Enrico De Vita: male informati e tartassati, ecco cosa è successo alle accise 2023

Enrico De Vita: male informati e tartassati, ecco cosa è successo alle accise 2023
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Ora che si è posato il polverone delle accise sulla benzina, ed è entrato in vigore il decreto sulla “accisa mobile” nel cosiddetto Decreto Carburanti del 15 gennaio, è tempo di fare un po’ di chiarezza con il nostro ingegner Enrico De Vita
22 gennaio 2023

In compagnia del nostro ingegner Enrico De Vita vogliamo capire come si è arrivati a questa situazione riproponendo le stesse domande che ci siamo fatti tutti noi automobilisti sul tema dei rincari, dei controlli, di chi e come decide quanto dobbiamo pagare un litro di benzina, gasolio e GPL.

Ingegner De Vita, prima domanda: cosa è successo realmente tra fine anno, l'esplosione dei prezzi e il Decreto Carburanti?

Tecnicamente non è successo nulla di imprevisto: il prezzo del petrolio si è mantenuto stabile o in discesa, come è oramai da alcuni mesi, e l’unica variabile è stato il ripristino della quota di accisa ancora in sospeso pari a 18 centesimi di euro per litro. La prima parte dell’accisa era già stata ripristinata ai primi di dicembre. E l’aumento è stato riportato puntualmente nei prezzi alla pompa delle principali reti, così come prevede la legge. Qualche rete di distribuzione, approfittando della cosa, ha pensato di metterci anche un proprio personale aumento, calcolando il fatto che  la maggior parte degli automobilisti o non se ne sarebbe accorta o avrebbe imputato l'incremento alle accise. E qui occorre fare una digressione su come è organizzata la rete di vendita dei carburanti in Italia, sennò non ci capiamo.

Si, perché è un po’ complessa e ha influenza sui prezzi. Ci sono le “cinque grandi” Eni, IP, Q8 e Tamoil ed Esso, che tra poco lascerà l'Italia. E poi?

Le pompe che espongono I grandi marchi possono essere di proprietà della stessa azienda o appartenere a privati, che le gestiscono in concessione. E poi ci sono le pompe bianche, che sono imprese individuali o organizzate in piccole reti su base locale, a volte su un’intera provincia che operano al di fuori dei marchi blasonati. Infine, e ne dobbiamo tenere conto, ci sono le catene della grande distribuzione, che ospitano alcuni impianti “interni” come Iper con prezzi alquanto convenienti. Ognuno di noi oramai ha imparato a districarsi con le forti differenze di costo che ci sono fra queste reti, anche in base alla dislocazione: impianti autostradali, centro commerciale, strade provinciali, isole, montagna, zone di confine eccetera. Senza parlare poi delle diverse tariffe per il servito e il self service. Basta dire che tra un pieno da 50 litri di gasolio “servito” in autostrada presso un marchio famoso e uno al self del centro commerciale ci corrono anche 11 euro di differenza (dati Staffetta Quotidiana del 20 gennaio 2023, ndr). Per tornare a ciò che è successo dal primo gennaio, quasi tutti i servizi giornalistici hanno presentato i nuovi prezzi citando quelli “massimi”, che sono arrivati anche a 2,3 euro al litro per il gasolio paragonandoli con i prezzi medi di dicembre (1,727 euro al litro, fonte Mise ndr) e gridando allo scandalo per un aumento di quasi 50 centesimi al litro, e sarebbe stato anche giusto se fosse stato vero, ma non è andata così. La stragrande maggioranza delle pompe delle grandi reti (al di fuori delle autostrade, poi spiegheremo il perché) ha aumentato i prezzi dei soli 18 centesimi dell’accisa, arrivando al massimo a 1,9 euro/litro per il gasolio. In alcuni casi, però, aggiungendo il 22% di Iva sull’incremento di accisa.

