Dakar 2014, tappa 12. Cardiopalmo! Vincono Despres e Peterhansel. Barreda è KO

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Un inizio in sordina, poi esplode la vera Dakar. Despres vince per la terza volta, Joan Barreda lascia sulla pista le sue ambizioni. Peterhansel vince e torna in testa! Sprint finale | <i>P. Batini</i>
17 gennaio 2014

La Serena, 17 Gennaio - Ultima escursione nel deserto di Atacama e ingresso nella 4a regione di Coquimbo con arrivo a La Serena che, dopo Santiago, è la più antica città del Cile. La 12ma Speciale parte direttamente dal bivacco di El Salvador e si conclude 350 chilometri più avanti, a Copiapò. Dopo la PS, altri 350 chilometri di trasferimento. Lunga poco più di metà di quella precedente, non è comunque una Speciale da sottovalutare, per il semplice fatto che torna e insiste nello stesso teatro del finale della tappa precedente: le dune di Copiapò. Ancora una volta, quindi, navigazione e sabbia a perdita d’occhio, con un cordone finale di dune come ciliegina sulla torta.

Moto: vince Despres

Era cominciata con un piccolo aggiustamento della tappa precedente. Al bivacco di El Salvador Marc Coma aveva cambiato il motore alla sua KTM, una misura precauzionale presa contando sul largo margine di vantaggio che lo spagnolo deteneva sull’immediato inseguitore, Joan Barreda, che passava da 52 a 37 minuti. Per la stessa ragione Marc Coma veniva retrocesso al decimo posto della 11ma tappa, conclusa con il miglior tempo, e la vittoria era passata a Cyril Despres. Non risulta che Coma avesse ordini di scuderia che gli imponessero di congelare il risultato (sigh!) come era scandalosamente avvenuto nella gara delle auto, Coma sapeva perfettamente che ci doveva pensare da solo, ad amministrare il suo risultato. Poi eccoci nel vivo.

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Barreda cade e distrugge la sua Honda. Non molla fino alla fine, ma il podio è ormai un miraggio

 

La corsa sembra scorrere liscia, senza fatti imprevisti né clamorosi, come se fosse sazia dei colpi di scena che l’hanno alimentata per quasi due settimane. Coma parte per primo e apre senza forzare, attento come sempre a minimizzare rischi ed errori. La scivolata del giorno precedente, poi risolta senza contraccolpi se non per la… carenatura della sua KTM, è comunque un segnale di attenzione che lo spagnolo ascolta. A metà tappa Cyril Despres raggiunge l’ex compagno di Squadra e assume il comando delle operazioni, dando alla Speciale il suo assetto tattico definitivo. Solo un attimo di paura, nel finale, allorché la coppia di testa torna sui suoi passi per cercare un waypoint.

 

Il tempo perso è trascurabile, e Cyril e Marc riprendono senza essere avvicinati troppo. Lo spauracchio delle dune di Copiapò ha mitigato gli ardori, e il miraggio dell’epilogo fa il resto. Fuori Francisco Lopez, e fuori Jeremias Israel, i cileni incitano Daniel Gouet, che conclude al settimo posto dando spettacolo nel “mar de las dunas” di Copiapò. Ormai si bada più a mantenere il piccolo o grande patrimonio strappato ai 12 giorni di tortura, e il pensiero del traguardo finale è quasi tangibile, anche per quelli che hanno patito per tutta la gara come David Casteu, che corre ormai dai primi giorni con una piccola frattura alla spalla e che entra finalmente nel manipolo dei primi dieci.

Barreda: un disastro, Honda giù dal podio della Dakar

Joan Barreda non è particolarmente attivo, per due terzi della tappa recupera terreno ma con accortezza. Sembra quasi aver finalmente ascoltato quei consigli che lo invitavano ad una maggiore calma e circospezione nell’affrontare la quotidianità di una gara massacrante come la Dakar. Qualcuno l’ha detto, del resto, non è attaccandolo che uno può impensierire un Pilota dell’esperienza di Marc Coma. È più facile, forse, indurlo a un calo di attenzione, e quindi a commettere un errore, dandogli l’impressione che alle spalle non si muove foglia, che non c’è attività di disturbo.

Ironia della sorte, Barreda cade a meno di cento chilometri dall’arrivo.

