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Aggiornamento del 23 dicembre:
In aggiunta a quanto riportato nell'articolo dei giorni scorsi, è notizia di oggi che Stellantis ha deciso di diventare socio di un certo peso di Symbio, società che fa capo a Faurecia (gruppo Forvia) cui partecipa anche Michelin. Scopo dell'alleanza? L'uso dell'idrogeno a zero emissioni per i veicoli commerciali leggeri e medi. Il CEO Carlo Tavares ha dichiarato che "La roadmap tecnica di Symbio si adatta perfettamente ai piani di lancio dell'idrogeno di Stellantis in Europa e negli Stati Uniti". A quanto pare l'opinione dei giapponesi sull'impiego di questo gas sta facendo proseliti anche nel Vecchio Continente.
Se state seguendo la transizione ecologica più in dettaglio di quanto parli la politica in termini di trasporto privato, allora forse avrete notato che se la stragrande maggioranza di produttori europei si sta spostando sui veicoli elettrici a batteria, molti costruttori giapponesi invece sembrano puntare molto di più sulla tecnologia dell'idrogeno. E in alcuni casi non solo la fuel cell (FCEV), ma anche veri e propri motori a combustione interna, con cilindri e pistoni, che bruciano idrogeno anziché benzina, garantendo comunque un'enorme riduzione dell'inquinamento generato allo scarico.
Non dico che nessun marchio europeo o americano abbia sviluppato nemmeno un veicolo fuel cell, basta guardare Iveco, Opel o Renault con alcuni loro concept, ma sicuramente l'impegno produttivo e finanziario non è paragonabile a quello nipponico. In particolare non si trovano in Europa e negli USA progetti fisici di uso di idrogeno come carburante per motori termici - e sottolineo fisici perché Porsche in realtà ci ha lavorato profondamente finora come progetto virtuale. La domanda quindi pare ovvia: è un errore non puntare tutto sull'elettrico come in Europa, o i giapponesi ci hanno visto lungo più di noi?
Facciamo un riassunto per capire quali sono le differenze fra l'idrogeno che brucia nelle fuel cell e quello nei motori a combustione, sia tecnicamente sia economicamente, sia in termini produttivi.
Di base, una macchina a combustione di idrogeno fa lavorare il proprio motore termico classico - lo stesso che funziona a benzina - riconvertito per usare l'idrogeno come combustibile. Non cambia praticamente nulla quindi nel funzionamento di base del propulsore rispetto a quello che già conosciamo, se non per la differente composizione chimica del carburante, il diverso rendimento energetico e la grande riduzione di agenti inquinanti prodotti allo scarico.
Una vettura fuel cell invece è più vicina filosoficamente a un'auto elettrica: il motore termico è composto da alcune celle che possono bruciare idrogeno per ricavarne energia chimica, che verrà poi convertita in energia elettrica da stoccare in una piccola batteria del veicolo oppure direttamente al motore elettrico per muovere le ruote. La vera differenza, quindi, è che la macchina fuel cell (spesso abbreviata in FCEV) è una vettura che ha un propulsore elettrico a muovere le ruote e trae la propria energia dalla conversione di idrogeno.
Si potrebbe dire che l'efficienza migliore dovrebbe provenire dalla fuel cell, almeno sulla carta e guardando il puro rendimento energetico. Con questo termine si intende, in questo settore, la quantità di energia iniziale che si trasforma in effettiva energia cinetica delle ruote. Il classico motore a combustione interna, a causa degli attriti fra le numerose componenti meccaniche e della dispersione in calore, ha un'efficienza relativamente bassa: si stima che i modernissimi motori V6 delle vetture da Formula 1 non possano superare un rendimento energetico del 33% - ovvero, al massimo solo un terzo dell'energia chimica potenziale del carburante si trasforma in energia cinetica effettiva. E parliamo di motori a scoppio fra i più efficienti in circolazione.
Il motore elettrico invece riesce a trasformare in energia cinetica cinetica circa l'85% dell'energia iniziale - vale a dire, ha un rendimento energetico altissimo e ciò significa riuscire a sfruttare molto meglio la quantità di energia prodotta dalla conversione di idrogeno nelle fuel cell, rispetto a un motore a pistoni.
