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Di solito, la Borsa non sbaglia: a giudicare dalla fibrillazione delle azioni FCA, in forte crescita nelle ultime ore, in molti sono portati a ritenere ormai imminente l’ok di Intesa-San Paolo al finanziamento da 6,3 miliardi di euro chiesto dall’azienda (che fu) torinese.
La banca guidata da Carlo Messina sarebbe in procinto di dire sì, attraverso delibera del suo CdA alla richiesta di FCA Italy, primo decisivo tassello nel percorso per ottenere la garanzia pubblica SACE sull'80% (e non sul 70% che le spetterebbe da decreto) del prestito.
Anche se l’ultima parola resta ovviamente in capo al Ministero dell’Economia, non c’è dubbio che presentarsi a Roma avendo in tasca l’appoggio dell’istituto bancario rappresenta per FCA l’equivalente di un jolly al tavolo da gioco.
La materia, infatti, è delicata: nei giorni scorsi, il Governo aveva ipotizzato di porre alcune condizioni alla concessione della garanzia, prima tra tutte cui il rinvio a fine 2021 del pagamento del dividendo straordinario da 5,5 miliardi facente parte del piano di integrazione con PSA (con pagamento prima del closing dell'operazione atteso nel primo trimestre 2021).
In ogni caso, il ministro Gualtieri conferma che «verranno poste condizioni molto rigide, come quella che le risorse eventualmente erogate siano tutte utilizzate per il pagamento della filiera di fornitori in Italia, oltre alla conferma di tutti gli investimenti nella Penisola e dei livelli occupazionali dei lavoratori».
Il timore di quanti si oppongono all’erogazione del prestito è che, sulla scia anche dei comportamenti passati non proprio virtuosi dell’azienda automobilistica, le garanzie chieste oggi non siano poi rispettate nel futuro, anche a causa della vaghezza delle norme presenti nel decreto.
Laddove infatti si parla di “gestione dei livelli occupazionali attraverso accordi sindacali”, non c’è un chiaro riferimento al mantenimento di tutti i posti di lavoro, ma si prefigura la sola loro negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori.
Altra delicata questione, quella relativa ai tassi d’interesse sul denaro erogato: FCA, attraverso la sua finanziaria, di solito fornisce prestiti alla rete dei concessionari con tassi oscillanti dal 5 al 6%; visto che l’eventuale erogazione del prestito statale non avverrà con valori superiori al 2% annuo, appare logico chiedere che siano rivisti tutti i termini relativi agli impegni finanziari ed economici del Gruppo, evitando fin da subito che ci siano premesse per un’operazione di enormi dimensioni che si riveli a tutto vantaggio dell’azienda che ne gode.
In altre parole: che non siano gli italiani ad offrire l’ennesima occasione a FCA per fare utili solo ricorrendo a giochetti di prestigio finanziari e non, come pure dovrebbe, vendendo vetture.