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Può sembrare strano, e sicuramente lo è, ma per capire l’attuale stato dell’economia giapponese e come il Salone dell’Auto di Tokyo ne segnali uno degli aspetti più interessanti, può essere utile recarsi al mercato del pesce, a Tsukiji. Così si chiama questa vera e propria istituzione dove ogni giorno, ancora a notte fonda, la città si mette in moto e, in un certo senso, prepara il cibo quotidiano. Le aste del pesce, del tonno in particolare, attirano addirittura turisti. Ebbene i grandi capannoni che occupano una ventina di ettari verranno demoliti per far posto ad una modernissima città satellite che sarà uno dei biglietti da visita delle Olimpiadi del 2020 e che richiederà un investimento di 4,5 milioni di yen.
Spese o investimenti?
Cosa c’entra tutto questo con il Motor Show? C’entra perché l’edizione di quest’anno si inserisce perfettamente nel momento di forte rilancio dell’economia del paese del Sol Levante, attivata e sostenuta dalla politica del primo ministro Shinzo Abe che con la sua ricetta (che ormai prende il nome di “Abenomics”) stimola la crescita e lo sviluppo dei consumi e quindi dell’industria. E lo fa puntando sull’inflazione controllata, sull’indebolimento dello yen per favorire le esportazioni e sui grandi investimenti in opere pubbliche. In questo quadro l’Olimpiade è vista come una grande opportunità, come un investimento, non come una spesa.
Così mentre l’Europa continua con il rigore e a soffrire di deflazione (prezzi in caduta che, paradossalmente frenano i consumi) e per la crescente disoccupazione, il Giappone ha ingranato la marcia più alta. Per tornare all’argomento specifico, il Salone di Tokyo riprende quindi il suo ruolo primario di vetrina dell’industria di riferimento con tutto l’indotto connesso (turismo, beni di consumo e durevoli, eventi collaterali), ma anche di manifestazione concreta dell’orgoglio nazionale e della capacità di reazione del paese dopo anni di crisi e dopo le grandi calamità naturali che l’hanno colpito.
“Mentre l’Europa continua con il rigore e a soffrire di deflazione e per la crescente disoccupazione, il Giappone ha ingranato la marcia più alta. Il Salone di Tokyo riprende il suo ruolo primario di vetrina dell’industria e di manifestazione concreta dell’orgoglio nazionale”
I numeri dei protagonisti sul campo
Ecco allora Toyota con i marchi del Gruppo e le varie partecipazioni, (Lexus, Dahiatsu, Hino, Subaru) e con i 7,4 milioni di veicoli prodotti nei primi nove mesi dell’anno, porsi nelle migliori condizioni per conquistare il titolo di primo costruttore mondiale. Cercano di sbarrarle il passo VW con 7,03 milioni di unità e General Motors con 7,25, senza però che i due gruppi europei ed americani possano nemmeno lontanamente sperare negli utili che Toyota si appresta a consuntivare.
La riprova? Il nuovo grande “concentramento” che si profila ad Oriente dove Mitsubishi, che ha già accordi con Nissan da una decina di anni, entra ufficialmente anche nell’Alleanza Renault-Nissan abbandonando il Gruppo PSA Peugeot-Citroen. Con le acquisizioni e le varie partecipazioni (Samsung, Dacia, Autovaz) il Gruppo che si va costituendo si propone di passare da 8 a 12 milioni di veicoli prodotti, sorpassando anche Toyota.
Esemplare, poi, un’altra forma di collaborazione tra Case giapponesi. E’ quella che vede ancora Toyota, Nissan, Mitsubishi e questa volta Honda finanziare insieme la costruzione e la diffusione di una rete di infrastrutture per la ricarica delle auto elettriche. Un modo, per l’industria dell’Automotive di “fare sistema”, accelerare i tempi, dividere i costi della ricerca.
“Il 43esimo Tokyo Motor Show dà spazio anche alle moto. In tono minore rispetto all'auto, ma l'esposizione di Tokyo resta pur sempre la vetrina del settore per il mercato locale. Le novità esposte sono essenzialmente quelle dedicate al mercato nazionale”
Resta solo da comprendere quale potrà essere, tra questi colossi pronti ad aggredire i mercati mondiali, il ruolo di marche che restano “sole”. Orgogliosamente come Suzuki che ha troncato ogni rapporto con VW, ma ha produzioni anche in altri settori come la moto e i motori marini e mantiene contatti con Fiat.
Non solo auto
Il 43esimo Tokyo Motor Show dà spazio anche alle moto. In tono minore rispetto all'auto, ma l'esposizione di Tokyo resta pur sempre la vetrina del settore per il mercato locale. Le novità esposte sono essenzialmente quelle dedicate al mercato nazionale e si tratta di modelli che spesso non vengono neppure esportati perché fatti a misura dei gusti, dell'uso e, soprattutto, delle normative giapponesi che favoriscono cilindrate poco diffuse da noi quali le 250 e le 400. Anche per questo il Salone di Tokyo viene vissuto dalle quattro Case nipponiche come un'occasione per mostrare al resto del mondo la propria capacità nel design, nella tecnica e nelle tecnologie innovative, dando spazio a quei concept che ormai non arrivano più in Occidente. Da noi si preferisce puntare direttamente sul prodotto di serie.
A Tokyo Yamaha presenta inediti veicoli a propulsione elettrica e ibrida, mentre Suzuki ripropone un Turbo di moderna concezione e lo stesso fa Kawasaki che sfodera un concept a quattro ruote. Il mercato giapponese si è ridotto di tre quarti negli ultimi dieci anni e persino Honda, leader mondiale con oltre 15 milioni di due ruote prodotte, ormai in Giappone non fabbrica che poco più di 200.000 moto all'anno, a fronte di una produzione complessiva di circa mezzo milione di pezzi. Honda, e poi Yamaha, molto meno Suzuki e quasi nulla Kawasaki, hanno da anni de-localizzato la loro produzione in Europa, Asia e Sud America. Con questi due ultimi continenti che ora la fanno da padrone in fatto di volumi e di prospettive di crescita.