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Se il proprietario di un veicolo ottiene, ad ogni nuovo modello acquistato, un bilancio largamente favorevole si tratta di progresso. Se invece, per taluni aspetti, spende, rischia, inquina e si affatica di più, si tratta di un’economia realizzata a puro vantaggio del costruttore e costituisce un regresso.
Gli esempi sono innumerevoli, e molti quelli positivi: i vari servomeccanismi (servofreno, servosterzo, chiusure centralizzate, ABS, ecc.) hanno reso le auto più care, ma hanno fatto risparmiare molta energia fisica, hanno dato più sicurezza (elementi più importanti del denaro speso), ed in definitiva ci abbiamo guadagnato.
Tra conquiste e perdite
Gli impianti d’iniezione hanno reso l’automobile più affidabile, meno inquinante (chissà quante malattie respiratorie in meno), meno consumatrice di combustibile: ci abbiamo guadagnato non solo in salute ma anche, a lungo andare, nei costi calcolati in “soldoni”.
Gli esempi negativi sono assai meno numerosi, ma ce ne sono. Non si tratta di lamentarsi perché dove c’era il legno pregiato ora troviamo la plastica senza che il prezzo sia calato di un centesimo. Parliamo di elementi funzionali che vengono a mancare o si sono impoveriti o funzionano peggio di prima.
Capita di trovare qualche strumento di bordo in meno (spie, indicatori, contagiri ecc.), qualche banale interruttore che va in crisi invece di durare per tutta la vita dell’auto, e varie inopportune economie senza costrutto.
Dotazioni carenti?
Prendiamo le luci, o almeno i catarifrangenti, necessari sullo spigolo delle portiere per segnalare che sono aperte a chi sopraggiunge quando è buio: mancano spesso anche su auto di lusso, o ci sono per le porte anteriori e non per le posteriori.
Alcuni modelli hanno una dotazione di attrezzi come cacciaviti, cric e chiavi assolutamente inadeguati, messi a bordo solo per dire che ci sono e destinati a creare problemi a chi dovesse servirsene; e se una volta non era così, allora si tratta di regresso.
Osserviamo il sistema di fissaggio delle ruote ai mozzi. Un tempo, molte auto avevano le viti fissate nel mozzo, oggi sono poche; per agganciare la ruota bastava calzare i buchi dei cerchioni sulle viti e il gioco era fatto: rimaneva solo da avvitare i dadi.
Tanta innovazione ma cambiare le ruote è ancora un'impresa
Un piccolo sforzo di sollevamento e poi tutto in tranquillità. Si è passati successivamente alle viti, da avvitare nei buchi corrispondenti del mozzo; meno comodo, però, nel contempo, il centro del mozzo sporgeva a sufficienza per “calzarci” il foro centrale del cerchione, che lì appoggiava abbastanza stabilmente.
Tuttalpiù con una mano si badava che la ruota non cascasse e con l’altra bastava infilare ed avvitare una vite per pochi giri ed il gioco era fatto. Intanto, col passare del tempo, le dimensioni delle ruote e di conseguenza il loro peso sono cresciuti notevolmente.
Oggi esistono alcuni modelli, che hanno fatto risparmiare a certi costruttori qualche centesimo per auto, in cui le ruote dovrebbero avere doti di levitazione naturale e posizionarsi correttamente in automatico contro il mozzo perché praticamente nulla di fisico esiste per appoggiarle con sicurezza.
Si può operare solo se si è in due, ed entrambi faticano molto. Per fortuna a scorta spesso c’è il ruotino, che pesa poco e ci è stato “regalato” al posto della ruota di scorta. C’è da meravigliarsi che non si sia diffusa l’idea di usare, invece che quattro, tre fissaggi per ruota, come hanno fatto per anni alcune Case francesi.
Carlo Sidoli