Ma, c'è un ma: consideriamo i costi. Un motore termico - che ha oramai più di 120 anni - è sicuramente meglio conosciuto, meglio collaudato e anche molto meno costoso da produrre rispetto alle fuel cell, e ancora più economico rispetto alle batterie per stoccare l'energia elettrica. Fa differenza, invece, il motore elettrico vero e proprio, che solitamente ha costi minori di quanto si potrebbe pensare proprio perché in uso da moltissimi anni in vari altri settori.
I vantaggi dell'idrogeno come carburante alternativo, che si tratti di vetture a combustione interna o fuel cell, sono numerosi. Tanto per cominciare, il tempo di rifornimento è sicuramente molto inferiore rispetto a quanto per ora offrono le elettriche a batteria. Una BEV di medie dimensioni da 400 km di autonomia massima, per esempio, molto difficilmente potrà cavarsela con un accumulatore inferiore ai 60 kWh di capacità. E con una potenza di ricarica media realisticamente non al di sopra di 120 kW, significa comunque richiedere circa mezz'ora per un 10-80%. E attenzione, "80%" perché oltre quel valore la velocità di ricarica diminuisce sensibilmente, quindi i 400 km dichiarati col "pieno" si riducono teoricamente a 320 km per la mezz'ora di ricarica citata poco sopra. Con l'idrogeno invece, all'incirca, potrebbero bastare un paio di minuti per fare il pieno e avere pari autonomia.
Un altro grande vantaggio è sicuramente il minor costo produttivo, e dunque il prezzo più contenuto per l'acquirente finale: nei veicoli fuel cell la batteria è solitamente di capacità pari a quella delle attuali vetture plug-in, quindi intorno ai 10-15 kWh, molto al di sotto degli accumulatori per auto elettriche vanno da 60 kWh fino anche a oltre 110 kWh in alcuni veicoli. La batteria è il componente più costoso su una BEV, per cui significa diminuire sensibilmente il sovrapprezzo - e nel caso di vetture a combustione di idrogeno, anche annullarlo del tutto. Senza dimenticare che la batteria è anche causa dell'enorme aumento di peso delle macchine elettriche, e ridurlo significa migliorare non solo le doti dinamiche del veicolo ma anche la sua efficienza in termini di consumo.
E ultimo ma non per importanza, la questione inquinamento: la combustione di idrogeno nelle fuel cell va a produrre praticamente solo vapore acqueo come gas di scarico, lasciando l'ambiente completamente pulito nella fase di utilizzo del proprio ciclo di vita (Life Cycle Assesment, LCA). I motori a combustione di idrogeno permettono la stessa identica cosa, solo con un consumo maggiore di carburante per via della loro minore efficienza energetica come accennato poco sopra. E ricordiamoci che l'idrogeno è l'elemento più diffuso in natura e nell'universo, perciò servirsene significa garantire zero emissioni allo scarico e purificare l'ambiente, senza sfruttare (troppo) materie prime come il litio e il cobalto necessarie per la produzione di batterie.
Purtroppo, non è però tutto rose e fiori. L'idrogeno infatti sulla carta è decisamente allettante per una transizione alle zero emissioni, per altro senza dover rinunciare all'ineguagliabile coinvolgimento che solo un motore a combustione interna sembra offrire sulle vetture sportive, ma ci sono un paio di punti che rendono ancora complessa questa strada.
Il primo punto in assoluto fu la questione del rendimento energetico, che però ormai è in via di risoluzione: anni orsono, fra il 2006 e il 2008, BMW aveva dato inizio al progetto "Hydrogen 7" convertendo in produzione limitata alcune Serie 7 con motore 6.0L V12 (le 760i in pratica) per la combustione di idrogeno - che secondo BMW, in quegli anni, sarebbe stato più efficiente rispetto alle fuel cell abbinate a un motore elettrico.
Il progetto fu interessante e pioneristico, ma mostrava evidenti carenze tecnologiche dell'epoca: per garantire la potenza di 260 CV sia a benzina, sia a idrogeno, la Casa dell'Elica dovette regolare i parametri in un modo tale da causare un consumo superiore anche a certi camion, con medie intorno ai 14 l/100 km (circa 7 km/litro). E in più il serbatoio da 8 kg (circa 110 litri) di idrogeno doveva mantenere una temperatura criogenica vicina allo zero assoluto (-253°C) per garantire lo stato fluido dell'H2. Allora il costruttore pensava che in questo stato sarebbe stato il metodo energeticamente più efficiente rispetto allo stato gassoso pressurizzato a 700 bar che si preferisce oggi. Però se il liquido non veniva utilizzato iniziava a scaldarsi, facendo evaporare l'idrogeno contenuto all'interno e svuotando il serbatoio intero in appena 10-12 giorni. Senza dimenticare che, all'epoca del progetto, esistevano solo cinque stazioni di rifornimento in tutto il mondo compatibili con il sistema BMW.
