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Sarà capace l’industria italiana di cogliere le grandi opportunità offerte dalla svolta elettrica nel campo della mobilità?
E’ questa la domanda più immediata che arriva dopo la presentazione dello studio congiunto Motus-E e The European House-Ambrosetti sulla filiera del Made in Italy che guarda alle E-Mobility.
Partiamo dalla fine, perché le conclusioni del rapporto sono clamorose: entro il 2030, infatti, potrebbero essere oltre diecimila le imprese italiane operanti a vario titolo nel settore, (dalla manifattura alla distribuzione e vendita, dalla manutenzione ai servizi post-vendita, fino al grande campo del riciclo e della “seconda vita“ delle componenti elettriche) per un volume complessivo di fatturato di quasi 100 miliardi di euro.
Numeri importanti, che trovano intanto ragione nella “fotografia“ del settore: il comparto delle aziende della filiera italiana attive nella E-Mobility ha registrato un costante trend di crescita nel quinquennio 2013 – 2017, che se continuasse con lo stesso ritmo nei prossimi anni potrebbe arrivare ai livelli finali indicati nella ricerca.
Da un fatturato di 2,2 miliardi di euro nel 2013, la filiera allargata dei prodotti e servizi per la mobilità elettrica ha generato nel 2017 ricavi complessivi per circa 6 miliardi di euro, crescendo ad un tasso medio annuo composto del 28,7%.
Inoltre, considerando la curva di penetrazione dei veicoli elettrici BEV e PHEV ipotizzata fino al 2030, il fatturato complessivo della filiera della mobilità elettrica potrebbe arrivare fino a 98 miliardi di euro, nel caso dello “scenario intermedio” di policy (o a 79 miliardi di Euro nel caso dello “scenario base”, più conservativo), mentre dalle 160 realtà industriali e imprenditoriali già attive nel settore, la transizione verso l’E-Mobility potrebbe arrivare a coinvolgere più di diecimila imprese.
«L’analisi rivela - è il commento di Lorenzo Tavazzi, di The European House-Ambrosetti - come la filiera della mobilità elettrica integri, da monte a valle, attività legate non solo alla tradizione che l’Italia vanta nell’automotive e nella componentistica, ma anche a prodotti e servizi innovativi e cross-industry. Attraverso il ripensamento dei modelli di business e la specializzazione su alcune produzioni ad alto valore aggiunto destinate alla mobilità elettrica, le imprese italiane potranno inserirsi sul trend di crescita del settore e rafforzare la presenza sul mercato domestico e all’estero per competere con i player internazionali».
Circa la metà delle imprese e del fatturato della filiera della mobilità elettrica italiana si concentra nel Nord Ovest, ma cresce gradualmente il peso del Centro-Sud Italia; la componente manifatturiera della filiera della E-Mobility evidenzia una specializzazione sulle componenti a maggior valore aggiunto, in particolare nelle vendite e nei servizi di manutenzione e post-vendita.
Il segnale lanciato da Motus-E è piuttosto chiaro: spetta alla Politica intraprendere azioni concrete per sostenere il comparto della mobilità elettrica, che coinvolge oggi aziende un tempo lontane da questo mondo.
E’ quanto accade con FCA, entrata ufficialmente, accanto ai partner storici come Nissan, Volkswagen ed Enel X, tra i soci sostenitori di Motus-E, prima associazione italiana a riunire operatori industriali, filiera dei trasporti, mondo accademico, consumatori e movimenti di opinione per favorire la transizione verso un concetto più sostenibile di mobilità.