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Avete mai visto all’inizio di una galleria il cartello “Galleria saltuariamente non illuminata”? Certamente sì, perché negli ultimi tempi si va diffondendo. Sapete cosa significa? Elementare: ogni tanto la luce si spegne. Elementare mica tanto, la galleria non è un albero di Natale, che si accende e si spegne. Se è buia non serve scriverlo, tutti se ne accorgono. Perché avvisarvi, magari lasciandovi anche il dubbio che non ci vediate bene?
Segnali stradali al posto della manutenzione. La sicurezza può attendere
Spiegazione. Innanzitutto non è per darvi una informazione utile, ci vedete benissimo e siete in grado di giudicare se le luci sono accese o spente. Secondo, in quella galleria ci sono infiltrazioni d’acqua e l’impianto elettrico va in tilt di frequente. Anzi, recentemente è stato travolto un ciclista, a causa del buio. Però l’ente che gestisce quella galleria non tira fuori i soldi per la manutenzione, li ha spesi in altro modo, la sicurezza può attendere.
Ma il funzionario responsabile (a piacere, si può aggiungere il prefisso “ir”) deve coprirsi le spalle. La soluzione, tipicamente nostrana, è quella di scrivere, nero su bianco: “si avvisa la spettabile clientela che ogni tanto, senza preavviso, le luci non funzionano”. Così, il fondo schiena è parato.
E il cartello “Caduta Massi” lo avete mai sottoposto ad analisi psicologica? Certo, significa che in quel tratto possono cadere delle pietre. Ma perché lo mettono? Per avvisarti e invitarti a fare cosa? Tornare indietro o passare più velocemente? Guardare davanti o guardare in alto? Quale soluzione ha il pedone o il motociclista di fronte a quel cartello. Nessuna, perché non è stato messo per lui, ma per scaricare le responsabilità del burocrate di turno, consapevole che il versante non è stato protetto adeguatamente.
La legge impone di prendere provvedimenti concreti quando si verificano troppi incidenti dello stesso tipo sulla stessa strada
Purtroppo questo è l’andazzo. Ma non si ferma ai cartelli. Quando su un tratto di strada o di autostrada si verificano più incidenti dello stesso tipo, la legge impone al funzionario che lo gestisce di prendere provvedimenti per evitare che si ripetano. Il che comporterebbe:
- primo, di indagare sulle cause degli incidenti attribuibili alla conformazione della strada, della curva, del tipo di asfalto, delle protezioni laterali;
- secondo, di studiare le soluzioni per prevenire il ripetersi;
- terzo, di essere capaci a farlo;
- quarto, di disporre dei finanziamenti per provvedere.
Prevenire almeno gli incidenti che si ripetono farebbe risparmiare tantissimi soldi e farebbe calare i costi delle assicurazioni
Tuttavia, a parte qualche rara, lodevole eccezione, la soluzione di gran lunga più gettonata è quella di abbassare, con un semplice cartello, il limite di velocità precedente. Così il burocrate risolve il problema, anche se avvilisce la strada e la sua dignità. Sì, perché se contiamo che gli incidenti in Italia costano una quarantina di miliardi fra spese mediche e di carrozzeria, scopriamo che prevenire almeno quelli che si ripetono farebbe risparmiare un sacco di soldi. E anche la RC-auto costerebbe meno.
“Attorno all’Idroscalo di Milano - quattro corsie, due carreggiate separate – molti anni fa, dal limite iniziale di 90 all’ora passarono ai 70 poi ai 50 ed infine ai 40, senza prendere altri provvedimenti. E gli incidenti continuarono comunque.”
Esempio. Attorno all’Idroscalo di Milano - quattro corsie, due carreggiate separate – molti anni fa, dal limite iniziale di 90 all’ora passarono ai 70, senza prendere altri provvedimenti. Poi, siccome gli incidenti non accennavano a diminuire, specie di notte, scesero a 50. E, per qualche anno, addirittura a 40. Chiaramente non rispettati da nessuno perché sembrava assurdo andare a 40 all’ora con due carreggiate, quando attorno al Duomo di Milano si poteva andare più veloci.
Invece che eliminare le cause reali degli incidenti, i burocrati si limitano troppo spesso ad abbassare i limiti di velocità in maniera inverosimile
E gli incidenti continuarono. Ma la vera causa non era la velocità. Era semplicemente - e lo è ancor oggi - la strada troppo stretta per ospitare due corsie. O meglio, quando vennero aggiunti guard-rail per proteggere i platani, la larghezza di ogni corsia risultò ridotta in modo pericoloso (e assolutamente fuori norma), al punto che affiancarsi a un Tir significa rischiare la fiancata alla prima curva.
Oggi vige il limite di 40 nelle rotonde e di 60 nei rettilinei. Esageratamente bassi, specie di notte e quando non c’è traffico. Ridicolamente utopistici quando si va al lavoro, incolonnati a passo d’uomo. Gli unici che rispettano quei limiti assurdi sono gli strumenti di misura dei vigili – alias autovelox - che spietatamente fanno stragi di punti e di soldi.
In Italia la maggior parte delle strade presentano strisce di mezzeria continue. Spesso però sono applicate a sproposito
Altro metodo che il burocrate predilige per “fare qualcosa” consiste nel riempire le strade di strisce di mezzeria continue. Da Milano a Parma, la via Emilia è una striscia ininterrotta, così sulle statali attorno ai laghi, così dappertutto. Anche dove si potrebbe sorpassare senza rischi, anche decretando stupidamente in anticipo la fine del rettilineo, anche a sproposito.
In tal modo, il sorpasso è virtualmente vietato e, al ripetersi degli incidenti, il funzionario può dire: “ma io glielo avevo detto”. Se andate in Norvegia o in Svezia scoprirete che già a metà curva, appena c’è un po’ di visuale, la striscia continua viene affiancata da quella tratteggiata che vi invita a preparare il sorpasso. Nei rettilinei, poi vi consentono di stare a sinistra fino all’ultimo istante. Logico, intelligente, umano. Impariamo, se ne siamo capaci.
I guard-rail di legno. Sono "bio" ma dopo pochi anni si deteriorano, pronti a traffiggere i motociclisti con spuntoni acuminati
L’ultima idiozia, in fatto di mortificazione delle strade, la vedete nella foto a fianco. Mostra i guard-rail che adottano il legno al posto della lamiera di acciaio. Quelli della foto sono stati istallati in provincia di Varese nel 2008. Qualcuno deve aver convinto il pubblico amministratore di turno che il legno, anche se costa di più, è “bio”, ecologico, verde, caldo, politicamente corretto. E lui lo ha adottato, orgoglioso della sua scelta ambientalista. L’acciaio arrugginisce, è brutto, ma dura almeno 30 anni e non si rompe. Al massimo si deforma. Guardate ora come è conciato il legno, dopo meno di 4 anni.
Rovinato, demolito, degradato. Pronto a trafiggere i motociclisti con gli spuntoni acuminati. Chi pagherà il rifacimento del guard-rail: il funzionario o il politico che gli ha suggerito la scelta? Temiamo nessuno, perché tutto rimarrà così per molto tempo.