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La mattina del 23 aprile, 47 proprietari di SUV a Viersen, in Germania, hanno scoperto i propri veicoli con pneumatici sgonfiati e volantini di protesta ambientalista sui parabrezza. Un episodio che riflette una tendenza crescente in Europa e sopratutto in America con le proteste “Anti Musk”.
In Italia, azioni simili si sono verificate a Milano lo scorso febbraio, quando il gruppo "Tyre Extinguishers" ha sgonfiato i pneumatici di circa trenta SUV nel quartiere Porta Venezia, mentre a Roma, durante un'ondata di proteste della scorsa estate, oltre a pneumatici danneggiati si è registrato un grave ritardo di un'ambulanza bloccata dal traffico causato da manifestanti seduti sull'asfalto del Grande Raccordo Anulare.
Il caso più drammatico resta quello avvenuto a Portland, negli Stati Uniti, dove nell'agosto scorso un paziente è deceduto dopo che l'ambulanza che lo trasportava è rimasta intrappolata in un ingorgo causato da un blocco stradale ambientalista. L'autista dell'ambulanza ha testimoniato di aver implorato i manifestanti di spostarsi, ricevendo in risposta solo slogan sulla crisi climatica.
"Ho perso un'intera giornata di lavoro e 200 euro per il carro attrezzi," ha raccontato Marco B., milanese colpito dalle proteste a febbraio. "Prima simpatizzavo per le cause ambientali, ora provo solo rabbia verso questi gruppi."
Il paradosso evidenziato da sociologi e analisti è proprio questo: azioni pensate per sensibilizzare sull'emergenza climatica finiscono per alienare il sostegno pubblico. Un sondaggio recente dell'Università La Sapienza ha rivelato che il 76% degli italiani, pur riconoscendo la gravità della crisi climatica, disapprova le forme di protesta che interferiscono con la mobilità quotidiana.