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Bishop Rock, Isole Scilly. È il 9 Agosto 1992. Sono le 06:14,50 secondi e il personale del faro non è ancora completamente operativo nonostante la leggera foschia, peraltro abituale, che si solleva pian piano sull’Oceano. Una “barca” si staglia velocissima all’orizzonte, al centro della cornice di spuma e di onde che solleva.
Un messaggio radio irrompe nella sala operativa: “Buongiorno, sono Cesare Fiorio, vi parlo dalla Nave Destriero. Veniamo da New York e vorremmo che, per favore, registraste con precisione il momento del nostro passaggio!”
La linea di traguardo nelle vicinanze del faro è la mèta del progetto, e quando la “nave” passa tra i riferimenti, si scatena un inferno di entusiasmo che vola istantaneamente nell’etere per essere amplificato e fissato sulle prime pagine dei media di tutto il mondo. La Barca è Destriero, la Nave dello Yacth Club Costa Smeralda che ha appena battuto il record di tempo sulla traversata dell’Atlantico.
Destriero ha percorso 3106 miglia nel tempo record di 48 ore 34 minuti e 50 secondi, fissando una media di percorrenza di 98.300 km/h, ma ha raggiunto punte di velocità intorno ai 125 km/h. Il record entra nella storia e resterà nella leggenda.
Destriero andò in acqua per la prima volta a Muggiano, La Spezia, dove fu realizzato da Fincantieri su progetto dello studio navale Donald L. Blount and Associated. Le linee aerodinamiche della coperta furono invece affidate a Pininfarina. Si tratta di un monoscafo a V profondo lungo 67,7 metri, largo 13 e con un dislocamento di 400 tonnellate. Il record fu reso possibile dalla spinta di tre Turbine a gas General Electric LM1600 da 51.675 cavalli (38.535 kW) e tre idrogetti KaMeWa. Il progetto, promosso al Principe Karim Aga Khan e riferito allo Yachting Club Costa Smeralda, godeva del supporto della Fiat di Gianni Agnelli e dell’IRI di Franco Nobili.
L’Equipaggio del Record era composto da: Cesare Fiorio, il mitico “Direttore” delle missioni mondiali di Lancia nei Rally e Ferrari in Formula 1, in quel caso responsabile e organizzatore, Odoardo Mancini comandante in prima, Aldo Benedetti comandante in seconda, Sergio Simeone primo ufficiale, Franco De Mei operatore di telecomunicazioni, Giuseppe Carbonaro direttore di macchina, Mario Gando e Nello Andreoli capomacchinisti, Massimo Robino elettricista, Silvano Federici, Cesare Quondamatteo e Carlo Chiara motoristi e i tecnici Davide Maccario, Giacomo Petriccione, Giuseppe Valenti e Michael Hurrle.
Cesare Fiorio. “Partimmo da Porto Cervo con meta New York, dove fu effettuata l’ultima messa a punto in attesa della “finestra” meteo favorevole. Venne il giorno della partenza, sino a quel momento si era scherzato ma quando passammo davanti alla Statua della Libertà e sotto il ponte di Verazzano, lo ricordo benissimo, sul ponte di comando calò il silenzio. Eravamo tutti concentrati sulle ore che ci attendevano. Tanto concentrati che anche i turni di “lavoro” saltarono, nessuno osò parlare di riposo, tutti eravamo “sul pezzo”. E Destriero andava, andava già da subito rispettando una media ben oltre le più ottimistiche previsioni. Nella notte precedente l’arrivo in terra britannica la tensione era palpabile nel silenzio e nel buio. Ad un tratto diedi l’ordine al capo dei motoristi: ”Massima potenza!” La risposta fu immediata: “Ma è un rischio, potremmo rompere…” Non diedi agli obiettori neppure il tempo di continuare: ”Se record dev’essere, che sia imbattibile, solo così Destriero entrerà nella storia!”. Dagli 80 km/h passammo ai 125!”
Il record di Destriero, come tutte le grandi imprese, fu attraversato da controversie e obiezioni, il nastro Azzurro, il concetto di Nave commerciale trasferito su una barca da record, la modalità di sola andata (o meglio di ritorno). Tuttavia a consacrare quella che, ancora oggi è un’impresa straordinaria, fu il dato essenziale di tempo e velocità, che fa tuttora della Barca il mezzo più veloce sulla “tratta”, e l’entusiasmo plebiscitario, che fa vibrare ancora oggi al solo pensiero o ricordo, con cui fu accolto il successo. È un record destinato a rimanere per l’eternità, e una storia destinata alla leggenda da subito. Erano altri tempi, altro coraggio, altro modo di trasformare sogni in realtà. Chi si prenderebbe la briga, oggi, di proporre un record di potenza e velocità basato su energie che si vanno pian piano, ma inesorabilmente condannando? Come altre “armi” sportive estreme, poi, la “spada” Destriero ha avuto un seguito di indifferenza e abbandono. Oggi, come alcune Azzurra a Olbia o New Zealand 20 a Auckland, Destriero è adagiato su una banchina di un porto fluviale non lontano da Brema, e aspetta che qualcuno lo riporti al centro dell’attenzione. Chissà che questo anniversario non risvegli la considerazione di un riferimento tecnologico e sportivo di così forte impatto italiano!
© Immagini Destriero.