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Anche l'Italia vuole vederci chiaro sul caso “Dieselgate”, lo scandalo dei diesel manomessi da Volkswagen per limitare le emissioni di ossidi di azoto durante i test.
Il Ministero dei Trasporti ha infatti interpellato ufficialmente sia Volkswagen che il KBA (Kraftfahrt-Bundesamt), l'autorità tedesca che ha omologato le Volkswagen in questione, per sapere se il software che altera i valori di NOx è presente sulle auto omologate della stessa autorità tedesca per l’Europa e se questi veicoli sono stati commercializzati in Italia.
Secondo la Direttiva Quadro 2007/46, infatti, l'omologazione può essere rilasciata in qualsiasi Stato membro ed è valida per tutti i paesi facenti parte dell'Unione senza che si proceda a ulteriori controlli.
Nel caso delle Audi e Volkswagen coinvolte nel Dieselgate, le omologazioni sono rilasciate nella maggioranza dei casi dal KBA in qualità di autorità tedesca di certificazione.
Nella lettera rivolta al KBA dal Ministero dei Trasporti si esprime «preoccupazione in merito all’accaduto, in relazione alla protezione dell’ambiente ed alle possibili ripercussioni sul sistema di omologazione dei veicoli, vigente nell’Unione europea» e si chiede «se le anomalie riscontrate possano riguardare anche veicoli omologati e commercializzati nel territorio dell’Unione». In questo caso, chiede il Ministero, di «acquisire i risultati dei controlli di conformità che il KBA vorrà effettuare, a tutela dell’ambiente e della qualità dei prodotti omologati per il mercato dell’Unione».
Galletti, Ministro dell'Ambiente, scrive a Volkswagen Italia
Il “Dieselgate” preoccupa anche il Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, che ha scritto una lettera indirizzata all’amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Group Italia Massimo Nordio per chiedere chiarimenti sulle vetture vendute sul mercato italiano dalla Casa tedesca.
«Ho appreso con preoccupazione le risultanze delle indagini – scrive Galletti – e le chiedo di volermi fornire elementi oggettivi che nelle autovetture commercializzate in Italia non siano stati installati accorgimenti tecnici analoghi volti ad alterare i dati emissivi da test rispetto alla realtà», ha scritto il Ministro nella missiva indirizzata al vertice della filiale italiana di Volkswagen.
Galletti ha chiesto «qualora necessario, di assumere analoghe iniziative già intraprese per il mercato americano anche a tutela dei consumatori italiani che hanno fatto affidamento sul marchio Volkswagen». Il riferimento è alla decisione presa da Volkswagen di fermare le vendite dei modelli incriminati, in attesa di trovare un rimedio al software che alterava i valori delle emissioni di NOx nei test al banco, riducendoli fino a 40 volte rispetto all'utilizzo reale su strada.
Nessun richiamo per il momento
Al momento, però, la vendita delle Volkswagen interessate dal “Dieselgate” equipaggiate con il 2.0 TDI Tipo EA 189 con il software in grado di aggirare i controlli (sono almeno 11 milioni e sono state vendute in tutto il mondo, ha affermato la stessa Casa tedesca) è ferma solo negli Stati Uniti per volontà dello stesso costruttore e in attesa di approfondimenti da parte dell'EPA.
L'agenzia federale americana per la protezione dell'ambiente ha infatti il potere di obbligare il costruttore a richiamare le vetture e applicare i correttivi necessari, secondo la sezione 207 del “Clean Air Act” violato da Volkswagen. Ciò però non è stato ancora fatto perché l'EPA è in attesa che Volkswagen le sottoponga un piano che ripristini le vetture secondo le norme sulle emissioni, piano che è allo studio di Volkswagen e che dovrà essere approvato dall'EPA prima che la campagna di richiamo abbia inizio.