Toyota nel frattempo ha lavorato assiduamente per migliorare tutte queste criticità, portando una maggior efficienza energetica e permettendo al 1.6 Turbo della Yaris GR convertito a idrogeno di offrire praticamente le stesse doti della variante a benzina e migliorare del 30% l'autonomia rispetto al proprio progetto precedente. Per dirla in numeri, Toyota sostiene di essere al 40% del lavoro per rendere questo motore a combustione di idrogeno pronto all'uso stradale, ammesso che ciò possa avvenire, ma intanto si è già dimostrato competitivo nel motorsport.
Molti potrebbero sostenere che anche la ridotta disponibilità di distributori su suolo italiano - ma non solo - potrebbe essere un deterrente per i veicoli a idrogeno, ma in verità sarebbe sufficiente lavorare come si è fatto per le colonnine di ricarica che nel corso degli anni hanno iniziato a sbucare in ogni angolo delle città e fuori. Discorso simile per la "paura" di stoccare idrogeno nel serbatoio per via della sua instabilità, un timore comprensibile ma sostanzialmente ormai infondato grazie a soluzioni come già visto per il GPL, con serbatoio a doppie camere e doppie pareti altamente isolate per mantenere pressioni ottimali.
Il vero punto fondamentale su cui soffermarsi, visto che di transizione ecologica si tratta, è che al momento pochissimo idrogeno si può definire effettivamente sostenibile e green. Infatti, se è vero che è l'elemento chimico più diffuso nell'universo, è altrettanto vero che non lo si può trovare puro e libero in natura, perché si unisce praticamente sempre a un altro elemento per formare una molecola. Col carbonio, ad esempio, si unisce per formare gli idrocarburi come metano e butano - e da cui andrebbe diviso, per trasformarlo in H2 (molecola a due atomi di idrogeno puri) e poterlo sfruttare energeticamente.
Il problema è che per separarlo dalle varie molecole e renderlo puro serve energia, e per il momento non è sempre energia pulita e sostenibile. Oltre al fatto che separarlo dal carbonio con cui forma idrocarburi significa dover trovare un altro punto a cui attaccare gli atomi di carbonio C per evitare che si aggancino all'ossigeno e si formi CO2 - proprio l'elemento che si vuole ridurre con la transizione energetica - che blocca due atomi di ossigeno respirabile per ogni atomo di carbonio.
E per risottolineare la questione "energia necessaria" per estrapolare idrogeno puro, mi ricollego ai vari "colori" dell'idrogeno con cui si può capire quanto sia effettivamente pulito e sostenibile:
La maggior parte dell'idrogeno oggi prodotto, oltre il 90% per capirci, è di tipo Grigio e ciò significa una sostenibilità non completa del processo produttivo nell'intero ciclo di vita. Vale a dire che una macchina a idrogeno, che sia a fuel cell o a combustione interna, non emette nulla allo scarico ma il carburante per alimentarla proviene da un processo che ha liberato CO2 nell'aria. e anche parecchia, e in questo senso il calcolo dell'emissione complessiva nel Life Cycle Assesment (LCA) diventa complesso.
Sta di fatto che sicuramente l'idrogeno, una volta prodotto in maniera pulita, può significare una vera svolta per tutto il comparto energetico mondiale e nel dettaglio anche per la mobilità, praticamente senza rinunce e senza dover nemmeno abbandonare i motori a combustione interna che tanto piacciono agli appassionati di motori.
Non resta che aspettare per vedere se i giapponesi hanno ragione nell'investire così tanto nell'idrogeno, con Toyota che si è espressa dicendo "un futuro solo elettrico non è realmente sostenibile". E questo, aggiungiamo noi, si chiama Tech neutrality, un principio che dovrebbe stare alla base delle scelte dei organi politici che invece, nel caso dell'Europa, hanno già optato per un vincitore fra le possibili alternative, dicendo in buona sostanza ai carmaker: "Devi ottenere questo risultato, ma non sei libero di scegliere la soluzione". Magari ce n'è più d'una, e i giapponesi non vogliono chiudersi nessuna porta alle spalle.