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A sentire gli annunci dell’altro giorno, che indicavano in Roma il nome della nuova vettura Ferrari presentata al mondo intero, quello che sgrana gli occhi come dovuto di fronte al fascino della coupé italiana, qualche perplessità sorge. Almeno ai puristi dei numeri, usati per denominare una Rossa. Invero non è certo novità, che una vettura del Cavallino importato a Modena si chiami con un nome di città, o almeno combinazione di numero e nome città. Certo che la capitale nazionale… Ha il suo peso, da utilizzare per una supercar da pochi.
Non è il solito riferimento geografico alla terra Ferrari questa volta, o al mondo delle competizioni sportive dove le Rosse hanno vinto. Nemmeno un’area geografica in cui si venderà principalmente la vettura. Roma è Roma, da sempre. Da novembre 2019 Roma è anche Ferrari. Un omaggio a Roma in quanto grande città storica, indipendentemente dai motori, con questa vettura Ferrari l’ha fatto, di certo. Da italiani piace anche la cosa, mentre alcuni stranieri che magari non conoscono la nostra storia, interpreteranno a modo proprio il motivo. Trovarci però reali legami di sostanza, nella filante coupé con il V8 e nella capitale, è più dura. Le belle immagini della Roma che passeggia solitaria tra i gioielli artistici della “sua” città, poi, saranno difficili da replicare nella sostanza per la maggior parte dei suoi possessori.
La prima vettura messa in strada da Ferrari con riferimento geografico nel nome fu la 340 America del 1950, seguita dalla 342. In quegli anni ci furono parecchi nomi legati a continenti e nazioni. Il motivo pratico era anche il fatto che quelle auto ci dovessero andare, con successo, in certi luoghi. Come le pochissime 340 Mexico, che corsero le Carrera Panamericane. Poi vennero modelli come 250 Europa e 375 America. Le prime Ferrari con nome di città incluso, furono però dedicate al Tempio della velocità brianzolo: 1954, le 750 Monza e poi 250 Monza, auto invero anch'esse destinate alle competizioni, queste. Si contano nello stesso ricco decennio 860 Monza, 400/410 Superamerica e, vera chicca che segna oggi la differenza tra un automobilista molto fortunato e un re del collezionismo, 250 California. Il filone poi si interrompe, salvo le 330 America e 365 California / "Daytona" degli anni Sessanta.
Oltre ai numeri ovviamente, per denominare una vettura del Cavallino si sono sempre usate anche sigle che combinavano lettere, o termini di richiamo alle doti specifiche nel modello (es. GT, Berlinetta, ecc.). Più raramente e per circostanze comunque sempre legate alla storia della Casa, nomi: come le molte Dino e poi Mondial. Nomi spesso combinati a loro volta con sigle e numeri dettaglianti il modello, a livello tecnico.
Tralasciando concept-car, one-off e prototipi, è solo in periodo recente, come ben ricorderanno anche i trentenni e oltre, che la Ferrari già entrata nell’orbita non solo di Fiat ma anche dei grandi gruppi internazionali usa nomi di città, per modelli “popolari” della propria gamma. Non più allestimenti e serie per mercati esteri, o riferimenti a competizioni e piccole produzioni dedicate. Non più modelli che pesano poco insomma, nel portafoglio prodotto. Anzi, sono proprio le Ferrari più vendute e facili da incontrare per le strade che si denominano combinando numero e sigla, identificanti la tecnica e paese. Una volontà evidente di connotarsi con luoghi del nostro amato Stivale, o meglio della terra dove nascono le Rosse.
La prima è la bella 550 Maranello, nel 1996, che però a molti viene facile chiamare solo 550. A ruota arrivano la più piccola 360 Modena del 1999 e un’altra Maranello, la 575M (erede della 550). Già nel finire di anni Novanta, a qualcuno faceva strano sentire dire "...una Modena" e pensare alla Rossa erede delle varie 308 e successive (es. 348 e 355).
È solo nel nuovo secolo però, con la società sempre più aperta ai nuovi mercati (svincolata da FCA e poi quotata al NYSE) che iniziano a diffondersi nel listino pubblico della Ferrari auto con il solo nome geografico: in mezzo alla 599 GTB Fiorano e alla California, nelle sue varie declinazioni, ecco la Superamerica del 2005 (serie limitata della 575M). Sdoganato il concetto di avere la geografia nel nome, rigorosamente “vicina” alla tradizione Rossa, si arriva così all’eliminazione del numero caro a chi conta i cilindri o le valvole del motore; o della sigla, che spiega il “taglio” della vettura. In breve: 458 Italia, SP1/SP2 Monza e… Il primo eccesso su grande scala della Ferrari, Portofino. È lei la prima davvero “fuori zona” rispetto alla tradizione ferrarista. Auto stupenda ma ancora troppo giovane, per dare un giudizio che spesso, per le Rosse, deve essere fatto da successi sportivi o apprezzamento qualificato di specialisti e collezionisti.
Non possiamo ancora dire se queste nuove Ferrari Euro6 con nomi di città italiane, siano modelli da ritenersi di spicco nella storia della Casa. Forse per i volumi di vendita, globale e per l'immaginario che andranno a creare nei giovani di tutto il mondo. Di certo si ricorderanno per avere aperto un filone e aver onorato le grandi bellezze del nostro Paese.