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La vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali degli Stati Uniti ha spalancato le porte della Casa Bianca a Elon Musk, grande sostenitore e amico fidato del candidato e ora pure Ministro Per l'Efficienza Governativa. In attesa di capire che cosa accadrà nel cosiddetto deep state americano, è lecito supporre che il Ceo di Tesla possa, se non gestire in prima persona, per lo meno influenzare alcuni dei dossier più strategici del Paese, inclusa la produzione di auto. In campagna elettorale, The Donald aveva ripetutamente criticato l'industria dei veicoli elettrici, sostenendo che quelle auto fossero inaffidabili e minacciando di tagliare i sussidi sul loro acquisto. Trump manterrà le sue minacciose promesse?
Il sostegno a Trump, che odia le auto elettriche, e il controllo di Tesla: la contraddizione di Elon Musk è evidente. Certo è che, a proposito di Musk, i produttori cinesi di EV si sono mostrati abbastanza ottimisti sulla prospettiva di un Trump 2.0, nella speranza che il buon Elon, che da parte sua può vantare profondi legami economici con Pechino, possa sostenere il loro settore. Arriviamo però ad una seconda contraddizione con la quale fare i conti: Tesla ha come principali concorrenti proprio i brand cinesi, così come per i colossi del Dragone la grande T rappresenta una spina nel fianco. Se il neo ministro Musk dovesse ascoltare i suggerimenti dell’angioletto sulla spalla, potrebbe chiedere a Trump di mediare con la Cina; questo consentirebbe a Tesla di espandere il suo business oltre la Muraglia in cambio di una leggera penetrazione cinese in USA. Se, invece, Musk preferisse ascoltare il diavoletto potrebbe suggerire al tycoon di aumentare oltre il 100% attuale i dazi sulle auto cinesi in cambio della promessa di accogliere l’intera produzione Tesla in patria. Attenzione però, perché nel primo caso rischiano di esserci due soli vincitori, Tesla e le aziende cinesi, mentre nel secondo soltanto Tesla e i carmaker americani. In entrambi gli scenari ci sarebbe un vero grande sconfitto: avete notato che il resto dell’automotive mondiale (Europa, Giappone, Corea) ha peso zero in queste decisioni?
Department of Government Efficiency
— Elon Musk (@elonmusk) November 13, 2024
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Musk ha affari ben radicati in Cina, a partire dalla Shanghai Gigafactory, la più grande fabbrica Tesla al mondo. Non solo: il miliardario in questione ha sempre ricevuto un trattamento di riguardo durante le sue visite all’ombra della Città Proibita. In un incontro tenutosi a Pechino ad aprile con Musk, il premier Li Qiang è arrivato al punto di definire lo sviluppo di Tesla in Cina come "un esempio di successo". Sotto la supervisione di Li, le banche statali cinesi hanno offerto prestiti a basso interesse a Tesla, e il governo di Xi Jinping ha persino modificato le regole sulla proprietà, consentendo all’azienda Usa di operare senza un partner locale. Tesla deve però fare bene i conti: nel primo trimestre del 2024, le vendite del pioniere americano nel mercato cinese sono diminuite del 4%, mentre i produttori di veicoli elettrici locali, come Byd, hanno ottenuto un guadagno del 15%. Di recente, Pechino aveva inoltre sollevato preoccupazioni circa l'archiviazione dei dati dei consumatori cinesi di Tesla memorizzati negli USA e Tesla ha risposto accettando di archiviare queste informazioni localmente, cosa che ha alleviato le preoccupazioni del governo cinese ma fatto venire il mal di testa a Joe Biden. Musk considera tuttavia questo accordo, così come l'accordo di partnership che Tesla ha stipulato con la società tecnologica cinese Baidu, come vantaggioso per entrambe le nazioni. "Tesla è disposta ad approfondire ulteriormente la cooperazione con la Cina e ottenere più risultati win-win", ha dichiarato apertamente Musk. Chissà che cosa ne penserà Donald Trump...
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