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È improvvisamente scomparso Pier Luigi Nava, straordinario fondatore della omonima azienda di caschi che imperversò negli anni ’80. Pur essendo principalmente legata alle due ruote, ha avuto anche forti legami con l’automobilismo sportivo. Un episodio è particolarmente curioso e riguarda l’ex campione del mondo Nelson Piquet ed il suo Nava 3 in policarbonato.
A fine anni ’60, il giovane Pier Luigi Nava venne a sapere che la ditta milanese DIWS, specializzata nello stampaggio delle materie plastiche, stava realizzando per l’americana ILC un rivoluzionario casco jet in tale materiale. Fino ad allora, i caschi erano di fibra di vetro laminata a mano oppure addirittura di cartone pressato o fibra di cocco. Intuendo il potenziale del policarbonato, affidò alla DIWS la costruzione di un casco marchiato Gran Turismo, decidendo però presto di costruirseli in proprio.
Nava seppe spiegare bene al mercato i vantaggi del nuovo materiale, leggero, resistente, economico (“Se la tua testa vale meno di 18.000 lire compra un altro casco”, questa era la pubblicità), e quando, nel 1974, uscì il Nava 2 raccolse un successo strepitoso. Bello, senza sporgenze, con visiera a filo che si abbassava oltre una certa velocità per via dell’effetto vela, omologato (cosa non comune a quei tempi), venne prodotto in oltre tre milioni di esemplari nel corso di una quindicina di anni, un record. Nel 1981 seguì l’altrettanto fortunato Nava 3, con lo sviluppo della mentoniera che ricordava il Simpson “Guerre Stellari”, quello di Elio De Angelis per capirci. Nonostante molte altre aziende si fossero convertite al policarbonato, il Nava 3 e i derivati 4,5,6,7,8 sfiorarono i due milioni di caschi. Nelle competizioni, la ditta di Verderio forniva o sponsorizzava centinaia di piloti, e aveva come punta di diamante Marco Lucchinelli.
Spinto da tanta popolarità, dunque, un giorno del 1984 arrivò in azienda Nelson Piquet, fresco campione del mondo di Formula 1. Il brasiliano era in cerca di un nuovo casco estremamente leggero, ma storse la bocca quando Nava si rifiutò di realizzarne uno in fibra di vetro, proponendogli invece, tale e quale, il Nava 3. Per convincerlo, Nava lo fece assistere al test del cannone, in cui un dardo di acciaio da un pollice veniva sparato a 400 m/sec sulla calotta, che resistette. Ancora non convinto, Piquet prese il casco e cominciò personalmente a percuoterlo con una sbarra di metallo, e il Nava non si ruppe. A quel punto, come ultima conferma, Pier Luigi sparò al povero casco con il suo fucile per la caccia al cinghiale calibro 12.
L’accordo fu siglato, e Piquet iniziò i test con un casco da moto in policarbonato, con la visiera grande. Purtroppo, non si erano fatti i conti con l’omologazione Snell richiesta dal regolamento di Formula 1, che prevedeva l’immersione nella benzina, test allora impossibile per tale materiale. In futuro, Nava equipaggerà in Formula 1, tra gli altri, Mario Andretti, Riccardo Patrese, Eddie Cheever con caschi in kevlar, ma Pier Luigi Nava ha sempre sostenuto con convinzione che mai sia esistito un materiale che per le sue qualità complessive di costo contenuto e prestazioni, sia stato migliore del policarbonato, se trattato con esperienza e tecnologia.