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Una settimana leggi la notizia: Ferrari in grave ritardo il progetto 666 del 2015, al simulatore la macchina va peggio della F14 T. La settimana dopo leggi che va tutto bene, che i problemi sono stati superati e che i primi riscontri sono migliori rispetto alla F14 T. Stesse pagine, magari stesso giornalista. Qualcosa non torna, lo capiscono tutti, ma non è colpa di chi scrive o pubblica certe notizie.
Più semplicemente, leggendo fra le righe, è in sintomo evidente di una guerra interna alla Ferrari i cui risultati si leggono poi all’esterno con notizie a volte contraddittorie. Chi non ha esperienza di comunicazione Ferrari, deve fare un gran passo indietro per capire queste sfumature. Prima o agli albori dell’epoca Jean Todt. Visto che qualcosa, chi scrive, l’ha vissuta in prima persona, e visto anche che sono passati un po’ di anni e qualcosa è andata in prescrizione, si può svelare l’arcano di notizie che si rincorrono e che magari o sono vere entrambe o sono false entrambe o magari sono mezze verità.
Ai tempi bui della Ferrari, parliamo del ventennio (quello di astinenza mondiale, non quell’altro…) c’erano due settori ben precisi in lotta fra loro. Da un lato i motoristi, italiani, dall’altro gli inglesi, i telaisti che facevano capo a John Barnard. I primi lavoravano a Maranello e percepivano lo stipendio da metalmeccanici Fiat con qualche bonus, gli inglesi lavoravano nel castello di Guildford appositamente costruito dalla Ferrari in Inghilterra, e collegato con Maranello da numeri brevi come se fosse un unico grande centralino, e tutto questo prima ancora che venisse inventato e usato internet come si fa oggi.
Celebre, una volta, quando un giornalista, andando in bagno, sbirciò sulla scrivania della centralinista i numeri diretti di Barnard, Ferrari o Todt per dire, che venivano poi chiamati all’occorrenza, solo che in Italia Todt non rispondeva, Barnard invece rispondeva. Eccome se rispondeva… Gli stipendi erano notevoli, con un anno di lavoro di un italiano ci pagavano sì e no tre mesi di un inglese. Quando poi i risultati non arrivavano, le due fazioni erano una contro l’altra.
La stampa come campo di battaglia
Ma per dare una bastonata al settore rivale, si usava la stampa. Trapelavano voci, indiscrezioni che le riviste specializzate e anche le pagine dei quotidiani, sia sportivi sia politici, riprendevano. Era come stare al Colosseo, uno spiffero qua, una notizia là, il motore si rompe al banco, il telaio flette e via così. A metà circa degli anni 90, chiusa la parentesi inglese Barnard e castello di Guildford, Jean Todt portò tutto a Maranello.
A quell’epoca il vostro cronista lavorava a Rombo, settimanale come il più celebre Autosprint, in edicola ancora oggi. Ebbene, ci fu un periodo in cui non beccavamo una notizia sulla Ferrari che fosse una, le pubblicava tutte la rivista concorrente. Uno smacco professionale, senza dubbio, ma anche la curiosità di capire come facessero a sapere tante cose, per giunta precise e circostanziate che poi si avveravano davvero. E’ nella natura di un giornalista avere delle fonti e loro erano bravissimi nell’avere le fonti giuste, quindi la colpa era la nostra.
La cosa dette fastidio non solo a noi, ma anche a qualche grande inviato dei quotidiani sportivi, per cui nacque una sorta di consorzio per scoprire chi era la talpa a Maranello e vedere se ci fosse la possibilità di scovare un altro canale per attingere alle informazioni. Su tutto l’allora responsabile stampa, Giancarlo Baccini, che faticava come un matto per smentire Autosprint, negare agli altri salvo poi scoprire che era vero. E anche il buon Baccini, tanto per non passare per fesso visto che Todt era inviperito, si mise alla scoperta della talpa interna.
E dai oggi e dai domani, seminando indizi falsi, ai quali abboccarono ad Autosprint, riuscimmo a sapere chi fosse la persona che forniva le indicazioni. Ci fu un incontro vivace a Maranello, Jean Todt che venne messo sotto accusa dal direttore di Rombo dell’epoca e siccome Todt era uno che non faceva sconti, volle vederci chiaro. Fu chiamata a rapporto la talpa, messo di fronte all’evidenza della notizia (stavolta falsa) che gli avevano passato apposta come una polpetta avvelenata e quando lo “spione” confessò lo fece con la calma e la serenità di chi stava facendo solo il suo lavoro: «Mi han detto di fare così e di dare delle dritte a quelli là, guardi ho qui la lettera di autorizzazione» disse.
E quando Todt vide da chi era firmata sbiancò in volto. Non potè licenziare la persona, che aveva obbedito a ordini superiori, ma gli chiese per favore di smetterla. E da allora le notizie cominciarono ad arrivare, alternate, anche a Rombo.
E la battaglia continua..
“Attenzione alle prossime notizie, qualcuna sarà vera, qualcuna possibile, qualcun'altra fasulla”
Questa lunga premessa per capire che oggi, alla Ferrari, è in corso la stessa battaglia di una volta. Gli inglesi e i telaisti da una parte, gli italiani dall’altra. Il clan inglese che lavora come se avesse la verità in tasca e gli italiani che subiscono, fino a quando una sbavatura, una chiacchiera da bar, un test andato male, diventa occasione per divulgare i difetti del progetto futuro. E una volta pubblicato, ecco che arriva la chiamata di rito: si cerca di aggiustare la frittata facendo sapere che invece va tutto bene, che sì ci sono stati problemi, ma ora sono risolti e c’è fiducia nel futuro. Insomma, è una fuga per la vittoria, se non fosse che la ridda di voci, anche contraddittorie, sta a indicare che gli animi a Maranello non sono per nulla sereni.
E quindi, attenzione alle prossime notizie, qualcuna sarà vera, qualcuna possibile, qualcun'altra fasulla. Ma siccome le fonti saranno autorevoli e fidate, il rischio di dare spazio a notizie non certe, prendendole per buone, c’è. E questo alimenterà la confusione, le aspettative e magari le delusioni quando non andrà come ci si aspettava.
Paolo Ciccarone