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Lo scenario aperto dallo scandalo dei Diesel Volkswagen che inizia a investire anche altri costruttori, soprattutto FCA e Renault in queste ore nell'occhio del ciclone, fa emergere ancora di più le profonde lacune della normativa europea, ma anche di quella italiana, sul tema delle emissioni.
A partire dalle sanzioni per quelle Case che dovessero rendersi colpevoli in Europa di “barare” sulle sostanze inquinanti prodotte dalle loro auto. Se per esempio le multe negli USA sono salatissime e per questo temutissime dai costruttori (per FCA si parla di oltre 44.000 dollari a veicolo, per Volkswagen la stima era di 37.500 dollari), non è affatto così nel Vecchio Continente, dove i rischi per un costruttore reo di vendere auto con motore “farlocco” sono molto minori.
Non esiste infatti un meccanismo sanzionatorio comunitario, per cui la legislazione di riferimento è quella dei singoli stati membri. Esiste solo un regolamento europeo (il 715/2007) che stabilisce che le sanzioni per questo genere di pratiche scorrette debbano essere «efficaci, proporzionate e dissuasive». Il problema è che queste sanzioni sono irrisorie.
In Italia, secondo quanto ribadito giovedì scorso dal Ministro dei Trasporti Delrio nella sua audizione alla commissioni di inchiesta Emis che indaga sulle emissioni inquinanti delle vetture commercializzate nell'Unione, secondo il Codice della Strada è prevista «una sanzione amministrativa da 80 a 318 Euro per veicolo che circoli con dispositivi non conformi al tipo omologato (art 72.13) ed una sanzione da 841 a 3.366 Euro nel caso in cui un veicolo non sia conforme al tipo omologato (art 77. comma 3)».
Alla prima è soggetto il proprietario del veicolo, che però nel caso di omologazione ottenuta dal costruttore attraverso un escamotage non consentito, difficilmente potrà essere ritenuto responsabile ed anzi sarà parte danneggiata.
Più calzante nel caso dei Diesel omologati in maniera “furbesca” è la sanzione prevista all'articolo 77, che può colpire secondo il CdS «Chiunque produce o mette in commercio un veicolo non conforme al tipo omologato», dunque direttamente il costruttore o importatore, che appunto rischierebbe di pagare una multa che va complessivamente da appena 841 a 3.366 Euro. Insomma, bruscolini.
A meno che, va detto, la manipolazione delle emissioni non costituisca un reato, caso nel quale si applicherebbe quanto previsto dal Codice penale. In ogni caso il Ministero dei Trasporti «ha facoltà di sospendere l'efficacia della omologazione dei veicoli e dei dispositivi o di revocare l'omologazione stessa qualora dai suddetti accertamenti di controllo risulti il mancato rispetto della conformità al tipo omologato».
Ma l'Italia non è il solo paese dell'UE sinora molto clemente verso i costruttori che barano: ad esempio la Germania, il paese che ha accusato FCA e l'Italia di non essere in regola, non ha ad oggi una multa pensata ad hoc per i veicoli non conformi. Pare che, secondo uno studio della Commissione Europea degli scorsi mesi, per il codice penale tedesco, Volkswagen avrebbe potuto rischiare per la vicenda dei Diesel complessivamente una multa di appena 5.000 Euro.
In ogni caso una multa dell'Italia alla Fiat, per quanto irrisoria, appare molto improbabile perché per il Ministero dei Trasporti italiano le auto di FCA sono regolari. In particolare quella Fiat 500X 2.0 Multijet che invece secondo il Ministro dei Trasporti Tedesco Alexander Dobrindt avrebbe emissioni di NOx fuorilegge.
«Ai sensi dell’art. 30.3 della direttiva 2007/46/CE (direttiva quadro sulla omologazione dei veicoli) la DG Motorizzazione ha effettuato le necessarie verifiche ed inviato una dettagliata relazione alle autorità tedesche dalla quale si evince che il veicolo in argomento è conforme alla normativa vigente. In particolare, sul veicolo in argomento (la Fiat 500X 2.0 Multijet, ndr) - ed a differenza di quanto accertato sui veicoli del gruppo VW - non è stato riscontrato alcun “defeat device” non ammesso dalla vigente normativa. Infatti, sulla base della norma vigente si è in presenza di un “defeat device” vietato quando si registra un comportamento nettamente diverso del veicolo in termini emissivi tra la prova al banco e quella su strada, a parità di condizioni al contorno, come si registrato nel caso VW ma non nei veicoli del gruppo FCA provati», ha chiarito Delrio alla commissione Emis.