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Asuncion, Paraguay, 31 Dicembre 2016
Il 30 sono andato al “parco” della Dakar, tra la Città e l’Aeroporto nella geografica sede del Conmebol, Confederacion Sudamericana de Futbol, ovvero la massima autorità del calcio sudamericano. Detto tutto. Visita anche al paddock, il “bivacco” nella poco distante Base Aerea di Nu Guazu dove si svolgono le verifiche tecniche, e uno sguardo al palco di partenza al “villaggio Dakar” allestito alla Costanera. Tutto a posto, c’è tutto e tutto è localizzato. Faccio un giro rapido di verifiche, giusto la raccolta dei documenti preliminari, anche di Mr. Franco, e me ne torno in centro. Altro giro per la Città, lunga sosta sul lungo fiume alla Costanera, spremute di frutta a volontà, curiosità attorno al mio test della stazione satellitare Inmarsat di Intermatica. Per i telefoni Iridium non ce n’è bisogno, funzionano ovunque appena accesi. Già che ci sono acquisto una SIM telefonica paraguaiana di Tigo, facile, efficiente e economica e senza un miliardo di opzioni “da scoprire”. Prima, pranzo occidentale al Kentucky Fried Chicken di un centro commerciale, poi cena sudamericana al consigliatissimo Un Toro y Siete Vacas. Alla fine della cena non propriamente francescana l’oste mi propone di rinominare il locale: Un Toro y SEIS vacas!
Il 31 mattina faccio l’ennesima prova bagaglio e controllo la 3008 dalla freccia sinistra anteriore a quella posteriore destra, e quindi mi avvio verso l’aeroporto internazionale di Asuncion, il Silvio Pettirossi di Luque, poco più a Nord, oltre il Conmebol. Arriva Mr. Franco.
Puntuale, saluti, bagaglio, caffè. Al tavolino dell’aeroporto ci scambiamo rapidamente le ultime news, aggiornamenti e revisioni dei piani. Siamo pronti. Operativi.
"Già che ci siamo, c’è da ritirare un po’ di soldi al bancomat. Niente, non va. Ritentiamo. Nulla. Riproveremo in un altro bancomat, ancora niente, e in un altro in città, nisba. Quando arriviamo alla conclusione che la carta è kaput arriva una signora, si scusa, ci toglie la carta di mano e la inserisce nella fessura. Solo dall’altra parte, quella giusta. Naturalmente funziona."
Esaltati dalla prova di affidabilità e prontezza di riflessi dell’Equipaggio, decidiamo di approfittare dell’onda e di fare subito le verifiche tecniche e amministrative. Voliamo la burocrazia, ma vola anche il pomeriggio tra saluti, abbracci, incontri ed entusiasmo, programmi e piani di battaglia. Quasi ora di cena. Già, è Capodanno! Niente party, nessuna cerimonia ufficiale, lasciamo il Presidente Horacio Cartes alle grazie di Marc Coma e di ASO. Vogliamo tranquillità e semplicità. Tardi, tutto chiuso, ma Mr. Franco riesce a procrastinare la chiusura dell’ultimo esercizio del quartiere, quasi infilando un piede tra battente e porta, e a velocità di rapina svuota gli scaffali di un piccolo market, vini e birre, sacchi di ghiaccio e ghiacciaia, formaggi e qualche snack sfizioso. Siamo invitati in hotel da un gruppo di ragazzi argentini che hanno lavorato alle verifiche della Dakar. Il nostro privato cenone di Capodanno è “tradizionale”, un quarto di bue dalla pampa direttamente alla griglia. Sereno e gli auguri a casa, dove è il nuovo anno da quattro ore. Non si fa tardi. Ormai ci siamo.
L’1 siamo ancora in giro per Dakariani ma ormai abbiamo costantemente mappe e carte stradali in mano. Dopo il podio simbolico di Asuncion, il 2 inizia il Rally e la Dakar ci deve trovare sempre all’arrivo di tappa. È la legge dell’efficienza anche se dovremo talvolta fare il doppio dei chilometri.
Il problema sono i pass. Ne abbiamo in abbondanza per tutto, ma come al solito ASO concede alla TV la parte del leone e il privilegio esclusivo di occupare i punti chiave. Il resto è popolino, inutile e fastidioso. Partiamo per tempo, l’arrivo è vicino ad Asuncion, troviamo un punto all’ombra subito dopo il finish e prima del “corridoio TV”. Ci resta il tempo di andare a cercare un po’ di colazione e di scoprire che di primo mattino in Paraguay si possono degustare delle ottime, enormi, succulente “milanesa”. Vero, la carne paraguaiana è davvero squisita. Mr. Franco si stupisce un poco per la mia voracità, ma poco dopo, sulla strada al primo distributore, farà il pieno di dolciumi, vuoto assoluto di tutti Chupa-Chups, una vera e propria passione. “Per i Bambini!”. È vero, Mr. Franco dimostra una grande passione per il genere umano, con una particolare predilezione per i più piccoli e ancora innocenti, ma è vero anche che di fronte a un “chupito” Mr. Franco diventa il più piccolo, e goloso di tutti. Perfetto, siamo complementari, non litigheremo mai per un piatto di carne, e neanche per una gelatina o un fondente, a lui piace il buon vino e se ne intende, io non ci capisco niente. Davanti a noi un intero continente di gioie del palato da conquistare e spartire!
"Mr. Franco dice che se vuoi sapere da un Pilota come è andata la giornata di gara, non importa fargli domande alle quali raramente ha voglia di rispondere. Basta guardarlo per dieci secondi quando si toglie il casco."
Le domande, sempre le stesse, le lascio fare agli altri e osservo. Il primo esercizio di “analisi” della Dakar 2017 è un “esame” singolare. Pedrero ha vinto la corta Speciale delle Moto, 39 chilometri tutti a Nord di Asuncion, ma il suo sguardo evidenzia stupore, segno che non ha “tirato” e che il risultato dipende non da lui ma da altri fattori. La spiegazione arriva poco dopo, ed è nel viso di Barreda segnato da una strana paura. C’è un buon motivo. Lo spagnolo favorito numero 1 ha buttato due minuti di vantaggio in un guado e, tutto sommato, gli è andata bene. Il compassato e solitamente felice Al Attiyah è stranito: ha vinto la prima tappa delle Auto ma appena tagliato il traguardo si getta nel cofano per spegnere un principio d’incendio. Brutto segno. Nessuna di queste dinamiche emotive è presente nelle classifiche, che registrano i dati ma non le storie.