Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Con l’obiettivo di ridurre il numero delle vittime della strada e degli incidenti stradali, è partita l’11 settembre scorso, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, una campagna straordinaria di controlli sul corretto utilizzo delle cinture di sicurezza.
E’ durata una settimana, fino al 17 settembre, ed è stata promossa da un network europeo di cooperazione tra Polizie Stradali.
In Italia la Polizia Stradale ha predisposto specifici controlli sull’intero territorio nazionale, in particolar modo sulle arterie autostradali e di grande comunicazione. Per l’intera settimana, dunque, il corretto utilizzo, da parte dei conducenti e dei passeggeri dei veicoli a motore, delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta, con particolare riguardo ai passeggini per bambini, è stato monitorato in tutti i Paesi europei.
L’operazione congiunta, denominata Seatbelt (cintura di sicurezza), è stata coordinata in Italia dalla Direzione Centrale per la Polizia Stradale. Questa notizia, riportata il 10 settembre dalle agenzie di stampa, è stata variamente commentata da un buon numero di lettori ANSA, sostanzialmente divisi su due fronti opposti, ma con diverse argomentazioni.
In particolare, quelli “contro” l’uso delle cinture basano le loro convinzioni su un’affermazione tecnica e una “di principio” (filosofica).
La prima consiste nel ritenere che le cinture non servano o addirittura creino più danni che vantaggi. Essi dicono che c’è più gente in carrozzella per colpa dell’uso delle cinture che non ce ne sia per non averle usate in caso d’incidente. Non è dato di sapere quali statistiche abbiano a disposizione, ma se le avessero, sono certamente di quelle sballate.
Potremmo dedurre che per costoro le migliaia di ore di progettazione e ricerca, tutta la sperimentazione delle prove di crash test fatte con i manichini e, in sostanza, i milioni di euro spesi, sono stati e seguitano ad essere buttati via.
Mi limiterei a ricordare loro che Trevor Rees-Jones, l’unico salvatosi nell’incidente per cui morì a Parigi lady Diana d’Inghilterra, fu il solo dei quattro a bordo che indossasse le cinture di sicurezza. Peraltro oggi, per via degli air bag, non allacciare le cinture è da autolesionisti: in caso di incidente, il rapidissimo gonfiarsi del sacco, anziché proteggere, può provocare gravi lesioni ad un corpo non trattenuto dalla cintura. L’obiezione filosofica contro l’obbligatorietà dell’uso delle cinture di sicurezza è più sottile e, a prima vista, anche convincente.
Mi limiterei a ricordare che Trevor Rees-Jones, l’unico salvatosi nell’incidente per cui morì a Parigi lady Diana d’Inghilterra, fu il solo dei quattro a bordo che indossasse le cinture di sicurezza
Un lettore scrive: ”Non è giusto che lo stato debba costringermi a tutelare la mia vita. Roba orwelliana. Può consigliarmi, invitarmi, ma non può e non deve obbligarmi. Capisco tutte le altre regole: cellulari, velocità, semafori, dove entra la sicurezza altrui che io non devo mettere in pericolo, ma non può obbligarmi a una dieta perché rischio il colesterolo. Ma stiamo scherzando?” Il punto debole di questo ragionamento sta nel credere che l’uso, o meno, delle cinture abbia conseguenze solo sul piano personale.
Invece, la gravità delle menomazioni fisiche derivanti dagli incidenti per le persone non protette dalle cinture genera un costo sanitario esagerato che ricade su tutta la comunità.
Tralasciamo, in linea teorica, questo pur fondamentale argomento che di per se stesso giustifica l’obbligatorietà, ma che ai “filosofi” pare certamente troppo venale: cosa contano i soldi quando c’è in ballo la libertà? Allora è utile che essi sappiano che ridurre al minimo le proprie lesioni conseguenti a un incidente può servire a salvare altre vite: cioè entra in ballo la “sicurezza altrui”, di cui si dicono tanto rispettosi.
Un automobilista che, per non aver indossato le cinture, muore o perde i sensi o resta seriamente infortunato si mette nelle condizioni di non poter essere utile al prossimo.
Ad esempio, egli non può chiamare i soccorsi, non può assistere i feriti, non può far scattare gli allarmi per evitare una catena di disgrazie. Non sembra poco; per fortuna c’è qualcuno che, da scettico che era, dopo un incidente dove le cinture gli hanno salvato la vita, ha cambiato parere.