Emissioni, De Vita: «Altro che sconti, i test su strada renderanno difficile rimanere nei limiti»

Emissioni, De Vita: «Altro che sconti, i test su strada renderanno difficile rimanere nei limiti»
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Enrico De Vita ci ha spiegato perché, nonostante le soglie di sforamento previste, i nuovi test di omologazione saranno una sfida durissima per i costruttori
8 febbraio 2016

Il nostro editorialista Enrico De Vita ha spiegato ai microfoni di Radio 24, intervistato da Oscar Giannino, perché, nonostante le soglie di sforamento previste, i nuovi test di omologazione saranno comunque una sfida durissima per i costruttori. 

Tutto comincia dal vecchio ciclo di omologazione, che è ancora attuale. Di cosa si tratta?

«Il vecchio ciclo di omologazione, che è stato utilizzato per trent'anni, era una procedura che prevedeva una prova al banco di un esemplare appositamente preparato per ottenere i migliori risultati di consumo e di inquinamento, in un test molto blando. Durante il test si replicava un tipo di guida con particolarità del tutto distanti da quello che poi avviene nella guida reale, quella di tutti i giorni. Durante il ciclo infatti si raggiungevano velocità e accelerazioni molto basse e punte di 120 km/h di velocità massima, peraltro mantenuta solo per pochi secondi. Per il resto c’erano quattro lievi accelerazioni, in prima, seconda e terza, ma solo fino a 50 km/h».

Ma come mai era così “blando”?

«Il test al banco di omologazione non richiedeva più di 22 – 23 CV, che erano la potenza massima delle utilitarie di 30 – 40 anni fa. Il ciclo di omologazione utilizzato fino ad oggi infatti era calibrato sulle automobili di quell'epoca, la Fiat 500, la Renault 4, la Citroen 2 CV, che appunto avevano valori di potenza, superfici frontali e pesi molto più bassi rispetto alle vetture di oggi».

Il nostro editorialista Enrico De Vita
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Un ciclo ridicolo quindi per le auto di oggi...

«Assolutamente sì. Questo significa che un'auto contemporanea, da 100, 150 o 200 CV, replicherà le condizioni del ciclo di omologazione soltanto in un numero limitatissimo di frangenti durante il suo intero ciclo di vita, cioè si troverà a bassa velocità e limitata pressione sull’acceleratore solo per il 5-6% dei suoi chilometri».

E i costruttori? Qual è stato il loro ruolo nella vicenda?

«Quando arrivò la marmitta catalitica in Europa, nel 1989, inizialmente le case erano contrarie all'adozione di questo costoso dispositivo anti-inquinamento e propugnavano altri sistemi, come la combustione magra o i motori in ceramica, per raggiungere i limiti d’inquinamento. Ma nel 1992 il catalizzatore divenne obbligatorio per tutti. Poi avviene una sorta di miracolo del marketing. Le Case capirono che assecondare le richieste degli ecologisti, cioè imporre limiti per le emissioni sempre più stringenti, ogni tre-quattro anni, avrebbe fatto la loro fortuna. Infatti, le amministrazioni comunali, accusate di non far nulla per contenere l’inquinamento, oltre agli inutili blocchi del traffico, hanno scelto di vietare la circolazione alle vetture più vecchie. In questo modo avrebbero potuto riproporre con maggiore frequenza modelli aggiornati. Accelerando in maniera netta il ricambio del parco circolante».

Si sente spesso dire che il parco auto circolante italiano è vecchio. Niente di più falso

Eppure c'è chi sostiene che questa politica sia fondamentale per avere un parco auto più nuovo ed efficiente...

