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Citando Karl Marx, “Un fantasma si aggira per l’Europa…” e fa paura a tutti. Non è il comunismo, bensì la messa al bando dei motori endotermici. Un accavallarsi di notizie, fughe in avanti e precipitose retromarce, diktat inderogabili e dubbi ancora largamente irrisolti. Le scadenze - che hanno il sapore di condanne all’ergastolo - sono abbastanza lontane da non preoccupare troppo i consumatori (il divieto usare le auto già in circolazione è da escludere) ma la filiera produttiva che deve fare programmi di lunga e lunghissima scadenza sta già fibrillando.
L’ultima news, in ordine di tempo, sembra il pensiero scaturito di una mente schizoide: l’Italia dichiara che non produrrà più endotermiche dal 2035 attraverso il Comitato per la Transizione Ecologica (con a capo i ministri Cingolani, Giorgetti e Giovannini). Una vera giravolta, soprattutto se si pensa che gli stessi protagonisti sembravano di parere opposto avendo sostanzialmente rigettato una ventina di giorni fa il pacchetto di proposte europee “Fit for 55” della Commissione che invita gli stati membri a perseguire una riduzione della CO2 del 55% entro il 2030.
Cosa succede in pratica? Nulla. A parte gli annunci eclatanti, c’è ancora un lunghissimo e complesso lavorio che mira a riconciliare le linee guida della Commissione dopo il Cop26, per altro già fortemente criticate da costruttori del calibro di Toyota, che martedì prossimo ha annunciato clamorose dichiarazioni ufficiali di Akio Toyoda in persona, che si era già tolto qualche sassolino dalla scarpa giusto un anno fa). E se Toyoda dice qualcosa, potete star certi che l’intera industria giapponese lo seguirà. E forse anche gli americani.
Il panorama europeo è ancora in via di definizione e gli unici che, per il momento, si sono impegnati ad una scadenza reale, per di più ravvicinata, sono i norvegesi che dichiarano l’esistenza di un accordo fra i partiti di maggioranza per fissare al 2025 il divieto di vendere termiche. Nulla di più facile per un Paese che ha investito enormi risorse economiche pubbliche (derivate dall’essere il Paese europeo che esporta più gas e petrolio dal Mare del Nord) nell’elettrificazione del parco auto e delle reti di ricarica.
In Italia le cose stanno un po’ peggio, e in questo bisogna dare atto ai ministri competenti di voler agire su due fronti: “proteggere” le eccellenze motoristiche italiane e proseguire con gl’incentivi allo sviluppo della ricarica e allo svecchiamento del parco auto, unica ragione vera per cui il mercato delle elettriche e delle plug-in è salito del 28% in un anno. Dove reperire i soldi per il 2022, però, è ancora da decidere.