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“Per me è un onore correre per un marchio importante nel mondo dell’automobilismo come Lamborghini, e aver aiutato nello sviluppo del progetto LMDh. Abbiamo iniziato da zero, ma abbiamo già fatto grandi progressi e stiamo continuando con il programma di sviluppo per arrivare al meglio all’appuntamento con il WEC”. C’è una nuova sfida all’orizzonte per Daniil Kvyat, e si chiama classe Hypercar. Nel 2024 Kvyat sarà al volante della Lamborghini SC63, la LMDh che la casa di Sant’Agata Bolognese schiererà alla 24 Ore di Le Mans e nel resto delle tappe del calendario del mondiale Endurance.
Quando lo incontriamo alle Finali Mondiali di Lamborghini a Vallelunga, dove è esposta anche la sua compagna di avventure, Daniil riavvolge il nastro fino al primo test con la LMDh di Lamborghini, e alle sue prime sensazioni al volante. “È stato bello – ricorda - ma all’inizio la vettura è un po’ ‘cruda’. Ho avuto molto da dire su cosa migliorare al principio, ma poi io e il team di ingegneri abbiamo fatto tanti passi in avanti, e la macchina sta andando sempre meglio”.
“I primi test con una macchina nuova – riflette - sono sempre un po’ tesi, perché all’inizio le cose possono non andare benissimo. I primi collaudi sono andati come da programma, ma comunque qualche complicazione c'è sempre. Nelle ultime prove, però, è andata sempre meglio. Abbiamo macinato chilometri e la macchina è progredita. La mia esperienza aiuta indubbiamente a correlare i dati, a mettere a posto le cose più in fretta e a consigliare come procedere”, spiega riferendosi al lavoro di sviluppo al simulatore, che in passato ha condotto anche per la Ferrari in F1.
I test con la Lamborghini SC63, però, sono solo il primo passo di un’avventura complessa. “Le gare di durata sono abbastanza differenti dal tipo di gare che facevo prima, ovviamente, pur con alcune similitudini. È complesso gestire la gara, le gomme. E hai altri compagni di squadra con cui devi condividere i settaggi della macchina, trovando una via di mezzo per tutti. È stato interessante scoprirlo quest’anno, per essere pronti al 100% per il 2024”.
Ma quanto è difficile trovarsi a metà strada con i propri co-équipier? “Non è così complesso – ci spiega - ma serve che ci sia una comunicazione efficace tra piloti e ingegneri. Io spingo molto perché ci sia trasparenza, e che non ci siano sorprese”. “È importante che ci sia lavoro di gruppo, e che ognuno faccia bene la sua parte. I piloti devono saper comunicare in maniera efficace con gli ingegneri, specificando le loro preferenze”, aggiunge.
Sicuramente in questa nuova avventura Kvyat può contare sul suo ricco CV, a cominciare dalle sue sette stagioni in Formula 1, nell’orbita della Red Bull. “La mia esperienza in F1 mi aiuta tantissimo - riconosce - perché la macchina per certi versi è simile. È ibrida come la F1, con sistemi che, pur non essendo così avanzati, hanno dei punti in comune, così come l’impianto frenante. Sono cose che ho già visto e che posso continuare a migliorare”. Tornerebbe in F1 se ne avesse l’occasione? “Sì, ma in una squadra top”, risponde con un sorriso sornione.
Daniil Vyacheslavovich Kvyat, da Ufa, in Russia, tradisce la sua provenienza da un vaghissimo accento quando parla nella nostra lingua. Ma nutre un grande senso di appartenenza al nostro paese. “Io mi considero cresciuto in Italia sia come persona che come atleta. Da quando ho 10 anni vivo in Italia e ci passo molto tempo. Professionalmente mi sono formato in Italia come pilota, e questo mi aiuta molto in questa nuova avventura con una squadra italiana. C’è molta confidenza tra di noi”. In cosa si sente più italiano? “A me piace essere socievole con la gente, mettere un po’ di passione nel mio lavoro. Non troppa, ma il giusto: è la cosa che ho imparato dall’Italia che porto con me”.
Sarà anche questo bagaglio culturale ad accompagnare Danill, il russo d’Italia, in questa nuova avventura. Ma qual è un obiettivo realistico per il primo anno di Lamborghini nella classe regina del mondiale Endurance? “Visto che sarà il nostro primo anno nel WEC, credo che non dobbiamo porci obiettivi specifici. È più importante avere buone sensazioni con la macchina, lavorare bene con il Balance of Performance e capire il nostro vero valore in campo. Penso che mettendo insieme i pezzi del puzzle faremo bene. I risultati verranno di conseguenza”.