Quindi l’informazione è stata distorta? Gli aumenti ci sono stati…

Sì, ma i media hanno fatto di ogni erba un fascio. È stato presentato come un fatto nazionale quello che in realtà è stato un fenomeno speculativo locale di piccole e medie reti di vendita o addirittura di singoli cha hanno inteso cavalcare la tigre dell’accisa per lucrare sul venduto. Ovviamente non c’è nulla di illegale, il mercato è libero, ma questi operatori hanno distorto la visione generale sull’andamento dei prezzi. Il problema dei piccoli distributori non è nemmeno quello, per la verità, c’è molto di peggio. 

Di peggio? Ma la Guardia di Finanza non fa i controlli?

Si, la Guardia di Finanza fa circa 5.200 controlli l’anno e nel 2022 ha registrato poco più di 2.800 violazioni, tutte riferibili a irregolarità - diciamo così - minori, ovvero la mancata esposizione dei prezzi o in alcuni casi la differenza fra il prezzo sulla pompa e quello esposto (e qui la raccomandazione di stare attenti è ovvia) e in altri casi la mancata comunicazione al Ministero dei prezzi o dei quantitativi. Ma c’è un dettaglio: i distributori in Italia sono 20.800, quindi secondo la legge delle probabilità ogni punto vendita può incappare in un controllo ogni quattro anni, troppo. E da questi controlli sfuggono molto spesso le tre forme di truffa più diffuse sui carburanti.

Truffe? Quindi vendite di carburanti "taroccati" o allungati?

Ci sono stati tre tipi di illeciti in passato che sono stati spesso oggetto di indagini difficili e complesse, ma possiamo affermare che ancor oggi riguardano il 15% dei punti vendita: la prima è costituita dai mancati controlli sul normale deterioramento della qualità dei gasoli dovuto ai depositi di acqua o altri residui nelle cisterne. Fare i controlli costa, la pulizia dei serbatoi anche, quindi la si riduce al minimo. Per evitare la proliferazione delle muffe, spesso si aggiunge cloro. Questo tipo di “risparmio” in certi casi viola le norme sulla qualità dei carburanti fissate dallo Stato e ovviamente provoca danni ai motori, perchè il cloro mette fuori uso il filtro antiparticolato. Si può determinare questa pratica solo facendo costose analisi di campioni presso laboratori specializzati, che tuttavia richiedono anche una settimana ciascuno. Questo problema riguarda solo il diesel, ma la vendita di gasolio vale il triplo delle vendite di benzina (dati Unem 2022).

Questo danneggia direttamente i cittadini, poi ci sono le frodi allo Stato…

Questo è un altro aspetto molto grave, riscontrato più volte durante le mie inchieste sulle benzine: in alcuni punti vendita sono state trovate sostanze come il benzolo o il tricloretano che, pur essendo degli ottimi combustibili, non possono essere vendute come carburanti perché non rispettano le norme motoristiche e non sono soggette alle accise. In realtà sono sostanze pregiate usate nell’industria come solventi nei lavaggi e come tali dovrebbero essere smaltiti con procedure apposite e costose. La tentazione di usarli invece per “allungare” i caburanti è proporzionale a quella che passa tra un costo elevato e un guadagno garantito. Nessuno se ne accorge perché il motore funziona ugualmente con regolarità, ma è ovvio che si tratta di truffa in commercio ed evasione fiscale. Il benzolo, in particolare viene usato per lavare le schede elettroniche dal silicone di lavorazione, dopodiché, carico di questa sostanza, brucia benissimo in camera di scoppio ma provoca la formazione di palline di vetro che si accumulano sulle candele e successivamente si staccano e rigano le canne dei cilindri. Nel gasoli vengono poi smaltiti olii industriali vegetali o minerali, come quelli da tranciatura, che vengono aggiunti all’ultimo momento, quindi sfuggono ai controlli e, anche in questo caso, addio IVA e accise. Per non parlare di veri e propri fenomeni di contrabbando di carburante, oggi più che mai frequenti, ovvero l’immissione nelle reti di vendita di carburanti provenienti da Paesi che hanno qualità del prodotto o accise minori. E soprattutto sfuggono ai controlli della Guardia di Finanza.

Ma fanno tutti così? 