«Si sente spesso dire che il parco auto circolante italiano è vecchio. Niente di più falso. Il parco auto italiano è uno dei più recenti dell'Europa. Sono le Case ed altri Enti a ripetere in maniera ossessiva che abbiamo auto vecchie. Ma solo perché premono per farcele cambiare prima del necessario. A Milano hanno vietato la circolazione alle auto Euro 3. Ci costringono a rottamare vetture di dieci anni, che possono essere ancora in perfetto stato, magari con soli 100.000 km. Perché un automobilista non dovrebbe più usarla? È pazzesco, soprattutto perché oggi il progresso nelle tecniche costruttive garantisce grande affidabilità per lungo tempo e una vita massima ben superiore ai 10 anni.»

Ora però è in arrivo un nuovo ciclo, giusto?

«Esattamente. Lo scandalo Volkswagen ha accelerato la definizione di un nuovo ciclo. L'obiettivo era mandare in pensione il vecchio test, troppo distante dalla realtà, sostituendolo con una prova al banco molto più severa e soprattutto più aderente alle condizioni reali di guida. Il nuovo ciclo di omologazione, che entrerà in vigore nel 2017, avrà molte più accelerazioni, velocità più elevate e finalmente prevede una punta di 131 km/h di velocità massima anche se solamente per 10 secondi. La prova al banco durerà nel complesso 1.800 secondi (oggi erano 1.200)».

I nuovi test rischiano di lasciare fuori dai giochi anche i diesel più puliti
I nuovi test rischiano di lasciare fuori dai giochi anche i diesel più puliti

Sarà quindi molto più severo...

«Questo nuovo ciclo di omologazione comporta due novità di sostanza. Le case dovranno preparare i modelli in maniera totalmente nuova, in modo tale che sappiano superare la nuova “prova d'esame”, in tutti i punti e in tutte le nuove condizioni di potenza. Inoltre i valori degli inquinanti rilevati durante il test al banco dovranno essere paragonati a quelli raccolti durante un secondo test, effettuato però questa volta su strada. E su strada le cose cambiano in maniera esponenziale».

Però ci sono gli sforamenti... non è il solito “gioco delle tre carte”?

«L'aver concesso il 110% di tolleranza, per quanto riguarda le emissioni rilevate su strada con questo nuovo test, è una condizione infinite volte più severa rispetto al test al banco. Anzi, vi dirò di più. Stiamo parlando principalmente di NOx, un gas dimenticato fino al caso Volkswagen per la sua scarsa nocività. Una tolleranza del 110%, in queste condizioni, è anche troppo poco: una severità eccessiva per un risultato ambientale trascurabile. Le Case faranno una fatica enorme a stare dentro questi valori, soprattutto perché dovranno essere mantenuti su strada, e dovranno ricorrere a dispositivi costosi e delicati, che faranno lievitare il prezzo delle automobili e metteranno fuori mercato i piccoli diesel».

Le Case faranno fatica quindi a rispettare il nuovo ciclo di omologazione, nonostante le percentuali di sforamento concesse

E i costruttori? Perché non protestano allora?

«Da un lato le Case faranno fatica quindi a rispettare il nuovo ciclo di omologazione, nonostante le percentuali di sforamento concesse, ma dall'altro non faranno altro che rallegrarsi. Il nuovo test infatti darà il pretesto alle amministrazioni pubbliche per vietare la circolazione dei vecchi modelli, costringendo quindi gli automobilisti a cambiare automobile prima del previsto».

Invece di irrigidire i test, per poi concedere degli sforamenti non era più semplice alzare meno l'asticella?

«A mio parere, invece di complicare fino a questo punto le cose, con cicli discutibili che l’utente non può replicare, effettuati con esemplari appositamente preparati, sarebbe bastato imporre alle Case un semplice test: la misura degli inquinanti e del consumo effettuata su strada a 160 km/h, per un’ora, da ripetere al banco solo per fornire un valore scientifico di riferimento, ma da poter replicare su tutti gli esemplari venduti con una determinata tolleranza minima stabilita. Conoscere con precisione il consumo a 160 km/h, per l’automobilista, sarebbe il dato più interessante per scegliere il miglior modello ».

I costruttori da un lato si potranno rallegrare perché le nuove norme spingeranno un rinnovo forzato del parco auto
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