi marchi esistono tuttora mentre altri sono scomparsi e solo gli appassionati, i collezionisti e le enciclopedie li ricordano. A tutti è noto il nome di Ford mentre sono pochissimi quelli che hanno conoscenza di Ajax o di Egg & Egli, che furono due marchi svizzeri, tanto per citare un Paese dove di automobili non se ne costruiscono più da tempo. Alcuni imprenditori attuali, come Elon Musk (tra l’altro proprietario della Tesla, automobili elettriche di alte prestazioni), Richard Branson (miliardario inglese e “sir” dalle molteplici attività), Paul Allen (cofondatore con Bill Gates della Microsoft) e Jeff Bezos (fondatore di Amazon e secondo uomo più ricco de mondo) ricalcano, a cento anni di distanza, le orme dei primi magnati dell’automobile e investono le loro risorse nell’ambito aerospaziale.
Hanno intuito che questo è il settore chiave e innovativo nel campo dei trasporti, se possiamo includere in questa categoria l’ormai settimanale “via vai” di oggetti e persone che lasciano la superficie della Terra per raggiungere un’orbita attorno al pianeta o per lanciarsi in viaggi interplanetari. E i già citati manager, alcuni dei quali apprezzati filantropi, si fanno fotografare con i loro prodotti “spaziali” sullo sfondo, in pose analoghe a quelle degli antesignani delle fabbriche di automobili che sedevano alla guida o si appoggiavano ai parafanghi delle loro beneamate.
Musk, Branson, Allen e Bezos ricalcano, a cento anni di distanza, le orme dei primi magnati dell’automobile e si fanno fotografare con i loro prodotti “spaziali” sullo sfondo. In pose analoghe a quelle degli antesignani delle fabbriche di automobili
In sostanza Space X, Blue Origin, Virgin Galactic, Strato Launch Systems, United Launch Alliance, Sierra Nevada, Spaces Advetures, Orbital ATK, AVIO e altri costruiscono razzi, capsule e aerorazzi offrendoli a chi può averne bisogno. Verrebbe da dire che sono degli illusi, se non fosse che tra i loro clienti hanno la NASA e persino le Forze Armate della Difesa degli Stati Uniti d’America che, evidentemente, trovano conveniente acquistare, invece che utilizzare i loro costosi missili destinati ad altri usi o a imprese altamente significative.
Alcune di queste aziende ricevono finanziamenti dalla Nasa stessa per sviluppare i loro prodotti più promettenti. Del resto USA e Russia collaborano da tempo e si scambiano i vettori per la gestione della Stazione Spaziale Internazionale; più precisamente molti astronauti americani e anche i “nostri” Samantha Cristoforetti, Paolo Nespoli, Luca Parmitano e Roberto Vittori, hanno usato e usano le attrezzature russe del programma Sojuz, che sono sul mercato a un prezzo relativamente conveniente.
Una grande differenza tra l’impresa automobilistica e quella spaziale sta nel fatto che i razzi destinati allo spazio non sono immediatamente utilizzabili, così come escono dalla fabbrica. Infatti, essi vanno allestiti e non possono essere lanciati da qualsiasi luogo, ma occorre utilizzare i famosi Centri o Basi o Cosmodromi, come i ben noti Cape Canaveral in Florida o Baikonur in Kazakistan, per cui c’è tutto un intreccio di competenze. Supponiamo che una certa Società (ad esempio telefonica o meteorologica) intenda mettere in orbita dei satelliti; essa contatterà i “fornitori di lanci”, esaminerà le offerte e sceglierà in base all’economia e all’affidabilità e già qui c’è da immaginare cosa succede a livello assicurativo.
Il “pacchetto di offerta” comprende l’affitto della base e dell’organizzazione che deve seguire l’evento: lancio, messa in orbita, sistemazione ottimale del satellite, rientro dei pezzi nell’atmosfera. Un ritardo di un lancio, per un guasto o per motivi meteorologici, provoca ritardi a catena che si ripercuotono sull’efficienza del servizio.
Per non parlare di un’esplosione a terra che in pratica distrugge il missile e il carico utile ma anche tutte le attrezzature della base, che risultano inagibili a lungo per tutti lanci programmati in successione. Quando tutto va bene ogni lancio costa decine di milioni di dollari (a partire da una sessantina), quando va male, i danni sono enormi.