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La tassa sul sale. Una cosa tristemente famosa, tanto odiata da portare a sollevamenti e rivoluzioni e ricordata tuttora come esempio di rara ingiustizia.
Nel 1930 l’indiano “Mahatma” (grande anima) Gandhi organizzò una “marcia del sale” rimasta famosa, per protestare pacificamente (come egli usava) contro le imposte britanniche che gravavano sul consumo di questo elemento quasi indispensabile per la sopravvivenza e praticamente donato gratuitamente dalla natura. Ma tale sistema di imposizione non è che uno dei tanti escogitati per trarre dai beni di largo consumo un vantaggio per le casse dello Stato.
Talvolta, all’epoca, si facevano dei distinguo “virtuosi”, come quando si colpivano generi considerati “di lusso”, tipo il caffè o lo zucchero. Peccato che a imporre queste tasse fossero spesso monarchi e dittatorelli che di queste raffinatezze facevano largo uso esentando però se stessi, parenti ed amici e complici dal pagare il tributo. Giustizia vorrebbe che lo Stato, coi soldi incassati, ridistribuisse dei servizi o costruisse delle opere che giovassero a tutta la comunità dei contribuenti o almeno ai più poveri e bisognosi.
I contribuenti prima ci rimettevano anche la vita
Invece quei capi, come ad esempio il tanto affascinante Napoleone Bonaparte, imperatore in nome della democrazia, che saccheggiò mezza Europa, coi soldi ci facevano le guerre ammazzando migliaia di contribuenti, francesi e nemici: in ogni battaglia una media di oltre 30.000 “poveri diavoli”, cioè il 20% dei combattenti, prima vessati dalle tasse e poi obbligati alla leva (un’altra invenzione giacobina), ci lasciavano la vita (il 20% dei combattenti).
Oggi no; cari miei, oggi le tasse sui generi di largo consumo non ci sono più o, al limite, sono virtuosamente destinate ad agevolare i cittadini, e le pagano tutti (?!). Solo qualche “ritocco” perché l’organizzazione burocratica, certamente indispensabile, deve far girare ogni cosa per il verso giuso e tutto il resto del ricavato viene impegnato per sviluppare le misure migliori per facilitarci la vita.
«Lo Stato ne deve ricavare un bell'introito»
Prendiamo l’automobile ed in particolare il prezzo dei combustibili, considerati evidentemente alla stregua di un bene di lusso; attenzione, perché potrebbe essere d’attualità un consistente ritocco. In Italia li paghiamo circa il doppio di quello che valgono perché lo Stato ne deve ricavare un bell’introito (alla faccia delle giustamente vituperate multinazionali del petrolio), ma togliamoci dalla testa che se ne faccia uso a favore della mobilità veicolare.
“Molte accise (così si chiamano) sono rimaste anche se sono state previste per fatti accidentali e superati”
Ciò è ingiusto, perché in un mondo ideale il bilancio dovrebbe essere: paghi di più l’energia per spostarti ma ti si dà la possibilità di arrivare facendo meno strada o più rapidamente. La logica si ribella; l’aumento del prezzo dei combustibili incide su una montagna di prezzi, quella di praticamente tutti i beni che per il solo bisogno dei trasferimenti fanno uso dei mezzi di trasporto.
Naturalmente si rasenta il ridicolo perché molte accise (così si chiamano) sono rimaste anche se sono state previste per fatti accidentali e superati. D’accordo, il Paese ha virtuosamente contribuito per l’alluvione di Firenze o il disastro del Vajont, persino per il contratto dei ferrotranvieri, ma c’è qualcuno che va orgoglioso della guerra d’Etiopia? Però siccome queste tasse messe momentaneamente, poi sono sempre rimaste, anche dopo che gli avvenimenti si sono ormai perduti nella memoria, ce le teniamo trasferendole nel calderone del fabbisogno dello Stato.
Tassazione per tutti
Se ce la facciamo a non pensare al “fenomeno delle auto blu” o dei “rimborsi facili” (torna l’incubo dei “soliti privilegiati”, che impongono agli altri ma esentano se stessi) si può persino ritenere che la tassazione dei combustibili per autotrazione abbia perlomeno il pregio di raggiungere anche il vasto pubblico dei “furbacchioni” che evadono ogni altro genere di contribuzione. I finti invalidi pensionati (che comunque guidano, anche ciechi), quelli che non pagano l’assicurazione, quelli che hanno l’auto di lusso intestata ad un “barbone”, quelli che hanno la supercasa non accatastata o accatastata come cascina, eccetera. Alla pompa, siamo tutti uguali.
Carlo Sidoli