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A Bormio, in fondo alla Valtellina in provincia di Sondrio, ogni giorno si formano colonne di autobotti e automobili dirette a Livigno, il “piccolo Tibet” delle nostre Alpi. Le autobotti hanno le cisterne piene, le auto hanno il serbatoio quasi vuoto. Una salita di circa un’ora durante la quale si scaricano nell’atmosfera nuvole di gas di scarico tossici e nocivi.
A Livigno, per interposto distributore, il combustibile delle cisterne passa nei serbatoi delle vetture a un prezzo molto conveniente e l’allegra compagnia si avvia, inquinando, in discesa per ripassare da Bormio: le autobotti vuote e le vetture col quasi-pieno.
Che senso ha?
Tutto ciò ha un minimo di logica? I super tecnici del risparmio energetico ed economico non ci vedono alcuna contraddizione? Le associazioni ambientaliste (come quelle che pretendono lo stop ai diesel in nome di uno studio, ormai molto datato, che ne dimostrerebbe la nocività) non trovano niente da ridire?
Qui non si tratta solo di rielaborare schemi fiscali opportuni, a difesa dell’economia di Livigno (che, per inciso, non è più un borgo isolato di pastori e boscaioli): questo stato di cose è ripugnante in assoluto perché offende la logica, esalta lo spreco e compromette la salute.
Inquinamento inutile
I legislatori che specie oggi infieriscono sui risparmiatori non possono, se hanno un minimo di interesse per il bene pubblico (economia e salute), tollerare che delle disposizioni, già sbagliate in origine, perpetuino la più stupida delle soluzioni immaginabili.
Da ultimo varrebbe la pena di considerare che su un percorso di montagna come il tratto Bormio-Livigno il consumo dei pneumatici (e freni) ha un livello estremamente elevato per cui autobotti e vetture sono soggetti a costi esercizio dove la “componente usura” ha un peso determinante. E per finire, dove va la mescola abrasa? Va a formare le “polveri sottili” così che chi crede di fare una gita in montagna a respirare l’aria buona è servito.
Carlo Sidoli