No, bisogna essere chiari, le grandi marche di prodotti petroliferi e i loro punti vendita hanno adottato politiche e controlli molto severi della qualità e della provenienza dei carburanti, da tempo le pompe incorporano sistemi di analisi automatica (soprattutto per l’acqua) e certe cose non le fanno. Anche le principali aziende indipendenti sono molto severe nei controlli, ma la rete italiana è troppo frammentata per fare verifiche puntuali (ci sono 20.800 distributori contro i 14.500 della Germania, e circa 10.000 di Francia e Spagna) e questa è anche una delle ragioni per cui i nostri prezzi sono tra i più cari d’Europa (anche se per le accise non ci batte nessuno). Troppi distributori, troppe occasioni e tentazioni per i “furbetti” di passarla liscia.

Ma sono le accise ad essere le più alte, non i prezzi alla fonte.

Le accise, e l’IVA del 22% sulle accise - non dimentichiamo la tassa sulla tassa - sono state costanti, a parte gli effetti del decreto Draghi dello scorso marzo 2022.  E questo acuisce ancora di più uno dei grandi misteri dei carburanti. Il prezzo del greggio è sceso del 34% negli ultimi sei mesi (a giugno del 2022 era di 120 dollari al barile, ora circa 80, ndr), mentre benzina e gasolio fluttuano in modo totalmente indipendente, perché il prezzo è regolato molto più dalla domanda, dall’offerta e dalle scorte che dalla produzione nei pozzi. E questo è particolarmente vero per il gasolio, che infatti come prezzo alla pompa ha superato di slancio la benzina, nonostante il gasolio paghi in Italie un’accisa alquanto inferiore a quella della benzina (0,617 euro al litro contro 0,728).

Un fenomeno facilmente spiegabile col fatto che il gasolio venduto in Europa veniva importato principalmente da giacimenti e raffinerie russe, ora sotto embargo, quindi si è venuta a creare una carenza di offerta a fronte di una domanda molto alta, specialmente per i trasporti commerciali, che hanno ripreso vigore dopo la pandemia. Meno offerta e più domanda uguale... prezzi che salgono, a prescindere dalla materia prima. Più nel dettaglio, i grandi distributori di carburanti non hanno visto di  buon occhio una possibile riduzione dei loro guadagni dovuta al calo del greggio, e hanno aggiustato i prezzi finali di conseguenza.

Ma alla fine è stato giusto ripristinare le accise al 100%?

Dipende da che parte lo si vede, se dalla maggioranza - che deve confrontarsi con tutti ma poi deve fare delle scelte - o dall’opposizione, che rivendica una mancata promessa fatta agli elettori. La cifra in ballo oscilla fra i 9 e i 10 miliardi di euro; mantenere la riduzione e lasciarla tutta nei carburanti - anche se può far piacere agli automobilisti - avrebbe significato agevolare solo una parte degli italiani. Usare questi soldi per le bollette di luce e gas è un vantaggio più piccolo, ma meglio distribuito. I due provvedimenti adottati il 15 gennaio con nuovo decreto, che hanno determinato lo sciopero dei benzinai in programma il 25/26 gennaio, sono entrambi efficaci: l’accisa “mobile” (ovvero un'accisa che si contrae quando sale l'importo dell'IVA) ma sopratutto l’obbligo di espore il prezzo medio regionale alle pompe, che servirà a rendere più consapevoli gli automobilisti che potranno scegliere il pieno più vantaggioso.

Si ma in autostrada è difficile poter scegliere e i prezzi sono sempre altissimi.

È una legge di mercato basata sul servizio che viene offerto: gli impianti autostradali sono aperti 24 ore al giorno e 365 giorni l’anno, c’è sempre un addetto che può venire in aiuto, hanno spesso spazi di parcheggio e per la piccola manutenzione, il bar, i servizi igienici. Tutta roba che costa, per non parlare del fatto che le aree sono di proprietà della concessionaria dell'autostrada, che pretende l’affitto. Si può discutere su come questi costi debbano incidere sul prezzo di benzina e gasolio, ma è chiaro che una pompa totalmente self service senza altri “bonus” su una provinciale abbia costi di gestione di gran lunga inferiori, nonostante venda molto meno carburante delle pompe autostradali.

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