Barreda procede guidando con una mano e tenendo unito l’avantreno con l’altra. Il cronometro scorre, implacabile

 

La moto è semidistrutta ma il Pilota la rimette insieme in qualche modo. Perde venti minuti, poi riparte. Qualche chilometro, e deve rimettere mano al lavoro fatto, la situazione peggiora. Tra i danni più importanti problemi elettrici e, forse, la rottura della testa della forcella. Barreda procede guidando con una mano e tenendo unito l’avantreno con l’altra. Il cronometro scorre, implacabile. A 20-30 chilometri dall’arrivo lo spagnolo deve fermarsi nuovamente. Tira fuori i denti, ripara ancora. Arranca, è disposto a caricarsi la moto sulle spalle, non si arrende. Taglia il traguardo spingendo la moto, due ore e mezza dopo Despres.

 

La rimonta di Despres: ora è a 4 minuti dal podio

Barreda scende dal podio, ma sale nella stima. Coma è sempre più definitivamente solo in testa al Rally. Drammatico, di conseguenza, anche il confronto per il terzo posto del podio. Pain risale fino al terzo posto, a cinque minuti dal vincitore. Viladoms non si fa sorprendere e concede solo tre minuti all’avversario. Con il ritardo di Barreda, Viladoms sale al secondo posto e Pain al terzo della generale. Adesso Cyril Despres, con la terza vittoria di tappa, si porta a quattro minuti dal podio, che si prepara a giocare al fotofinish. Ignacio Casale vince un’altra tappa dei quad, Polo Ceci è all’arrivo al 16° posto, giusto dietro a Juan-Carlos Salvatierra, come al solito. Forza Luca Viglio, ci siamo quasi!

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Si preannuncia un duello finale stratosferico tra le Mini di Peterhansel e Roma

Auto: Peterhansel infrange gli ordini e vince

Ci apprestavamo a riferire con la maggiore distanza emotiva possibile di questa penultima tappa della Dakar. Che senso aveva accalorarsi per la scena, se dietro le quinte del teatro della Dakar si gioca sporco o poco sportivo? Certo, eravamo in agguato, in attesa che la Dakar delle auto tornasse sui binari della decenza con un fatto in qualche modo rivoluzionario, giusto, in grado di cancellare l’onta dell’ordine di scuderia impartito da Sven Quandt ai suoi Piloti di punta.

 

Il fatto prende corpo e si materializza pian piano, insinuandosi nella routine di una dinamica all’inizio della tappa non particolarmente avvincente. Orlando Terranova apre la pista per quasi tutta la speciale, ma segna il passo giusto a pochi chilometri dall’arrivo. Al-Attiyah stacca i migliori tempi parziali rimanendo in testa per quasi tutta la tappa, ma anche il Principe cede nel finale.

 

La sensazione è che l’ordine del tram manager sia andato a infrangersi sul muro degli Uomini. Che Terranova e Al-Attiyah si siano fatti da parte per lasciare l’intera scena ai protagonisti, loro malgrado, dell’affaire Quandt. L’arrivo in tempo reale nella polvere di Copiapò è al fotofinish. Fa venire la pelle d’oca, e offre l’immagine strabiliante della rivincita dei giusti, quasi biblica se mi è consentito. Joan Roma taglia il traguardo insieme a Stephane Peterhansel, lo spagnolo registrato due secondi prima del francese. Al Attiyah e Terranova aspettano sei, sette minuti prima di comparire, e con loro taglia anche Giniel De Villiers. Non è propriamente il quadro generale profilato dal manager.

La sensazione è che l’ordine del tram manager sia andato a infrangersi sul muro degli Uomini

All'orizzonte un duello finale stratosferico

I risultati parlano un’altra lingua. L’antica lingua dello sport. “Peter” è primo, Al-Attiyah è secondo. “Nani” è terzo a quasi sei minuti. Tre Mini. Non era questo il disegno di Quandt? No! Stephane Peterhansel, con la quarta vittoria in questa edizione, torna al comando del Rally, trenta secondi davanti al compagno di squadra. Non è più una sensazione, alla fine della penultima tappa si profila un duello finale stratosferico. Se lo giocano i due Piloti che hanno dato un senso al thriller di questa Dakar.

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Peterhansel parla con il suo manager, Quandt. Forse il campione in carica sapeva già che non avrebbe rispettato gli ordini

 

Giornata incredibile! Ora manca un solo giorno alla fine. Siamo all’epilogo. L’ultima tappa è, un po’ come la prima, una lunga passerella. Meno di 160 chilometri di Speciale tra due trasferimenti di 120 e 250 chilometri, su piste dure e sinuose, finalmente in mezzo alla vegetazione. Se all’inizio il rischio era più nei Piloti che nella pista, con l’inevitabile emozione che accompagna l’avvio di una corsa per troppo tempo attesa, il finale può riservare, al contrario, un eccessivo rilassamento e il pericolo di una distrazione fatale. Ma non questo finale!

 

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