Filosofia della tecnica. Non conviene produrre auto di serie in italia

Filosofia della tecnica. Non conviene produrre auto di serie in italia
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Tante cose vanno valutate quando si decide di produrre automobili, ma quali fattori a tal fine necessari sono presenti in Italia?
18 settembre 2014

Un gruppo industriale che volesse imporsi nel mercato della produzione di veicoli di grande diffusione deve eseguire, ovviamente, delle analisi preliminari per stabilire dove localizzare le cosiddette “fabbriche”, che oggi sono prevalentemente dei luoghi dove si assemblano pezzi che provengono anche da molto lontano.

Ciò che manca

Determinanti per la scelta sono i costi (certi) a fronte dei ricavi (sperati). Un Paese senza materie prime, dove l’energia è in larga parte importata a prezzi quasi doppi rispetto alla media, dove la mano d’opera non è conveniente a meno di “spremerla” (impoverirla ulteriormente) con le conseguenti e non risolutive reazioni sindacali, dove la politica non può più assumere atteggiamenti protezionistici, dove il mercato interno è tartassato e piuttosto saturo, non risulta sicuramente appetibile per un’impresa del genere.

Partendo da queste premesse, tutte negative per l’Italia, abbiamo sull’altro piatto della bilancia le fabbriche già realizzate pronte per la produzione, la grande tradizione progettativa ed innovativa (l’ingegno) e la formidabile potenzialità del cosiddetto “indotto”, però mortificati da una politica avulsa.

Bisogna stare al passo coi tempi

E’ pensabile che ciò sia in grado di controbilanciare i valori negativi, per esprimerci con un ossimoro? Sicuramente no, perché le fabbriche “invecchiano” e vanno ricostruite e soprattutto riprogettate ex novo e perché col sistema attuale informatizzato i progettisti (spesso italiani, emigrati) possono trovarsi in qualsiasi parte del mondo e quindi scollegati dai posti di produzione.

Le fabbriche “invecchiano” e vanno ricostruite e soprattutto riprogettate ex novo e perché col sistema attuale informatizzato i progettisti possono trovarsi in qualsiasi parte del mondo e quindi scollegati dai posti di produzione


Fortunatamente in Italia sopravvivono, ed anche prosperano, industrie piccole e grandi dotate di grande capacità innovativa, come quella dei pneumatici, imponendosi nel mondo per quella dote che non si può facilmente esportare: la qualità intelligente. Lo fanno però con molto puntiglio e con grandi sforzi, che non è detto possano continuare indefinitivamente.  La genialità e l’eclettismo risultano vincenti nel campo delle piccole produzioni specializzate ed esclusive, come le automobili super sportive e di grande classe, dove il prezzo e il costo sono dei valori quasi secondari rispetto al prestigio.

Circostanze sfavorevoli a fronte di un grande talento

L’Italia soffre dunque di un elevato numero di circostanze oggettivamente incompatibili con la grande produzione industriale di veicoli. A tutto ciò si aggiunge la questione delle rilevanze ambientali ed ecologiche dove tutto il mondo occidentale è “perdente”semplicemente perché non si comporta con la scellerata noncuranza di certi concorrenti.

Non esistono per ora (o se esistono non sanno imporsi) organizzazioni globali tipo ONU che facciano rispettare ovunque salari e orari umanamente dignitosi e facciano osservare le regole fondamentali della sicurezza dei lavoratori e del rispetto dell’ecologia. Sono problemi enormi ma non dilazionabili. Molti costruttori occidentali ne approfittano spostando le produzioni dove lo sfruttamento delle persone e delle risorse ambientali è indiscriminato.

Ciò deve essere impedito e l’importazione subordinata ad un numero preciso e severo di osservanze controllabili o ne avremo conseguenze disastrose, soprattutto quando gas e piogge acide limiteranno le risorse naturali, a partire dall’acqua. Ecco perché acquistare “a chilometri zero”, cioè beni prodotti in un ambito ragionevole di distanza, può risultare conveniente dal punto di vista sociale e delle garanzie di controllo, di reperibilità dei ricambi e di qualità.

Carlo Sidoli

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