Ferrari deposita un brevetto per un motore V2

Ferrari deposita un brevetto per un motore V2
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Un V2 apparentemente motociclistico spunta fra i brevetti depositati a nome dell’ingegner Favaretto. Un ritorno alle due ruote o semplice stratagemma per tenere le carte coperte?
3 ottobre 2014

Ferrari e le moto non sono mai andati granché d’accordo: le due ruote sono state sempre viste con un po’ di superiorità snob dalla dirigenza del più celebre fra i marchi delle sportive a quattro ruote.

Ma esistono precedenti

In passato c’è stato un solo esempio, peraltro abbastanza forzato, di moto con il marchio Ferrari che non ha comunque avuto né un seguito di serie né grande affetto da parte degli appassionati del Cavallino. Suona quindi estremamente strano che l’ingegner Fabrizio Favaretto, in forza a Ferrari S.p.A., depositi un brevetto per un propulsore bicilindrico a V che difficilmente può trovare impiego su un mezzo diverso da un motociclo, almeno prestazionalmente parlando.

L'immagine su uno dei disegni depositati del brevetto è evidentemente una moto, ma è prassi comune depistare le indagini con schemi di fatto del tutto disgiunti dalla realtà del progetto.

Schema costruttivo originale

L’oggetto del brevetto è un motore a combustione interna con due cilindri a V i cui pistoni, evidentemente ospitati su perni di biella diversi, hanno fasatura marcatamente sfalsata arrivando ad incrociare le bielle – nella vista laterale – annullando così le vibrazioni del primo ordine. Una soluzione affascinante che potrebbe evitare l’adozione di contralberi d’equilibratura su propulsori a V stretta, simulando il comportamento di una configurazione a V di 90° come avviene ad esempio su alcuni propulsori stradali Honda.

Una moto marcata Ferrari? Lo escluderemmo, ma è invece vero che Ferrari non è nuova a consulenze esterne verso il mondo delle moto, soprattutto quando il marchio è di quelli prestigiosi o amici – ricordate il propulsore quadricilindrico della F4, inizialmente identificata come Cagiva­Ferrari?

Consulenza esterna. Ma per chi?

La soluzione sarebbe affascinante, anche se in questo preciso momento storico si fatica ad identificare un marchio papabile: con Ducati di proprietà Audi ed MV Agusta in avanzato stato di colonizzazione da parte di Mercedes resterebbero solo Aprilia e Moto Guzzi. Ma per quanto affascinante (soprattutto in ottica Guzzi) l’ipotesi appare davvero poco plausibile.

Ci sembra più probabile che il marchio del cavallino rampante stia pensando ad una V stretta per i suoi prossimi propulsori auto, presentando la minima unità (due cilindri) per cui la configurazione può avere senso ma con l’idea di replicarla creando motori a 6, 8, 10 o 12 cilindri. Restiamo in (curiosa) attesa di ulteriori sviluppi.

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