Filosofia della tecnica. Ora siamo come eravamo?

Filosofia della tecnica. Ora siamo come eravamo?
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Quando una vettura viene progettata vengono considerate sempre le tipologie di clienti. Quali sono e come vengono valutate?
14 agosto 2014

Nelle conferenze stampa di presentazione di un nuovo modello non manca mai lo “studio di mercato” che spiega il cosiddetto “target di riferimento”, in pratica la definizione del “cliente tipo” che si immagina sia un desideroso acquirente.

Descrizioni al limite dell'umoristico

Talora si fa del vero e proprio umorismo, certamente involontario, scendendo in dettagli esageratamente circoscritti: quarantacinquenne manager, laureato, appassionato di golf (in qualche auto c’è una comodissima sacca per le mazze) scapolo, che abita in villetta privata e ha un reddito di “un tot” all’anno. Ancora un paio di precisazioni come “collezionista di libri di architettura” o “appassionato di opera lirica” e potrebbero metterci anche il nome e cognome del destinatario.

Spirito d'emulazione

Naturalmente oltre a questo tizio ci sarebbero anche quelli che vorrebbero essere come lui o che almeno lo vorrebbero sembrare. Siccome però nessuna Casa desidera fabbricare pochi pezzi esclusivi, la definizione del “target” è una cosa più seria e determinate per il successo di un nuovo modello. Non molto tempo fa tra i riferimenti è entrato, e con notevole successo, il cliente “nostalgico”, quello che ripensa alla sua prima vetturetta e al periodo storico che la rese popolare, con l’ondata di ricordi e di emozioni che suscita.

I nostalgici

Fino ad allora costui andava sul mercato dell’usato, spesso acquistava una specie di debito permanente per via delle continue riparazioni e dei consumi, e ne ricavava una serie di disturbi fisici, come la sciatica, per la differente condizione fisica peggiorata dai “bei tempi” ad oggi. Per non parlare dei rischi conseguenti alla struttura assai debole in caso d’incidente e alla mancanza di protezioni.

Talora si fa del vero e proprio umorismo, certamente involontario, scendendo in dettagli esageratamente circoscritti: quarantacinquenne manager, laureato, appassionato di golf scapolo, che abita in villetta privata


La riedizione moderna e aggiornata dei modelli “storici” ha risolto egregiamente l’alternativa tra vecchio e nuovo, conciliandoli, ed ha guadagnato mercato anche tra quelli che seguono la moda o sono semplicemente incuriositi. Questo vuol dire, ovviamente, un raffinato studio della linea e delle dimensioni e una diversa, moderna, motorizzazione e trasmissione.

Reboot

Se pensiamo al fenomeno Mini possiamo anche intravedere un numero limitato di grattacapi che i tecnici hanno dovuto risolvere nell’opera di aggiornamento.  Se invece pensiamo ad un paio di altri modelli, come il Maggiolino VW e la 500 Fiat la trasformazione, sotto la pelle, è stata radicale. Da trazioni e motori posteriori di un tempo alle attuali soluzioni tutte anteriori; con vani motore che diventano bagagliai e viceversa, con una capacità di carico comunque non ottimale.

I progettisti hanno fatto miracoli, ma la necessità di mantenere lo stretto richiamo ai vecchi modelli, che poi è il motivo del successo commerciale, pone dei vincoli insormontabili sulle volumetrie. La “riedizione” è un fenomeno che non può espandersi più di tanto: è inverosimile immaginare una circolazione diffusa di “vecchi” modelli rivisitati, come se un antico pedone, trapiantato ai nostri giorni con la “macchina del tempo”, si trovasse perfettamente a suo agio.

Però a ripensare, anche solo in casa nostra, a modelli popolari come la “A 112” o alle “vecchie” insuperate spider di una volta che potrebbero essere rinverditi viene l’acquolina in bocca. Tra l’altro gli aggiornamenti non sarebbero poi tanto impegnativi.

Carlo Sidoli  
 

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