Dazi USA sui metalli, Sarà guerra? Trump firma mettendo in subbuglio anche l’automotive

Dazi USA sui metalli, Sarà guerra? Trump firma mettendo in subbuglio anche l’automotive
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Navigando tra le critiche, il presidente americano prosegue con nuove misure ultra protezioniste, salvando solo alcuni Stati virtuosi e amici degli USA dalle nuove pesanti imposte per importazione acciaio e alluminio. Prevista leadership americana anche nel petrolio
9 marzo 2018

Punti chiave

E alla fine, tanto tuonò che piovve. Come vi avevamo anticipato sulle pagine di Automoto.it la scorsa settimana, si parla di pesanti dazi americani, del 25% per l’acciaio e 10% per l’alluminio. È sempre lui, il presidente Trump, a movimentare tanto la politica interna quanto quella internazionale, fino a coinvolgere noi commentatori del mondo auto, anche in Italia, già. Premesso che la forte restrizione diviene realtà in men che non si dica, negli States (contrariamente ad altre simili ipotesi sempre ventilate ma non attuate o alla lunga solo mediate, in Europa, ndr) non è ancora ben chiaro quali Paesi “vicini e amici” o molto coinvolti nell’industria pesante degli USA, inclusa quella militare utile alla sicurezza, cui Donald tiene tanto, possano scampare dalle imposte vedendosi esentati o quasi.

Cifre a due zeri nell’aliquota, da applicare a volumi tali da spostare non poco equilibri di colossi industriali che producano e usino acciaio o alluminio, proprio come chi operi nel settore automotive. E se si spostano certi equilibri, cambiano i costi di produzione degli stabilimenti ma anche i flussi di denaro per gli altri Stati, nei quali hanno domicilio fiscale gli stessi: una catena di valore che può arrivare a incidere, alla lunga, persino sui consumatori. Non a caso si erano subito levate voci di critica per Trump che, avvezzo ai forti contrasti persino in casa propria (magari anche letteralmente, pensando a quella Bianca) se ne passa indisturbato davanti a chi gli si scagli addosso accuse di squilibrare l’industria interna ed europea, magari tedesca nello specifico. Protezionismo esagerato, quello di Trump, tanto da leggere e sentire ovunque più critiche che apprezzamenti, ma la linea la detta chi governa e assisteremo quindi a breve alla prime azioni e conseguenti reazioni, a quanto pare ancora tutte da decidere, per chi si troverà svantaggiato. Operatività dichiarata a breve e se a non essere toccati dai nuovi dazi potrebbero essere Canada e Messico, o altri Paesi che vorranno in qualche modo “negoziare” secondo l’utilità per gli USA di certi beni, la Cina di certo pagherà molto queste misure. Misure volte nell’intenzione pura a tutelare occupazione e produzione a stelle e strisce, ma capaci di mettere in crisi le vendite di alcuni costruttori auto, per aumento costi materia prima (anche se dalla GM e altre Case americane sono arrivati messaggi rassicuranti, per ora) e spostare persino la politica economica, leggasi tasso di interesse, delle banche nazionali.

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Petrolio

E se in quanto a “ferro” gli americani che seguono il loro presidente vogliono prima usare, forse giustamente, tutti il proprio in primis e poi semmai prendere quello che gli altri, almeno secondo loro, svendono danneggiandoli, anche in quanto a derivati del petrolio (es. carburanti per motori) dalla Casa bianca arrivano messaggi chiari: gli USA saranno il maggior produttore nel mondo al massimo nel 2023, se non prima, sfiorando il 60% e mettendo dietro subito la Russia, in quanto a produzione assoluta, poi anche il mondo arabo... Come per dire che anche su quel fronte, certo molto più difficile da osar toccare con norme interne drastiche, visti i poteri e gli interessi fortissimi legati al prezzo del greggio, l’America è comunque in grado di avere, o dichiarare di avere (anche per il petrolio le critiche alla crescita non mancano) già da sé quanto le serva e anche più. I valori registrati di recente, per il petrolio americano, sono stati infatti capaci di suparare quote produttive che non si vedevano da inizio anni Settanta.

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