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Altro che dieselgate e i problemi legati ai motori Euro 5 a gasolio, il vero botto potrebbe farlo l’ambiente delle corse con conseguenze drammatiche per il settore. Non è un mistero che se un costruttore come Volkswagen è presente nelle competizioni, lo fa per promuovere il marchio e la propria tecnologia e crearsi una immagine.
Nei prototipi Audi ha vinto a mani basse con una sport a motore a gasolio, portando questo carburante al vertice nelle competizioni quando tutti erano certi che non avesse futuro. Che senso avrebbe, oggi, parlare di corse col gasolio e quindi motori diesel, dopo quello che è successo? Nel gruppo c’è già la Porsche, che usa un motore a benzina di piccola cilindrata e appena 4 cilindri.
Dovendo promuovere una tecnologia futura, questa è molto più in linea dopo quanto accaduto e quindi è probabile che il programma Audi Le Mans possa essere fermato. Una stagione costa circa 120 milioni di euro, soldi che potrebbero finire nel calderone dei 6,5 miliardi che servono per richiamare le vetture non in regola su strada e compensare parte dei 18 miliardi di dollari di multa negli USA.
VW in Formula 1, un'ipotesi a rischio
Ma se Porsche potrebbe salvarsi, Audi è impegnata anche in altri settori, vedi la TT Cup e da quasi un anno al vertice, come vice presidente, c’è Stefano Domenicali che in teoria avrebbe dovuto studiare l’arrivo in F.1. Ma le cose non sono andate coi tempi sperati. Infatti, il programma F.1 costa molto di più rispetto al prototipo. Mercedes, che pure sta vincendo, spende 300-400 milioni di euro fra ricerca e sviluppo. Che fai, tagli 120 e poi ne spendi 300? In questo momento se lo stan chiedendo tutti.
Ma a dare la mazzata ci ha pensato anche il board della F.1, con un regolamento 2017 che ancora non nasce. Come fai a progettare, produrre e provare un motore se non sai cosa succederà fra due anni? Quindi prima la mancanza di stabilità e chiarezza regolamentare, poi il bubbone diesel rischiano di affossare lo sport nel gruppo.
Passare al contrattacco?
E non possono stare tranquilli nemmeno nei rally. La VW ha vinto gli ultimi due campionati, e anche qui si spendono soldi a valanga. Pensate che una stagione al vertice si aggira sui 3 milioni di euro a macchina. Tagliare anche qui costa poco, anche se la Polo è vettura da proporre ai giovani e quindi avrebbe un senso.
Uno sbarco in F.1 distoglierebbe l’attenzione generale, farebbe pensare a un gruppo forte che non teme ricadute e che ha della tecnologia da proporre e accetta la sfida
E di Seat, che con Leon e Ibiza ha un bel parco partenti e una immagine dinamica e sportiva molto forte nei giovani? Ma stiam parlando di soldi. Se VW non dovesse farcela coi richiami, il rischio di tagli, seppure simbolici, è dietro l’angolo. Anche se si tratta di qualche centinaia di milioni di euro a fronte di miliardi, come fare a giustificare esborsi per programmi non definiti? Anche l’acquisto della Red Bull pare essersi bloccato e con la riduzione del programma sport Le Mans, un po’ di tempi di ripensamenti sono da aspettarsi. Però in una situazione del genere, i vertici sanno anche che niente come lo sport, l’accanimento popolare e la tensione possono far dimenticare in fretta gli errori del management.
Uno sbarco in F.1 distoglierebbe l’attenzione generale, farebbe pensare a un gruppo forte che non teme ricadute e che ha della tecnologia da proporre e accetta la sfida. Ecco, al posto del presidentissimo del gruppo, invece che stare sulla difensiva cercando di capire come risolvere col minimo intoppo il problema, sarebbe anche il caso di pensare a una politica aggressiva di investimento nello sport, come dire non temiamo di perdere la faccia. Riuscirà Stefano Domenicali a farlo capire o anche lui sarà una vittima eccellente di un motore diesel nato male?