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Quando si parla di gentlemen driver Gianpiero Moretti incarna alla perfezione questo termine, perché pur correndo ad altissimo livello e in maniera professionale, rappresenta quanto di buono c’è nel termine. Moretti cominciò la carriera come produttore di pezzi di ricambi quando era studente all’Università di Pavia. Ruote, volanti, pomelli del cambio e altro ancora invasero presto il mondo delle auto col marchio Momo, che sta per Moretti Monza, società nata nel 1964. Molto presto i prodotti Momo incontrarono il favore del pubblico, con in testa Enzo Ferrari che diede vita alla partnership più importante e famosa di Moretti nel mondo delle auto.
Moretti però è stato anche un valido pilota: nel 1971 con una Ferrari 512 M partecipò al mondiale prototipi. In quella stagione debuttò alla 24 ore di Daytona con un numero di gara che rimase quello di Moretti, ovvero il numero 30. Quel primo approccio con il mondo USA segnò la carriera di Moretti visto che nel 1978, su una Porsche 935, entrò a far parte in pianta stabile del mondo IMSA. Da quel momento in poi, fino alla fine degli anni 90, una biposto rossa, col marchio Momo e il numero 30 calcò le piste del campionato IMSA quasi ad ogni stagione.
Un marchio come quello Momo, tipicamente italiano nello stile e nelle forme, non poteva non essere abbinato a un altro grande marchio italiano, ovvero quello Ferrari. Mancava però una vettura che potesse soddisfare questo abbinamento e quando a fine 1993 la Ferrari decise di schierare un prototipo nel campionato IMSA, Giampiero Moretti accolse con entusiasmo l’idea. La Ferrari F333 SP è la vettura che ha segnato il ritorno della Ferrari nella categoria Sport, è la biposto alla quale la casa di Maranello deve gran parte del suo inimitabile appeal. Il passaggio alla disciplina, fortemente auspicato dai cultori del marchio, si materializzò nel 1993, quando il regolamento tecnico IMSA rese più agevole l’operazione.
Spinta da un 12 cilindri di 4 litri derivato dall’unità impiegata sulle monoposto di massima formula, aveva una potenza di oltre 650 cavalli, accompagnati da un suono orchestrale, solo in parte mortificato dalla presenza dei silenziatori di scarico imposti dal regolamento. Raffinata l’impostazione tecnica. Il telaio era monoscocca portante in compositi, con struttura a nido d’ape in alluminio chiusa tra due fogli di fibra di carbonio. Le sospensioni erano a quadrilateri deformabili e seguono lo schema push-rod con bilancieri. Anche la carrozzeria era realizzata con pannelli di Nomex e fibra di carbonio. La linea tradiva una certosina ricerca aerodinamica. Si caratterizzava per il grande roll-bar integrato e per le numerose prese d’aria, armonicamente annegate nell’involucro esterno. Questa vettura, presentata ufficialmente nel novembre del 1993, partecipò a partire dal 1994 – con scuderie private - soltanto alle gare sprint, vincendo a Road Atlanta, a Lime Rock, a Watkins Glen, a Indianapolis e a Monterey.
Nel 1995 prese parte anche alle corse di durata: fu un trionfo, che culminò nella conquista della 12 Ore di Sebring, ventitré anni dopo la vittoria di Mario Andretti e Jack Ickx. A fine stagione la Ferrari vinse pure il Campionato Costruttori Imsa, mentre Firmin Velez si aggiudica la classifica conduttori. Con la F333 SP la storia sportiva del “cavallino rampante” si arricchì di un’altra nobile pagina. In questo contesto, pur mancando un titolo piloti, Giampiero Moretti si distinse sia in pista, sia nel paddock. Il clima italiano al 100 per 100, il marchio Ferrari e la cucina tipica nostrana, fecero del box della Momo un punto di riferimento nelle corse IMSA, tanto che per mangiare un buon piatto di pasta, c’era la fila, anche fra i piloti rivali. Moretti, però, di quella stagione 1995 ricordava con piacere i successi a Daytona, Sebring e Watkins Glen, ma la stagione migliore resta ancora quella del 1978, quando con una serie di piazzamenti finì al terzo posto.
Nel 1993, però, ci fu ancora una sfida importante per Gianpiero Moretti. La Nissan decise di ritirarsi dalla GTP e chiese a Moretti di correre con la NPT90. L’obiettivo è rendere la vita dura ai piloti americani. Nissan decise di lasciare la vettura ai clienti, un po’ come faceva da tempo la Porsche. Kevin Doran diventa team manager, ma alla base il progetto era lacunoso e Moretti ne pagò le conseguenze insieme ai compagni di team come Derek Bell, Massimo Sigala e John Paul Jr. La stagione non fu esaltante, ci furono un sesto posto a Lime Roch, un terzo a Mid Ohio. Poi ancora un ottavo a Watkins Glen e un quarto a Laguna Seca e Portland, ma nessuna vittoria in tutta la stagione anche se alla fine in campionato arrivò un altro terzo posto.
Fu a questo punto della stagione che Moretti decise di lasciar perdere Nissan e sposare in pieno il programma Ferrari, appoggiato da Luigi Buitoni per Ferrari North America. Fu una specie di rivincita su un altro programma partito quasi 10 anni prima e che vide Moretti cimentarsi con la Alba C2 nella serie IMSA. La vettura, vincitrice del campionato mondiale C2 nel 1983, fu ribattezzata Momo, ma a fine stagione l’unico risultato utile fu un quarto posto a Lime Rock. Una biposto rossa, col marchio Momo e col numero 30, quando nel 1994 la Ferrari tornò alle corse sport, Moretti rivisse quel sogno che, per fortuna, ha lasciato un segno molto più grande come dimostrano le classifiche di quegli anni. Moretti fu però anche l’artefice del successo di altri piloti, come Max Papis, chiamato a correre negli USA nella serie IMSA.
Quindi non solo gentlemen del volante, ma anche patrocinatore e anima vera e propria di una scuderia che nel corso degli anni ha schierato le biposto più importanti e vincenti. E pensare che la grande avventura era cominciata nel lontano 1964, con un volante modificato che attirò le attenzioni di Enzo Ferrari che volle la Momo prima come fornitrice delle proprie vetture sportive e poi, quando ormai il Commendatore non c’era più, come una delle scuderie che in America ha riportato al successo una vettura col Cavallino Rampante. Gianpiero Moretti è stato anche questo e molto di più. E' mancato nel 2012. Di certo, alla luce del ventilato progetto Hypercar, la sua sarebbe stata una esperienza importantissima.