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Molti certamente ricordano un film in bianco e nero del 1946 che tutti gli anni viene programmato in televisione nel periodo natalizio: “La vita è meravigliosa” (“It’s a Wonderful Life”). Con la regia di Frank Capra e l’interpretazione di James Stewart e Donna Reed, questa favola moderna riesce sempre a far riflettere se non addirittura a commuovere.
La pellicola ha avuto un enorme successo, l’hanno vista quasi tutti, è classificata all’undicesimo posto tra le 100 migliori della cinematografia americana; eppure non vinse il premio Oscar. Quell’anno (1947) a vincere fu “I migliori anni della nostra vita” di William Wyler, altro grande film ma collocato al trentasettesimo posto in quella speciale classifica.
I primi 40 anni della Golf
Quest’anno, che si celebrano i “primi” quarant’anni di vita della Volkswagen Golf, viene alla mente un parallelo tra il film di Capra e la vettura tedesca ideata da Giorgetto Giugiaro, nata nel 1974 e nota anche con i nomi di Rabbit e Caribe.
Anch’essa infatti, all’esordio, non ottenne il riconoscimento di “auto dell’anno”, superata dalla Citroen CX. Poi, di riconoscimenti la Golf ne ebbe in quantità industriale tra cui un paio che potremmo definire “alla carriera”, cioè il premio auto dell’anno del 1992 per la “terza serie” e quello del 2013 per l’attuale “settima serie”.
30 milioni di esemplari nel 2013
L’anno scorso fu raggiunto il traguardo dei 30 milioni di veicoli prodotti nel corso della vita pluridecennale di questo modello. La Golf “apre l’anta” per dirla utilizzando una battuta (che in dialetto milanese è assai più gustosa) nientemeno che di Alessandro Manzoni, riservata a sua moglie neo-quarantenne ed a significare che dopo gli “anni dieci”, “venti” e “trenta” tutti i successivi sarebbero finiti in “anta”, almeno fino ai cento.
“Volkswagen ha conservato sempre lo stesso nome per una vettura che nacque “piccola” ed ora è decisamente “media”. Passo passo si è allungata di mezzo metro ed ha aumentato la sua massa del 50% circa”
Tutto ciò è conseguenza anche del fatto che la Volkswagen ha conservato sempre lo stesso nome per una vettura che nacque “piccola” ed ora è decisamente “media” nell’ottica della clientela italiana. Passo passo si è allungata di mezzo metro ed ha aumentato la sua massa del 50% circa, superando di parecchio la tonnellata.
Non tutti seguono la tradizione
Invece diversi altri costruttori di automobili hanno abbandonato i nomi originali di modelli ben riusciti per avventurarsi in discutibili evoluzioni o persino in contrapposizioni di dubbio successo. Un esempio viene dalla Fiat che in Italia cessò nel 1983 la produzione della “128”, proprio la vettura a cui la Volkswagen aveva fatto riferimento per realizzare la Golf ed uscire da una preoccupante crisi produttiva ed economica adottando, finalmente, la trazione anteriore.
La “128”, progettata dall’indimenticato Dante Giacosa ebbe peraltro il riconoscimento di auto dell’anno nel 1970; per dire che ogni tanto ci si azzecca. Col senno di poi e senza voler criticare i fedelissimi e orgogliosi appartenenti ai vari “Ritmo club” (è certo che ne esistono e forse ne fa parte anche il presidente Obama, uno che cominciò dalla “Strada”) è presumibile che una evoluzione della “128”, modernizzata e con la stessa sigla, sarebbe risultata ben accetta ai clienti.
Squadra che vince non si cambia
La Volkswagen in definitiva ha seguito il concetto, caro all’industria tedesca, che finché il pubblico gradisce il nome non si cambia e linea e tecnica seguono una direttrice di evoluzione e non di rivoluzione. Senza cambiare nome, la Golf è passata attraverso numerosi restyling, ha montato un motore Diesel che è divenuto leggendario, caposcuola dei “piccoli Diesel per vettura”, ed ora si è lanciata nel mondo dell’ibrido e dell’elettrico. Se invece avesse cambiato nome oggi saremmo qui, quarant’anni dopo, ad assistere alla sua resurrezione sulla falsariga delle varie “Mini” e “500” richiamate in servizio con notevole successo di gradimento del pubblico.
Carlo Sidoli