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Sarà come allora? Difficile, perché il passato è giusto che non si ripeta e i tempi cambiano. Vale però la pena ricordare, “come e cosa è stata” l’esperienza precedente della Scuderia nel Mondiale Marche. Perché ai tempi così si chiamava ed era cosa tosta, per tutti, la serie antenata del WEC odierno. Anche premiante, non a caso si nominavano e scrivevano nell’albo d’oro i marchi invece dei, tanti e blasonati, piloti.
Il Mondiale Marche anni Settanta non è stato dominato dalla Ferrari, che in varie stagioni ha "penato" cedendo a rivali di ogni tipo, ma la 312 PB curata da Forghieri che la Scuderia schiera nel 1972, lontana parente della 312 P del 1969, ha in quel 12 cilindri Boxer 3.0 i 460 cavalli vincenti, stravincenti 50 anni fa.
Tre le Rosse iscritte e una lista di piloti invidiabili che ci si alternano sopra: Jacky Ickx, Mario Andretti, Brian Redman e Clay Regazzoni, poi Ronnie Peterson, Tim Schenken e Arturo Merzario. In alcuni appuntamenti gareggiano anche Sandro Munari, Helmut Marko e Carlos Pace.
La stagione conta alla fine dieci vittorie Ferrari, 12 sommando le gare non valide per la serie. Anche in quell’occasione, come oggi, si vedevano novità di regolamento e nelle vetture: via le Sport 5.0 dentro le barchette 3.0 prototipo.
Le Rosse sono le milgiori del nuovo formato, potenti e leggere (circa 650 Kg.) capaci di ridimensionare Lola, Matra, Alfa e Porsche. Addirittura arrivano cinque doppiette Ferrari e i tifosi italiani godono, contrariamente alla F.1 di una Rossa che stravince togliendo lo scettro all’Alfa Romeo.
Irripetibile? Certo, ma già vedere la hypercar rossa che al debutto si piazza davanti a una schiera di vetture ufficiali provenienti da Europa e Asia, perché questo almeno una volta dovrà accadere, manderà in estasi il pubblico in pista nel 2023.
A quanto pare, vedendo gli investimenti di Case, aziende e sponsor, il prossimo WEC ne avrà, di pubblico presente tra paddock (basta pagare, non è come in F1) tribune e il popolare prato.