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L'automotive europeo è con il fiato sospeso, in attesa di conoscere una parte importante delle sue sorti, nel giorno della scadenza del termine per la decisione dell'amministrazione Usa relativa ai dazi su auto e componentistica del Vecchio Continente.
Ci si aspettava che Trump avesse anticipato qualcosa nel suo discorso di oggi davanti a una platea di rappresentanti del mondo dell'economia, della finanza e dell'industria riunita nell'Economic Club di New York.
E invece niente: nell'ora del suo monologo autoelogiativo, The Donald ha elencato l'elencabile in tema di successi della sua gestione e di quanto l'America tutta sia in una fase memorabile di boom economico. Ma di dazi neppure l'ombra.
La soluzione più probabile - come anche lo stesso presidente uscente della commissione europea Jean-Claude Juncker aveva lasciato intendere - resta, tuttavia, quella di un rinvio. Inizialmente di sei mesi. E poi chissà. Senza, peraltro, escludere, l'inversione a U.
Era stato proprio lui, il presidente Usa, a lanciare il guanto di sfida “Troppe Mercedes e Bmw sfilano sulla Fifth Avenue”, ebbe a dire The Donald, promettendo a entrambe tempi duri per l'industria europea (e asiatica) dell'auto, in un momento per lei non certo brillante, nel quale le limitazioni al libero scambio avrebbero potuto dare il colpo di grazia.
Stiamo parlando di un contesto in cui il deficit commerciale Usa-Ue nel 2018 è stato di 169 miliardi di dollari, dove il business dell’auto vale il 4% del Pil europeo, pari a 766 miliardi di dollari, e 12,6 milioni di posti di lavoro. Gli scambi totali di automotive tra Usa-Ue sono pari a 48,5 miliardi di dollari.
Proclamata la guerra, ha poi fatto seguito una fase di stallo e l'arrivo di qualche segnale di distensione, non ultimo, quello emerso nel corso dell'incontro con Mattarella di qualche settimana fa. Poi ribadito anche - nella stessa occasione - dal consigliere economico del Governo Usa Lawrence Ludlow: “Il mio presidente ieri ha detto a Mattarella che gli Usa non vogliono imporre tariffe sulle auto europee, distruggerebbero in particolare l'economia tedesca ma danneggerebbero anche quella italiana. Ho preso nota perché è la prima volta che l'ho sentito dire con chiarezza. Sono stato contento che l'abbia detto”.
Volontà vera? O strategia di comunicazione? Fatto sta che, nei giorni successivi, il tycoon ha preso a farsi un po' più da parte, delegando ogni dichiarazione pubblica sul tema al suo segretario al Commercio, Wilbur Ross il quale, fin da subito, ha in parte smentito il suo capo, lasciando intendere che forse la presa di posizione della Casa Bianca era stata un po' troppo impulsiva.
Ieri la (parziale) conferma sulle pagine del Financial Times, secondo cui l'amministrazione Trump starebbe seriamente pensando di rimuovere gli aggravi tariffari sui beni cinesi per un ammontare complessivo di ben 112 miliardi di dollari.
(Questo articolo è stato pubblicato il 5 novembre 2019 e aggiornato il 13 novembre 2019)