È reato parcheggiare negli spazi per disabili

È reato parcheggiare negli spazi per disabili
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Per la Cassazione costituisce violenza privata impedire il parcheggio a chi ne ha diritto
27 maggio 2017

Uno degli abusi più odiosi e sempre più spesso criticati, l’occupazione abusiva di spazi per il parcheggio di veicoli per disabili, ha trovato ulteriore conferma della sua gravità sociale con una recente sentenza emessa dalla Cassazione penale, che ha sancito che costituisce violenza privata, e quindi territorio di competenza del Codice Penale, la condotta di chi, parcheggiando la propria vettura negli spazi riservati, impedisce all'avente diritto di parcheggiare.

Tale comportamento, infatti, non integra l’illecito amministrativo per violazione dell'art. 158, comma 2, del Codice della Strada, in quanto nel caso considerato lo spazio è espressamente riservato ad una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute: quindi, a giudizio della Suprema Corte, alla generica violazione della norma sulla circolazione stradale si aggiunge l'impedimento al singolo cittadino a cui è riservato lo stallo di parcheggiare lì dove solo a lui è consentito lasciare il mezzo.

La Corte ha deliberato in seguito al ricorso di un automobilista condannato in sede di merito per il reato di cui all’art. 610 del Codice Penale per avere parcheggiato la propria autovettura in uno spazio riservato ad una persona affetta da gravi patologie, impedendole in questo modo di utilizzarlo, fino alla rimozione della sua autovettura.

Avverso tale decisione, l’automobilista contestava il difetto di motivazione dell'addebito, dal momento che il parcheggiare l'auto in uno spazio riservato non equivale ad impedire intenzionalmente la marcia ad una vettura, da cui deriverebbe il delitto di violenza privata, avendo potuto il disabile, cui il posto era riservato, parcheggiare l'auto in altro spazio; né vi era la prova, in aggiunta, che l'imputato avesse rifiutato di rimuovere l'autovettura.

Con la sentenza n. 17794 emessa lo scorso 7 aprile, la Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso e lo ha rigettato.

Secondo la Suprema Corte, gli accertamenti avevano consentito di verificare che il veicolo dell'imputato era rimasto parcheggiato nel posto riservato alla persona disabile da prima delle 10.40 del 24 maggio 2009 alle 2.20 del giorno successivo, e ciò aveva impedito alla persona offesa di parcheggiare la propria vettura nello spazio assegnatole a causa della sua disabilità.

Ed è ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale di considerare come violenza privata la condotta di chi impedisce la marcia di un'altra vettura; ora anche impedire, ponendo la propria vettura negli spazi riservati, all'avente diritto di parcheggiare rappresenta una modalità di coartazione dell’altrui volontà, realizzata oltretutto con la piena consapevolezza dell’illiceità della propria condotta.

Secondo i giudici, nel caso specifico non ricorre la sola violazione dell’art. 158 del Codice della Strada in quanto lo spazio è espressamente riservato ad una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute: in tale circostanza, infatti, alla generica violazione della norma sulla circolazione stradale si aggiunge l'impedimento al singolo cittadino a cui è riservato lo stallo di parcheggiare lì dove solo a lui è consentito lasciare il mezzo.

Inoltre, secondo la Cassazione sussiste anche l'elemento soggettivo del delitto contestato, in quanto l'imputato, avendo visto la segnaletica, era cosciente di lasciare la sua vettura in un posto riservato ad una specifica persona, così impedendole di parcheggiare; in aggiunta, non l'aveva fatto per i pochi minuti che avrebbero consentito di dubitare della sua volontà, ma aveva parcheggiato da mattina a sera, impedendo quindi al disabile assegnatario del posto, di parcheggiare anche al suo ritorno serale nella propria abitazione.

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