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Dopo una serie di ritardi, la Commissione Europea ha ufficialmente pubblicato la proposta per le nuove norme anti-inquinamento che andranno a definire l’Euro 7, in sostituzione dell’Euro 6 presente dal 2014. Molto probabilmente sarà una delle ultime norme legate ai motori a combustione, considerando l’avvicinarsi del 2035 quando sarà vietata la vendita di vetture termiche.
Non tutti ne sono stati entusiasti da subito però, in primis le Case automobilistiche stesse: hanno “lottato” duramente contro le nuove norme, sostenendo che il denaro speso per omologare i motori alle nuove misure si sarebbe potuto investire direttamente per ridurre i costi dell’elettrificazione. Anche perché, così facendo, non ci sarebbe stata necessità di una nuova normativa: il processo autonomo avrebbe ridotto sempre di più le emissioni con l’aumentare del parco circolante ibrido ed elettrico.
Primo fra tutti gli oppositori è proprio Carlos Tavares, CEO di Stellantis, che ha definito l’Euro 7 come un “diversivo dall’obiettivo principale di elettrificazione globale”. Sempre Tavares si era già espresso fortemente sulla questione costi della transizione, sostenendo l’ingiustizia di far sostenere ai clienti finali il prezzo aggiuntivo dell’elettrificazione.
Le continue spinte contrarie delle case automobilistiche sembrano esser state ascoltate dalla commissione, almeno parzialmente. Complice forse anche l’inflazione in crescita, di pari passo naturalmente con i prezzi delle auto, le normative Euro 7 sono meno stringenti di quanto si temesse. Eppure, segnano uno strappo dal passato: per la prima volta, gli standard omologativi di benzina e diesel si equivalgono per quantità di inquinanti, come l’ossido di azoto (NOx). Ci sono anche inasprimenti per il trasporto su gomma, con limiti per la polvere dei freni e le particelle di pneumatici.
Tutto sommato si potrebbe dire una vittoria, un bene per l’ambiente e norme relativamente fattibili per i costruttori, ma la verità è che si può distinguere quasi nettamente chi ne trarrà realmente vantaggio, e chi invece ne patirà le maggiori conseguenze.
Ambiente: Chiaramente la qualità dell’aria sarà la prima delle traenti beneficio, cosa che si ripercuoterà anche sulla salute pubblica. Secondo l’Unione Europea, nel 2018 sono state oltre 70.000 le morti premature causate da un’esposizione prolungata al NOx e al mini-particolato del traffico stradale, che occupa il 39% delle emissioni di ossidi di azoto globali. La percentuale sale al 47% nelle città, dove in effetti risiede la maggior parte degli individui più colpiti. Sono invece 300.000 i decessi dovuti all’inquinamento atmosferico in generale.
Industria del controllo emissioni: l’AECC ha esercitato forti pressioni affinché le le proposte europee per l’Euro 7 fossero “ambiziose”, perché ciò andrebbe economicamente a giovare aziende come Johnson Matthey, NGK e Vitesco che producono filtri e catalizzatori. Qualunque restrizione significherebbe una maggior quantità di questi prodotti montati su ogni vettura, benzina o diesel che sia, migliorando sicuramente le finanze di questi produttori. A lungo termine, comunque, le cose cambieranno, vista la poca utilità che queste componenti avranno quando il mercato sarà totalmente elettrico.
Fornitori di freni e pneumatici: una promessa dell’Euro 7 riguarda proprio la limitazione di particolato prodotto dalla polvere dei freni e dalle particelle di pneumatici. Vale a dire che i costruttori di queste componenti dovranno offrire nuove tecnologie, quasi sicuramente più costose ma tecnicamente obbligatorie, portando migliori incassi. Per il momento comunque non ci sono dati ufficiali per le limitazioni di emissioni causate dagli pneumatici, mentre per i freni in caso di veicoli fino a 3,5 tonnellate si parla di 7 mg/km fino al 2035, e poi 3 mg/km.
Mezzi pesanti e autobus: autocarri e autobus con motori a gasolio dovranno ridurre le emissioni di Non del 78% rispetto all’attuale, passando da 400 mg/km a 90 mg/km. Secondo l’Unione Europea, i costi per raggiungere la conformità omologativa per questa tipologia di veicoli si attesta sui 2.700 euro per ogni esemplare. Basta fare due conti, ed ecco che ogni mille veicoli escono fuori 2,7 milioni di euro. Denaro che si sarebbe potuto investire per l’elettrificazione di questi modelli tramite batterie o celle a combustibile, anziché per tapparne semplicemente le emissioni di gasolio.
Acquirenti nell’Unione Europea: si prevede un aumento di prezzo per ogni vettura, causata dalle nuove norme anti-inquinamento da soddisfare. Secondo la Comunità Europea si parla di poco oltre i 300 euro. Prezzi, però, che sono già in impennata per via dell’inflazione e della crisi da semiconduttori, oltre all’elettrificazione in corso d’opera. Oltretutto, questo porterà le Case automobilistiche a lanciare con più fatica nuovi modelli elettrici a prezzi accessibili, senza dimenticare che l’infrastruttura di ricarica ancora non è realmente pronta.
Motori diesel: Secondo le norme, le vetture a gasolio dovranno ridurre le emissioni di NOx del 25% portandole a 60 mg/km, rispetto agli attuali 80 mg/km della normativa Euro 6. I costi aggiuntivi richiesti per allinearsi a questa restrizione potrebbero accelerare sensibilmente il declino di offerta del motore diesel, a fronte di una domanda sì ridotta (già dal 2010, ma soprattutto dopo lo scandalo del Dieselgate) ma non ancora realmente assente - non da chi percorre regolarmente lunghe distanze quantomeno. Molte città stanno già bloccando la circolazione dei vecchi diesel, con Milano che blocca anche gli Euro 5, intanto che le vendite di elettriche e plug-in combinate hanno superato quelle dei diesel in molti mercati. E pensare che appena 10 anni fa i diesel rappresentavano fino al 70% delle vendite in certi Paesi.
Case automobilistiche europee: A prima vista, si direbbe che ogni inasprimento delle normative - e dunque costi, sviluppi e certificazioni - possa significare una perdita per i costruttori. E invece solo i motori diesel, il cui mercato è già in forte calo, devono aggiornarsi profondamente per rispettare i nuovi standard più severi. Poteva sicuramente andare peggio, anche perché le Case automobilistiche hanno già da tempo semplificato la propria offerta di motori a combustione in generale e a gasolio in particolare, intanto che le elettriche conquistano sempre più margine.
Questo però non significa che sarà un passaggio indolore: secondo alcuni rapporti, il più grande gruppo industriale europeo, Volkswagen, dovrà affrontare costi di conformità per 400 milioni di euro solo sulle autovetture, mentre il secondo super-gruppo EU, Stellantis, ne avrà per 350 milioni di euro. Costi che potrebbero andare a influire ulteriormente sulle auto di piccole dimensioni, colpite in modo sproporzionato dall’inflazione e da qualunque aumento dei costi per via del loro prezzo economico. Molti costruttori hanno già rinunciato alle city-car vere e proprie, affermando che sarebbe troppo costoso andare a conformarle per gli standard inquinanti moderni, perché non si sarebbe più in grado di venderle a prezzi accessibili e coerenti.