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Nasce il neonato Gruppo automobilistica Fiat Chrysler Automobiles con la completa fusione dei marchi italiani con quelli a Stelle e Strisce. Una delle prime azioni di Marchionne, considerata l’internazionalizzazione del Gruppo, è traslocare le sedi fiscali e legali lontano dall’Italia, in Olanda e Gran Bretagna dove vige un’imposizione fiscale molto più benevola rispetto alla “tagliola” del Bel Paese.
“Le macchine vengono prodotte in tutto il mondo, le tasse decido di pagarle dove è più vantaggioso” sembra che abbia detto Marchionne, con la logica cristallina a cui sembra averci abituato. Ma se questo discorso ha funzionato alla perfezione per i marchi di FCA e CNH Industrial il numero 1 del Gruppo italo-americano ora non vede perché il meccanismo non debba essere applicato anche al gioiello di famiglia, la redditizia Ferrari.
Anche la Casa di Maranello infatti starebbe valutando il trasferimento della sede fiscale all'estero, in vista dello spin off da Fiat Chrysler Automobiles. L'indiscrezione dell'agenzia Bloomberg proviene dagli Usa, dove è in corso il road show dell'amministratore delegato Sergio Marchionne per illustrare ai banchieri americani i vantaggi del bond convertendo da 2,5 miliardi di dollari.
A Piazza Affari il titolo Fca è maglia nera, viene sospeso, poi riammesso in Borsa e chiude con una flessione del 6,62% a 9,8 euro. Nelle sale operative si parla di "comportamento anomalo" dopo un "mega ordine" in attesa di conoscere il pricing del prestito convertendo, che sarà comunicato dopo la chiusura a Wall Street dove il titolo non fa molto meglio (-4,81%). Perdite più contenute invece per Exor (-1,14%) e Cnh (-2,19%).
Diverse opzioni sul tavolo
E in serata la Consob ha annunciato di aver acceso un faro sull'andamento del titolo. Come sempre in questi casi - viene spiegato - scattano le verifiche preliminari sull'operatività del titolo. L'ipotesi di un trasferimento della residenza fiscale del Cavallino non trova conferme per ora né a Torino né a Maranello. L'agenzia Bloomberg cita fonti vicine al dossier secondo le quali sul tavolo ci sarebbero varie opzioni, inclusa quella di mantenere la residenza fiscale in Italia.
Una decisione verrà presa nei prossimi mesi, ma un eventuale trasferimento, precisano le fonti, non avrebbe comunque alcun impatto sulle attività manifatturiere e di ingegneria a Maranello. La strada è quella già percorsa da Fca e Cnh, che hanno trasferito la sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna e sono quotate sia a New York sia a Milano.
Sappiamo già che nel 2015 la Ferrari verrà separata da Fca e il 10% sarà quotato, tra il secondo e il terzo trimestre dell'anno, a New York e in una piazza europea. Prima dello sbarco a Wall Street, per la gioia di FCA, la Casa di Maranello pagherà un maxi dividendo da 2,25 miliardi di euro e per farlo emetterà per la prima volta un prestito obbligazionario.
Il problema esiste davvero
Se si dovesse confermare l’indiscrezione di Bloomberg in ogni caso non ci rimarrebbe che un’ulteriore conferma della poca – se non scarsissima – capacità del nostro Paese di attirare gli investimenti. Se anche gioielli come la Ferrari, una delle poche grandi aziende italiane che continua a fare profitti e a distribuire dividendi, pensano di andare via dall’Italia per un’imposizione fiscale troppo asfissiante, significa che il problema esiste davvero e che rimane uno dei nodi più difficili da sciogliere se si vuole rimettere in moto la macchina del Paese.
E non è difficile capire le motivazioni che avrebbero portato il Cavallino Rampante a guardare oltre ai confini nazionali. Nel Regno Unito la Corporation Tax è oggi al 21% e verrà portata addirittura al 20% nel 2015, mentre in Italia aziende come la Ferrari devono sottostare ad un’imposizione fiscale del 31,4%.
Fonte: Ansa