Enrico De Vita: «Sul diesel l’Europa commette un clamoroso autogol»

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Enrico De Vita: «Sul diesel l’Europa commette un clamoroso autogol»
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Il nostro editorialista è stato ospite della trasmissione radiofonica “I conti della belva“, condotta su Radio24 da Oscar Giannino
8 marzo 2018

Esordisce Oscar Giannino: “Davvero il diesel ha le ore contate? Tutto sembra andare in questa direzione, dopo la recente sentenza del Tribunale di Lipsia che autorizza alcuni Comuni tedeschi a vietare la circolazione anche per i modelli Euro4 e 5 e dopo la nota di FCA che annuncia anche da parte del Gruppo ancora guidato da Marchionne la progressiva dismissione dal settore, ennesima mossa in un effetto domino che coinvolge le Case costruttrici europee, da sempre leader nella produzione di modelli alimentati a gasolio.

E se dietro l’attacco al diesel ci fossero motivazioni che poco o nulla hanno a che fare con la difesa dell’ambiente, quanto piuttosto manovre di una guerra commerciale non dichiarata ma in pieno svolgimento che vede all’attacco USA e produttori asiatici e sulla difensiva le aziende europee? 

Senza inseguire i fantasmi del complottismo, restiamo su questioni concrete: la Commissione Europea rileva che ben 130 città presentano livelli di ossido di azoto troppo alti, e chiede provvedimenti immediati. Il primo: stop alle vetture diesel. Ma si tratta di una decisione giusta?”

Chiamato a rispondere sull’argomento nel corso della trasmissione radiofonica da Oscar Giannino, il nostro editorialista Enrico De Vita ha ribadito concetti già altre volte espressi: «Chi muove guerra al diesel agitando lo spauracchio dell’inquinamento e dell’effetto serra, è poco informato e spesso confonde le due questioni che invece andrebbero sempre tenute distinte: effetto serra e inquinamento (inteso come gas nocivi per l’uomo).

Chi muove guerra al diesel agitando lo spauracchio dell’inquinamento e dell’effetto serra, è poco informato e spesso confonde le due questioni che invece andrebbero sempre tenute distinte: effetto serra e inquinamento

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L’effetto serra è causato dall’immissione nell’aria di CO2 (anidride carbonica) gas innocuo, che emettono gli esseri viventi quando respirano ed anche i motori, con un ruolo positivo nel processo della fotosintesi delle piante ma che è anche responsabile del riscaldamento del pianeta. Quello che però si tace è che il maggior responsabile del riscaldamento terrestre è il metano, attivo da 60 a 300 volte in più, emesso da tutte le produzioni agricole e dagli allevamenti intensivi di bestiame: ma nessuno chiede di limitare queste pratiche e si preferisce accusare il diesel, che per paradosso è anche il motore che emette fino al 30% in meno di CO2 rispetto agli altri propulsori. 

Passiamo ai gas inquinanti: il diesel è totalmente esente da emissioni di ossido di carbonio (CO), che sono pari a zero. Addirittura, sui modelli più recenti non si riesce neppure a misurare la quantità emessa, perché è così bassa che è al di sotto degli standard minimi di rilevamento degli strumenti.

Il diesel ha invece una produzione maggiore di ossidi di azoto (NOx) perché essendo un motore privo di farfalla non parzializza l’aria e ne aspira tanta anche al minimo, rispetto ai motori a benzina che ne aspirano circa un decimo.

Morale, la quantità virtuale di ossidi di azoto attribuita al diesel non è quella reale misurata allo scarico, ma quella che salta fuori nel ciclo NEDC, che prevede numerose soste al minimo. Infatti, in autostrada, entrambi i motori, benzina e diesel, respirano grosso modo la stessa quantità d’aria e quindi le emissioni “vere” si equivalgono. 

Gli ossidi di azoto, poi, non sono pericolosi per l’uomo da soli: però diventano irritanti se si trasformano in ozono. Ma ripeto, da soli non provocano effetti cancerogeni: è inutile quindi misurare la percentuale di ossidi d’azoto presente nell’aria, perché sono fondamentalmente innocui. Possono dar luogo ad acido nitrico e poi a nitriti e nitrati (cancerogeni se assunti in grande quantità) ma solo dopo la combinazione con acido carbonico, come accade spontaneamente in natura, quando la pioggia si carica di composti azotati rendendo fertili i terreni».

Ed il problema delle polveri sottili, del riscaldamento degli edifici che ne producono il triplo o il quadruplo rispetto a tutti i mezzi di trasporto?

«Basta tornare indietro di qualche anno con la memoria, quando negli anni 60 a Milano la nebbia si tagliava con il coltello: allora, con pochissime auto diesel in circolazione, c’era nell’aria una media 175 mg di polveri sottili per metro cubo, con punte di 1.700, a causa del riscaldamento delle abitazioni col carbone, con l’olio pesante, con la legna. Ma c’era anche chi stava peggio: a Londra, per esempio, si arrivava anche a valori di 5.000 microgrammi per metro cubo.

Nel tempo ci sono state molte modifiche alle norme: il limite di attenzione era di 300, oggi a 50 scatta lo stato d’allerta; metà del parco circolante è formato da auto diesel, ma l’aria è molto più pulita, con una media annua di 40 e punte settimanali di 70 o 80 mg per metro cubo. Eppure, ce la prendiamo con il motore diesel, che è più pulito anche rispetto al benzina, e non si prendono provvedimenti riguardo i camini ed il riscaldamento domestico».

L’Europa sta distruggendo un suo gioiello, rinunciando ad un primato industriale e favorendo economie straniere, visto che le componenti di vetture elettriche o ibride, dalle terre rare per i motori, al cobalto per le batterie a carica rapida, non sono disponibili in Italia. Stiamo sacrificando un’eccellenza che andava difesa, finendo col favorire interessi altrui

Americani e cinesi hanno una precisa strategia industriale: perché in Europa la assecondiamo?

«In tutte le grandi civiltà, ad un certo momento è nato un virus che ne ha innescato la fine. Qualcosa del genere sta facendo oggi l’Europa, dal punto di vista industriale, mettendo il diesel alla gogna, come non fanno altre nazioni. In Cina, in Giappone, ed anche in America, l’industria sta creando alternative al diesel, ma la stampa, e quindi l’opinione pubblica, non lo demonizza come accade da noi. L’Europa sta distruggendo un suo gioiello, rinunciando ad un primato industriale e favorendo economie straniere, visto che le componenti di vetture elettriche o ibride, dalle terre rare per i motori, al cobalto per le batterie a carica rapida, non sono disponibili in Italia. Stiamo sacrificando un’eccellenza che andava difesa, finendo col favorire interessi altrui».

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