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Siamo ancora alle indiscrezioni, riportate però con una certa sicurezza dalla stampa americana. Pare che FCA e il Dipartimento di Giustizia USA abbiano trovato un accordo sulla questione dei modelli con motore Diesel V6 3 litri, 104.000 modelli Ram 1500 e Jeep Grand Cherokee, prodotti tra il 2014 ed il 2016 e dotati di un software illegale che avrebbe permesso di mascherare le emissioni reali dei veicoli.
FCA pagherà sanzioni e indennizzi che complessivamente ammonteranno a circa 700 milioni di dollari. La cifra sarà suddivisa così: in 311 milioni di dollari consisterà la sanzione vera e propria, ai quali vanno aggiunti almeno 75 milioni di dollari agli stati americani che stanno indagando sulle emissioni dei Diesel truffaldini, mentre altri 280 milioni serviranno per patteggiare con i proprietari delle auto nel mirino delle indagini delle autorità americane, i quali dovrebbero ricevere una compensazione di circa 3.000 dollari ciascuno.
L'accusa da parte della EPA, l'autorità americana competente in materia di ambiente, era stata ufficializzata nel gennaio del 2017, ma le indagini erano partite nel 2015, ovvero nel pieno dello scandalo “Dieselgate” di Volkswagen, che aveva spinto i detective dell'agenzia a indagare anche su altre Case (nel mirino è finita anche General Motors).
Secondo la Environmental Protecton Agency le emissioni di NOx rilevate durante test indipendenti in «uso e condizioni normali» erano risultate superiori al dato dichiarato. Approfondendo, i tecnici federali avevano rinvenuto «otto frammenti di software che possono alterare la maniera in cui un veicolo emette sostanze inquinanti».
FCA ha sempre smentito pubblicamente le accuse, ma nel frattempo ha accantonato 815 milioni di dollari, messi a bilancio proprio per far fronte alle eventuali sanzioni che sarebbero potute arrivare dalle indagini e che ormai sembrano pronte ad essere ufficializzate.
La multa è comunque di gran lunga inferiore a quanto Fiat Chrysler Automobiles avrebbe rischiato di sborsare. Secondo una prima dichiarazione della EPA, la sanzione sarebbe potuta arrivare a ben 4,63 miliardi di dollari, secondo quanto riferito all'epoca dalla rappresentante dell'Environmental Protection Agency Cynthia Giles.
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