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E’ durata lo spazio di nove giorni la trattativa sulla fusione tra FCA e Renault. Che termina con un nulla di fatto: FCA ha infatti ritirato «con effetto immediato la proposta di fusione avanzata a Groupe Renault» dopo il cda che si è tenuto a Londra in contemporanea con quello, il secondo, a Boulogne-Billancourt.
FCA fa dietro-front dopo che Renault aveva preso tempo rinviando a un’ulteriore riunione, la terza, il voto per decidere sul via libera all’operazione. Con uno stringato comunicato la Casa della Losanga aveva dichiarato nella notte che «Il Consiglio di amministrazione non è stato in grado di prendere una decisione a causa del desiderio espresso dai rappresentanti dello Stato francese di rinviare il voto a un Consiglio successivo».
Dopo pochi minuti arrivava la nota di FCA: «FCA continua ad essere fermamente convinta della stringente logica evolutiva di una proposta che ha ricevuto ampio apprezzamento sin dal momento in cui è stata formulata e la cui struttura e condizioni erano attentamente bilanciati al fine di assicurare sostanziali benefici a tutte le parti. E’ tuttavia divenuto chiaro che non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo».
Nella mancata riuscita dell’operazione FCA-Renault è stato infatti determinante il peso della partecipazione dello Stato francese, maggiore azionista con il 15% della Casa di Boulogne-Billancourt. Con i rappresentanti del Governo sono state imperniate serrate discussioni condotte nelle ultime ore da John Elkann.
Parigi ha reclamato alcune condizioni, definite come necessarie per il proseguimento delle negoziazioni. Si è parlato di una possibile sede del nuovo gruppo a Parigi, ma anche della richiesta, pare accordata, di una poltrona per un rappresentante governativo nel nuovo cda che sarebbe dovuto essere paritetico, formato da quattro membri per parte.
A John Elkann invece sarebbe potuta spettare la presidenza, mentre l’amministratore delegato post-fusione sarebbe dovuto essere di sponda transalpina: tra i nomi indicati c’era quello dell’attuale ad di Renault Jean-Dominique Senard. Nel nuovo gruppo la quota pubblica francese si sarebbe diluita al 7,5%.
I Governi di Francia e Italia si sono detti da subito molto attenti alle ricadute occupazionali dell’operazione. Sia Parigi che Roma si sono dette favorevoli alla fusione, ma rimarcando entrambe la necessità di preservare i posti di lavoro nazionali. Il Ministro dell’Economia Bruno Le Maire aveva parato di una «reale opportunità per Renault e l'industria automobilistica francese», sottolineando però la necessità di un «rigoroso rispetto delle quattro condizioni» perché l'unione con FCA fosse andata in porto: «Rispetto dell'alleanza Renault-Nissan, tutela dei posti di lavoro e degli stabilimenti industriali, governance equilibrata e partecipazione del futuro gruppo al progetto europeo sulle batterie elettriche».
Da Roma a seguire da vicino la trattativa è stato il Ministero del Lavoro e vicepremier Luigi Di Maio: «Stiamo monitorando l’operazione per conoscere il notevole valore aggiunto che dovrà portare all’Italia. Diamo per scontato che si salvaguardino prima di tutto i lavoratori e che, piuttosto, attraverso il mantenimento e il potenziamento del piano di investimenti sugli stabilimenti italiani, questi aumentino nel prossimo futuro», aveva detto il ministro.
Evidentemente le distanze politiche tra Roma e Parigi e i rispettivi interessi nazionali in questo momento storico hanno pesato in maniera determinante sui primissimi passi di un progetto che avrebbe potuto determinare il terzo polo mondiale dell’automobile, con possibilità di diventare il primo attraverso ulteriori legami con Nissan. «FCA esprime la propria sincera gratitudine a Groupe Renault, in particolare al suo Presidente, al suo Amministratore Delegato ed agli Alliance Partners, Nissan Motor Company e Mitsubishi Motors Corporation, per il loro costruttivo impegno in merito a tutti gli aspetti della proposta di FCA. FCA continuerà a perseguire i propri obiettivi implementando la propria strategia indipendente», ci ha tenuto a sottolineare il Gruppo italoamericano, come a rimarcare che i rapporti con i colleghi d’Oltralpe sono e rimangono ottimi.