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Ma quanto corre l’evoluzione tecnologica, di cui tanto sentiamo parlare, nella F1? Con Brembo approfondiamo l’aspetto della frenata, dando i numeri del cambiamento e capendo anche com’è variato il modo stesso in cui i piloti si comportano, nel rallentare e fermare le proprie monoposto. Nell’ultimo decennio (2008 – 2018) sono cambiate e non poco anche le vetture, le gomme e i motori, ma è pur sempre il sistema frenante in senso stretto l’autore delle incredibili decelerazioni compiute. Come riferimento per il confronto, abbiamo i dati di tutte le frenate al GP Canada, 2008 e 2018 ovviamente.
Lo spazio di frenata diminuisce del 22,2%: nel 2008 una frenata al circuito Circuit Gilles Villeneuve richiedeva in media 113 metri, quest’anno bastano invece 88 metri. Un caso specifico è quello della penultima curva, che porta al Muro dei Campioni: le monoposto hanno percorso quest’anno in frenata 98 metri mentre 10 anni fa, ne servivano 117, di metri a pedale premuto.
La riduzione dei tempi di frenata non è andata di pari passo con gli spazi: a Montreal in 10 anni l’uso dei freni sul giro si è ridotto di un paio di secondi, pari al -15,5 %. Più evidenti le differenze quando la sequenza di curve è intensa, come in tre delle quali i piloti usavano i freni per oltre due secondi nel 2008 (in una di queste per tre secondi abbondanti) mentre oggi gli impieghi massimi sono di 2,44 secondi alla curva 10 e di 2 secondi alla 13.
Conseguenza logica di quanto sopra è che sia cresciuta la forza esercitata dai piloti sul pedale del freno, così come la potenza degli impianti frenanti. Nel 2008, in media i piloti esercitavano un carico di 129 kg, mentre quest’anno il valore medio è salito a 134 kg: un 4% che ha reso più dispendiosa la guida. È aumentata parecchio anche la potenza degli impianti frenanti: dal 2008 ad oggi, si sono evolute le caratteristiche della lega in alluminio-litio delle pinze freno. Le pinze sono di maggiore complessità nelle geometrie, esasperate per ottimizzazione del rapporto rigidezza-peso e per ottenere il raffreddamento indispensabile.
Dieci anni addietro il valore della decelerazione massima media a Montreal, era di 4,2 G mentre nel 2018 il valore supera i 4,7 G: un incremento dell’11,9%. Alla curva 8 la decelerazione raggiunge i 4,9 G a fronte dei 4,4 G che venivano sperimentati nel 2008. Ancora più elevata la variazione alla prima curva: dai 3,7 G di 10 anni fa ai 4,8 G di quest’anno. Analoghe variazioni ci sono anche negli altri tracciati e la differenza sarà ancora più evidente in una pista come Monza, dove nel 2008 la decelerazione non superava mai i 5 G. Quest’anno secondo il simulatore, l’ingresso della Parabolica dovrebbe superare abbondantemente i 6 G.
È qualcosa che si nota, in molte inquadrature TV: nel decennio aumenta il numero dei fori e diminuiscono le dimensioni dei dischi: nel 2008 i fori di ventilazione di un disco di F1 erano circa 200. Già nel 2014 le monoposto di sono arrivate a impiegare dischi con oltre 1.000 fori. L’incremento della superficie del disco esposta alla ventilazione, garantisce una maggiore dispersione del calore, riducendo la temperatura d’esercizio. Nei dischi in carbonio la temperatura può addirittura raggiungere picchi di un migliaio di gradi per brevissimi istanti. Dal 2017 lo spessore dei dischi sale da 28 a 32 mm, incrementando lo spazio per i fori. Oggi si arriva a 1.400 fori di ventilazione nelle versioni più estreme. I fori, su 4 file, misurano 2,5 millimetri di diametro e sono realizzati uno ad uno da un macchinario di precisione: una lavorazione dalle 12 alle 14 ore, con tolleranza di soli 4 centesimi di millimetro.
Anche le pastiglie hanno subito cambiamenti. L’area complessiva è cresciuta poco meno del 2% (da 4.000 mm a 4.070 mm) ma ora appaiono più allungate: nel 2008 misuravano 106 x 25 mm, nel 2018 185 x 22 mm. Per ovviare a problemi di temperatura ed energia crescenti, anche la forma delle pastiglie si è esasperata: dispongono infatti di fori ventilazione che sono personalizzati.
Le pinze freno hanno subito un percorso divergente: da un lato si è privilegiata la semplificazione delle scelte in pista, ma dall’altro è sempre più evidente la personalizzazione in partnership con le scuderie. Nel 2008 esistevano pinze differenti a seconda del circuito, ma da qualche anno ogni scuderia utilizza un'unica tipologia. Oggi però, contrariamente a 10 anni fa, la F1 richiede una profonda personalizzazione degli impianti frenanti. Ciascuno dei team richiede un sistema “su misura”, integrato con il design della monoposto e soggetto ad uno sviluppo continuo. La perfetta integrazione con il sistema di raffreddamento del corner (presa d’aria, drum, deflettori…) e con l’aerodinamica, fa sì che ogni componente sia unico. Anche le preferenze dei piloti incidono: chi predilige pinze più leggere, per abbassare il peso dell’auto, pur perdendo qualcosa in termini di rigidezza; chi privilegia la rigidezza, a scapito della massa. Nel complesso, a fronte di una riduzione di peso pari a 15% rispetto al 2008, la lavorazione delle pinze risulta oggi estremamente più complessa.
Il Brake By Wire (BBW) arriva nel 2014. L’impianto posteriore non è più azionato direttamente, ma dall’impianto idraulico in alta pressione (quello che aziona cambio, o power steering) tramite controllo della centralina elettronica, che tiene conto delle due MGU e della ripartizione frenante impostata dal pilota. Sull’asse posteriore l’energia da dissipare a parità di attrito si è ridotta, essendo in parte recuperata dalla MGU-K: si può così impiegare una pinza meno ingombrante e più leggera. Oltre alle tradizionali pinze a 6 pistoni, Brembo fornisce ad alcuni team pinze a 4 pistoni, da utilizzare al posteriore per maggior leggerezza.